San Filippo Neri di Roma: Casi tra medici e infermieri
Coronavirus, poco personale, tanti positivi,
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Il dolore per la perdita di Lucianone, come lo chiamavano tutti, ieri mattina era scolpito sul viso rigato dalle lacrime dei suoi colleghi. Medici e paramedici che senza entrare, in silenzio, davanti alla cappella del San Filippo Neri, hanno dato l’ultimo saluto al ” gigante buono”. A Luciano Quaglieri, l’infermiere quarantottenne in forze nel grande ospedale sulla Trionfale, morto dopo aver contratto ii Covid e dopo giorni di agonia in terapia intensiva.
Al funerale, sotto un cielo scuro tra i viali alberati bagnati dalla pioggia, non c’è voglia di parlare. Questo è il momento della commozione. Ma anche il momento del timore e della preoccupazione. Perché al San Filippo Neri sono già tanti i camici bianchi e quelli verdi positivi al Coronavirus. Cifre ufficiali la direzione sanitaria – più volte sollecitata – non ne fornisce. Ma più fonti, a patto di garantirgli l’anonimato, parlano di decine di contagiati, disseminati in gran parte dei reparti. Qualcuno, come il primario di Chirurgia maxillo facciale, Domenico Scopelliti è appena tornato in corsia, postando su Facebook la sua voglia di rimettersi in pista dopo le settimane durissime della febbre alta e dell’isolamento.
Ma la conta di chi ha contratto il virus si aggiorna di continuo, correndo di bocca in bocca tra i diversi edifici dell’ospedale, che ha trasformato nelle ultime settimane la palazzina C e la palazzina D in reparti Covid: “Oggi è risultato positivo un altro primario e un ferrista di camera operatoria”, racconta uno dei sanitari che il test sierologico – in attesa di quello disposto per tutti dalla Asl Roma 1 ( in molti reparti comincerà la prossima settimana) – lo ha eseguito privatamente. Controlli a pieno regime poco lontano, nel centro di Salute mentale di Santa Maria della Pietà. Il responsabile Giuseppe Ducci ( uno dei più commossi testimoni dell’attività di Luciano Quaglieri) confida che nella sua struttura i positivi da inizio pandemia sono stati numerosi, ma che ” tutti siamo stati sottoposti – racconta – tanto ai test sierologici che ai tamponi. Io ad esempio ne ho già fatti quattro”.
A pesare però, oltre al diffondersi del contagio tra gli operatori, c’è la preoccupazione per le dimensioni degli organici: ” Molte ” manifestazioni d’interesse” della Asl per il reclutamento di medici e di infermieri per tutte le specialità sono partite solo nelle ultime settimane di ottobre – racconta un altro medico. Insomma molti vuoti non sono stati colmati e ad esempio ora che anche il blocco operativo è diventato Covid, quasi tutti gli anestesisti sono al lavoro nella terapia intensiva. Col risultato che gli interventi per altre patologie si fanno col contagocce…”.
Ieri, intanto, è stato lanciata una petizione su Change.org per intitolare un’ala del San Filippo proprio all’infermiere ucciso dal virus. A proporre l’iniziativa on line un collega di Lucianone, Shahram Sherkat, dirigente dell’unità Complessa di neurochirurgia dell’ospedale. “Migliaia di lavoratori della sanità pubblica – scrive nell’appello – si prodigano, spesso volontariamente, a curare i pazienti colpiti dal Coronavirus. Spesso operano in condizioni estreme. Troppo di frequente arrivano a sacrificare la propria vita. Luciano rimarrà nel cuore di tutti i suoi colleghi. Era un eroe come e più di tanti loro”. In serata le firme erano schizzate quasi a 5000.
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