Tamponi dal Mmg, avvio ad ostacoli.
Servono training per i medici e locali attrezzati
E ora sui tamponi in studio il cerino torna alla parte pubblica, Stato e Regioni: non ci sono standard di sicurezza per i locali e si dovrà prevedere un tempo di formazione per il personale. Gli standard per gli operatori e per il pubblico, ne chiede Fimmg – che ha offerto la disponibilità dei medici di famiglia ma a titolo volontario – con il leader nazionale Silvestro Scotti al Comitato tecnico scientifico della Protezione civile. Gli altri sindacati della medicina generale confermano il loro no alle regioni ma iniziano a proporre alternative e a suggerire spazi ed impegni adeguati. Il direttore scientifico dell’Istituto Spallanzani Giovanni Ippolito che ad agosto alla Festa dell’Amicizia indicò nei medici di famiglia coloro che dovevano prestarsi a eseguire tamponi sui loro assistiti, ora precisa alla Rai (Agorà) di non pensare che i test si possano fare in “studi spesso vecchi, angusti, con una sola via”: servono “spazi idonei altrimenti si introduce il virus”.
Riavvicinamento tra sindacati – Pierluigi Bartoletti segretario Fimmg Roma e numero due dell’esecutivo nazionale ha sottolineato a DoctorNews che le vaccinazioni vanno fatte preferibilmente in esterni, tendoni attrezzati, locali ampi, ad ampio ricambio di volume d’aria, e con personale e medici addestrati. Oggi sempre da Roma arriva una nota congiunta del presidente Snami laziale Giuseppe Di Donna e della segretaria Smi regionale Cristina Patrizi. Chiedono all’assessore Alessio Damato di rettificare il bando per Mmg di adesione volontaria alla effettuazione dei test. Il senso della nota è che, anche se uno studio di medicina generale condominiale si adeguasse a ferrei requisiti, rischierebbe di bloccarsi al primo riscontro Covid-19 positivo. Smi e Snami Lazio propongono di eseguire i test in tensiostrutture e tende con supporto organizzativo di Protezione Civile e Croce Rossa, o in locali poco frequentati di proprietà di Asl, Comune ed altre strutture pubbliche. Sempre da Roma, Giampiero Pirro, responsabile comunicazione Fimmg, dice: «Facciamo chiarezza. Non tutti gli studi potranno candidarsi per il bando dei tamponi (rapidi, antigenici, responso in 20 minuti esattamente come per la partita dei 5 milioni di test ventilati a livello nazionale per l’esecuzione dei mmg ndr) ma solo quelli che aderiscono a precisi standard. Il criterio principe per questi standard è che ben difficilmente sarà lo studio del singolo medico ad ospitare i test, ma ci vorranno luoghi idonei e soprattutto distinti, e – aggiungo- un sistema di prenotazione ad hoc, magari centralizzato».
Il nodo del personale – In queste ore scadono nel Lazio i termini per aderire, fino a tre giorni fa erano giunte un centinaio di adesioni tra unità di cure primarie e singoli medici. «Certo ci sarà bisogno di training, che già si fa in corsi ad hoc allo Spallanzani – dice Pirro – ci sono anche 300 colleghi già addestrati sul campo, i medici delle Uscar». Il leader nazionale Fimmg Scotti ha intanto messo le “zeppe” su altri costi, chiedendo al governo di assicurare i kit protettivi: camici monouso, mascherine, guanti e visiere in dotazione adeguata: l’accordo tra Fnomceo e Commissario per l’emergenza dovrebbe portare solo le mascherine (chirurgiche intorno ai 0,12 euro l’una e FFp2 intorno a 2 euro). Propone inoltre un assistente sanitario per affiancare il medico due ore a settimana, costerebbe 30 euro a presenza, in un anno 1560 euro, totale spesa 100 milioni (per la cronaca, sullo stesso tema il segretario nazionale Fismu Francesco Esposito chiede di convenzionare 10 mila camici precari come medici dei servizi). Ma non è finita qui.
Il nodo dei locali – Restano altri punti da chiarire come i costi eventuali per chi comunque volesse attrezzare i locali (sanificazione, impianto di ventilazione). Nei protocolli che si è data la medicina generale, non sembrano esserci risposte ad hoc; il protocollo Simg attiva rigorosi percorsi per “processare” i pazienti, e quello Fimmg identifica un percorso “pulito” e uno “sporco” separando orari dei medici se in più d’uno usa lo studio. Il protocollo Assimefac insiste sull’aerazione e apre a un “tempo di visita” tra un paziente e l’altro di almeno 30 minuti per aerare e sanificare. Ma non si accenna a modifiche architettoniche o, più di tanto, segnaletiche. Le stesse raccomandazioni ministeriali per i dentisti, ancor più ferree per via delle lavorazioni a rischio droplet, poco dicono al di là di imporre un tempo minimo ampio di riordino (non si entra quando esce l’utente precedente), per ventilare, rimuovere gli strumenti utilizzati, chiudere i rifiuti indifferenziati, disinfettare pareti e finestre sino a un’altezza di 183 cm, pulire ogni settimana i filtri degli impianti di aria condizionata. Serve un preciso intervento normativo su base “tecnica”.
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