Avvocati contagiati, si sancisca il legittimo impedimento
Antonio de Angelis, presidente dell’Associazione giovani avvocati, commenta le misure sulla giustizia previste nel Dl “Ristori”
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«Il paradosso non manca mai. Nel decreto ci sono aspetti positivi, certo, ma alcune lacune lasciano perplessi. Prima fra tutte il legittimo impedimento causa covid dell’avvocato, che abbiamo inutilmente chiesto di estendere anche alla quarantena e all’isolamento fiduciario: non ce n’è traccia. Eppure non crediate che la valanga di aperture al processo da remoto eliminerà tutte le udienze in presenza». Antonio De Angelis, presidente dell’Aiga, l’Associazione giovani avvocati, non liquida per partito preso le misure sulla giustizia previste nel Dl “Ristori”, varato ieri dal Consiglio dei ministri. Apprezza alcuni passaggi, ma trova sorprendente che altri siano stati ignorati.
Domanda. Perché era importante il legittimo impedimento per l’avvocato?
Risposta. Intanto era semplice prevederlo. Mi pare ci sia stata disattenzione. Ancora lunedì sera, nel vertice con via Arenula a cui hanno preso parte tutte le rappresentanze forensi, dal Cnf all’Ocf e alle Unioni di civilisti e penalisti, noi di Aiga in particolare abbiamo ricordato di aver scritto addirittura un mese fa una proposta di decreto sul legittimo impedimento. L’avevamo inviata al ministero: niente da fare.
- Cos’è, il solito pregiudizio verso l’avvocato di cui si presume “l’uso disinvolto del diritto”?
- Non lo so, non ne ho idea, non credo si tratti di un pregiudizio ideologico, semplicemente non se ne sono interessati, il che forse è persino più spiacevole.
- È vero che ci sarà molta giustizia da remoto, ma non riguarderà tutta l’attività.
- No. Basti pensare agli uffici del giudice di pace, dove di assembramenti assurdi se ne vedono ancora: non c’è alcuna disposizione che remotizzi l’attività processuale, non viene neppure introdotto il deposito telematico degli atti, nonostante le cancellerie di quegli uffici siano assolutamente in grado di riceverli. È una parte importante dell’attività giudiziaria che pare proprio ignorata dal provvedimento. E non è la sola.
- Perché, dov’è che coglie altre lacune?
- Rispetto agli uffici Unep, al deposito degli atti relativo alle attività dell’ufficiale giudiziario. Anche in quei particolari ambiti si sono verificati molti casi di contagio, ma non c’è una possibilità di depositare alcunché in modalità telematica. Si dovrà andare a fare la fila in cancelleria.
- Soprattutto nel caso dei giudici di pace, pesa anche l’assenza di un vincolo a scaglionare in modo rigoroso le udienze.
- Verissimo. Una misura indispensabile e pure trascurata. Sarebbe necessaria non solo per gli uffici del giudice di pace. Ci sono cause che continueranno a tenersi in presenza, e sarebbe stato prudente prevedere che i giudici debbano stabilire un rigoroso ordine di chiamata. Qui cadiamo nell’altro aspetto criticabile delle norme esaminate in Consiglio dei ministri: l’ennesimo affidamento ai capi degli uffici giudiziari rispetto alle modalità organizzative. Vuol dire una nuova stagione all’insegna della babele dei protocolli. Gli avvocati che, fatalmente, svolgono attività in più tribunali, dovranno impazzire dietro le diverse sfumature regolative previste da ognuno. È il federalismo giudiziario che abbiamo in tutti modi chiesto di evitare, anche qui senza successo.
- Gli aspetti che considera positivi?
- L’implementazione del processo a trattazione scritta nel civile: è uno strumento che in questi mesi ha offerto buoni riscontri, e noi come Aiga siamo convinti dell’opportunità di proseguire. Giusta, opportuna e utile anche la possibilità di depositare gli atti a mezzo pec in ambito penale: mancava la copertura giuridica necessaria, è stata introdotta. Resta un’incognita sull’effettiva adeguatezza dei mezzi per il lavoro da remoto delle cancellerie.
- A cosa si riferisce?
- Ai pc “protetti” messi a disposizione del personale per il lavoro da casa: pare di capire che siano tremila in tutto, almeno al momento. Potrebbero non bastare, vista la fase in cui ci siamo inoltrati.
- Sul legittimo impedimento Aiga tenterà di ottenere modifiche in fase di conversione?
- Abbiamo proposto di innovare più complessivamente le norme sul legittimo impedimento dell’avvocato già al Senato, nel ddl sulla tutela del professionista in malattia. Ci sono limiti strutturali come la limitazione dell’impedimento al settore penale.
- A proposito, crede che quel ddl possa tutelare davvero anche la professione forense?
- Come ha fatto opportunamente notare in audizione il consigliere Cnf Baldassarre, l’espressione letterale della legge prevede che la grave malattia o il ricovero siano esimenti per il professionista nel rispetto dei termini per atti in favore della Pa: certo, ci saranno avvocati che operano i favore della Pa, solo che la maggior patte di noi opera per il cliente. Pare che in commissione Giustizia siano disponibili a una modifica. Intanto noi cercheremo di seguire il ddl di conversione di quest’ultimo decreto. Ne dipende l’effettività della tutela in giudizio da qui a un po’ di mesi.
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