Anno: XXV - Numero 219    
Giovedì 28 Novembre 2024 ore 13:00
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L’avvocatura penale chiede chiarezza sui depositi telematici

L’Unione delle Camere Penali è mobilitata affinché la legislazione di emergenza non snaturi definitivamente il processo accusatorio, in difesa delle prerogative degli avvocati e dell’effettività del giudizio di appello.

L’avvocatura penale chiede chiarezza sui depositi telematici

L’Unione è stata chiamata dal Governo al tavolo delle consultazioni quando l’Esecutivo stava predisponendo gli interventi di riforma del procedimento penale per la fase dell’emergenza sanitaria. A quell’appuntamento ci siamo presentati con proposte chiare, quali la necessità di consentire finalmente il deposito degli atti difensivi via pec e di accedere ai fascicoli processuali da remoto per la consultazione e per l’acquisizione di copie.

In quella consultazione abbiamo valorizzato la posizione comune con molte importanti Procure della Repubblica, che con noi hanno condiviso la necessità di salvaguardare le forme del contraddittorio dibattimentale e oralità e immediatezza del momento della discussione nelle cause penali. Con i rappresentanti degli Uffici della pubblica accusa abbiamo messo a punto alcune proposte per il migliore utilizzo dei dispositivi informatici per il deposito e l’accesso agli atti, nonché per il compimento di atti di indagine a distanza che comunque presuppongono il consenso della difesa tecnica.

Le norme varate dal Governo nei due d.l. cosiddetti Ristori e Ristori bis hanno visto per alcune parti l’accoglimento delle proposte avanzate dall’Avvocatura penale, per altre, al solito, gli interventi di tecnica legislativa hanno consentito ai detrattori dei diritti della difesa previsioni contrarie a tali indicazioni e foriere di interpretazioni che oggi consentono di limitare il ricorso alla pec e di rendere farraginoso anche sul piano tecnico il meccanismo di accesso alle piattaforme e ai portali.

Il Governo è poi intervenuto con nuove inaccettabili previsioni di sospensione della prescrizione per l’emergenza, addirittura prefigurando il prolungamento del tempo delle misure cautelari a cagione dei rinvii per pandemia. È stata inoltre introdotta una norma per l’esecuzione penale che estende le ostatività ai cumuli di pena che inglobino reati di cui all’art. 4 bis.

Con l’articolo 23 del d.l. Ristori bis il Governo ha infine inteso ridisegnare il sistema dell’appello, prevedendo la possibilità di remotizzazione della camera di consiglio e l’ordinarietà della forma scritta, quando non intervenga la richiesta di partecipazione.

In questi primi giorni di vigenza dei nuovi decreti dobbiamo registrare la babele dei provvedimenti di capi degli Uffici giudiziari e di singole Autorità giudiziarie. Si tratta in alcuni casi di discipline afferenti il deposito degli atti che hanno accolto lo spirito delle nuove previsioni, in altri di provvedimenti di netta e aperta opposizione: vanno qui richiamati il provvedimento del Tribunale del riesame di Milano, che ha dichiarato inammissibile l’impugnazione inoltrata via pec e la sentenza della Suprema Corte di Cassazione, I Sezione Penale del 3.11.2020, depositata il 19.11.2020. La Corte giunge alla declaratoria di inammissibilità del deposito con posta elettronica certificata dell’atto di gravame richiamando il principio di tassatività delle forme delle impugnazioni che se, a proposito, può essere chiamato in causa per atti precedenti all’intervento normativo di emergenza e al provvedimento del D.G.S.I.A. del 9.11.2020, per il tempo successivo assume invece il significato della contrarietà a che la difesa (e l’accusa) sia messa nelle condizioni di poter ricorrere alla tecnologia per i depositi.

Reazioni livorose contro le ipotesi di riforma sono state assunte dall’Associazione Nazionale Magistrati che pervicacemente continua a rivendicare, nonostante le prese di posizione dei tantissimi magistrati protagonisti della giurisdizione nei diversi territori, la necessità di forme di processo da remoto. Vorrebbe addirittura A.N.M. che la richiesta di discutere oralmente la causa in appello fosse oggetto di un esame di fondatezza da parte del Giudice; dunque, la previsione di un ulteriore passaggio da definirsi con un provvedimento (impugnabile?) di ammissione alla modalità ordinaria del rito.

Creano sconcerto le due recentissime sentenze della Corte costituzionale, di cui sono note solo le provvisorie, in punto di compatibilità della sospensione della prescrizione per Covid-19 e di ostatività dei reati puniti con la pena dell’ergastolo al rito abbreviato. La Corte parrebbe aver privilegiato ragioni di Stato a detrimento della funzione di garanzia e di mitezza della pena. L’avere appreso che nell’ambito dei lavori della Corte si sono nettamente manifestati indirizzi diversi da quello che ha prevalso e che il giudice Zanon, relatore della questione sulla prescrizione, non sarà l’estensore della sentenza di diniego sono ulteriori conferme della necessità dell’impegno per l’affermazione dei principi del diritto penale liberale e del giusto processo.

 

In previsione del percorso di conversione, l’Unione ha messo a disposizione di tutti i parlamentari i propri documenti, le proprie prese di posizione e le proposte di modifica dei decreti-legge il cui esame, attualmente pendente dinanzi al Senato della Repubblica, è stato oggetto di riunione.

UCPI ringrazia in particolare i senatori del Gruppo parlamentare di Forza Italia per la disponibilità e l’impegno tradottosi negli emendamenti agli articoli 23 e 24 del d.l. Ristori bis, finalizzati alla soppressione della previsione della camera di consiglio da remoto, all’esclusione della celebrazione con modalità a distanza dell’incidente probatorio ed a rendere il ricorso al portale telematico non modalità esclusiva bensì concorrente con quelle già previste dal codice di rito per il deposito degli atti.

L’Unione esprime apprezzamento per la stretta interlocuzione intervenuta con i gruppi parlamentari di Italia Viva che hanno proposto due emendamenti.

Con il primo si prevede la celebrazione del processo di appello con le forme della camera di consiglio, con l’intervento del Pubblico Ministero e dei difensori, stabilendo che le parti siano sentite se compaiono e prevedendo la possibilità di deposito, nei cinque giorni precedenti l’udienza, di conclusioni scritte.

Con il secondo emendamento si interviene sulle modalità del deposito mediante pec da parte degli avvocati, stabilendo che tale modalità può avere ad oggetto anche «liste ed istanze comunque denominati ivi comprese le impugnazioni di cui al libro IX del codice di procedura penale»; emendamento quanto mai necessario per definire la portata della innovazione e mettere a riparo il ricorso al deposito via pec da pronunce restrittive.

L’Unione è impegnata nell’interlocuzione con le forze parlamentari per ulteriori approfondimenti e per agevolare convergenze sugli emendamenti. Chiederemo inoltre un intervento diretto del Governo per rendere effettivo il ricorso allo strumento della posta elettronica certificata per il deposito degli atti.

 

 Gli istituti di pena italiani versano in una condizione gravissima a causa dell’emergenza sanitaria, per la quale si impongono subito misure straordinarie di alleggerimento del sovraffollamento.

 

La Giunta unitamente al proprio Osservatorio Carcere ha proposto alcuni interventi urgenti per rendere concreta la riduzione della popolazione carceraria:

 

– innalzare la pena residua per la detenzione domiciliare da 18 mesi a 36 mesi;

 

– per i detenuti che abbiano pena residua superiore a mesi sei, affidare alla Magistratura la valutazione sulla opportunità o meno di applicare il dispositivo elettronico di controllo e soprattutto la sottoposizione al braccialetto elettronico solo ove immediatamente disponibile (principio statuito dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, con la sentenza 19 maggio 2016 n. 20769: «Il giudice, escluso ogni automatismo nei criteri di scelta delle misure, qualora abbia accertato l’indisponibilità del suddetto dispositivo elettronico, deve valutare, ai fini dell’applicazione o della sostituzione della misura coercitiva, la specifica idoneità, adeguatezza e proporzionalità di ciascuna di esse in relazione alle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto»);

 

– eliminare il divieto di scioglimento del cumulo in caso di condannati che abbiano già espiato la parte di pena relativa ad un reato ostativo in caso di connessione tra i reati ai sensi dell’art. 12 comma 1 lett. b) e c) c.p.p.;

 

– sospendere sino al 31 gennaio 2021 l’emissione dell’ordine di esecuzione di condanne fino a quattro anni anche se trattasi di pena residua e anche per effetto di quanto previsto dall’articolo 656 comma 4 bis c.p.p. (detrazioni per liberazione anticipata, presofferto, pene fungibili);

 

– introdurre la liberazione anticipata speciale di 75 giorni per ogni semestre di pena espiata;

 

– differire al 31 gennaio 2021 la trattazione delle istanze per la concessione delle misure alternative alla detenzione per i soggetti in stato di libertà;

 

– prevedere la necessità che il giudice, chiamato ad emettere una misura cautelare custodiale in carcere, debba considerare anche i parametri della esistenza dell’attuale emergenza sanitaria da coronavirus e del sovraffollamento.

 

  1. Nelle prossime settimane connotate dall’emergenza sanitaria, l’Avvocatura penale sarà impegnata nell’adeguare le forme dell’impegno professionale al rispetto delle misure di contenimento della pandemia, mantenendo al centro del proprio impegno la salvaguardia delle regole del contraddittorio e dei principi del giusto processo.

 

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