Roma, Atac boom di autisti con la sciatica. E l'Inail paga
Lavorare stanca, mettersi al volante di un autobus Atac di più. Affatica, logora, dopo 20 anni può rendere persino invalidi. Già, proprio così.
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Tra i conducenti in pensione e quelli vicino al congedo è scattata una nuova moda: si cerca un avvocato, si bussa alle porte del tribunale del lavoro armati di perizia medica e si portano a testimoniare i colleghi in aula. Poi si attende il verdetto, in gran parte dei casi favorevole. Sedili scomodi (d’altronde alcuni dei mezzi della municipalizzata hanno raggiunto da un pezzo la maggiore età) e sampietrini sono alleati fondamentali davanti ai giudici.
Basta leggere le ultime sentenze ottenute dai più anziani tra i 5.735 autisti dell’azienda di via Prenestina. Il 32% ha più di 50 anni. E, con la schiena a pezzi, almeno un motivo per esultare: ora l’Inail deve pagare chi dimostra di essersi infortunato in servizio. La sentenza che racconta la storia di G.P. è esemplare: nei 26 anni passati in cabina, “è stato esposto costantemente a vibrazioni trasmesse al corpo intero, a movimenti ripetuti di spalla e al mantenimento prolungato di postura incongrua”. Gli va riconosciuta un’invalidità del 18%. E, ovviamente, il relativo indennizzo. Un rimborso in cui Atac ha le sue colpe. A dirlo sono gli autisti piombati in tribunale in veste di teste: “Ci sono delle vetture con sedili non idonei”.
E ancora: “A volta le sedute non sono ben ammortizzate e non funziona la regolazione dell’altezza. Dunque la postura non è sempre comoda. Posso dire che la metà delle volte i sedili hanno qualche anomalia, per esempio ammortizzatori scarichi, che vanno a scatto o che non smettono mai di fare movimenti sussultori”. Il resto lo fanno le consulenze dei medici. Le patologie individuate dai camici bianchi sono sempre le stesse: “Spondiloartrosi del rachide con protrusioni e artrosi di spalla bilaterale”. Insomma, problemi alla schiena «di natura professionale». Guai che si ripercuotono sulla schiena dei conducenti delle tratte centrali, quelle dove l’asfalto lascia spazio ai temibili sampietrini. Simbolo di Roma, dannazione delle sospensioni di auto e scooter, anche il selciato capitolino merita una citazione da parte dei giudici del lavoro. Eccolo spuntare nel ricorso presentato da P. G., in servizio dal 2.000, e accolto dal tribunale: “I mezzi più vecchi – racconta un collega – presentano delle vibrazioni che vengono avvertite dal conducente perché la manutenzione dei sedili non è ottimale. La rigidità si avverte anche sulle strade senza buche e in quelle pavimentate con i sampietrini”.
Il risultato? Per la “discopatia lombosacrale con protrusione di scala mediana a livello L5-S1” all’autista va riconosciuta un’invalidità del 7-8% e garantito un equo risarcimento. In attesa che la vecchia flotta venga completamente rinnovata, paga l’Inail.
© Fornito da La Repubblica
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