Professioni, per oltre il 70% degli avvocati il 2020 è stato critico
Analisi di Cassa forense e Censis sugli oltre 231.000 avvocati, 4 ogni 1.000 abitanti.
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Il 2020 «porta a 231.295 il numero degli avvocati attivi iscritti a Cassa forense», vale a dire quasi quattro membri della categoria attivi ogni 1.000 abitanti e, considerando la platea degli associati agli Ordini professionali, la cifra complessiva sale a 245.478, quando sono invece 13.735 quelli in pensione, ma contribuenti nei confronti dell’Ente previdenziale.
I dati sono contenuti nel Rapporto Cassa forense-Censis, presentato dal presidente dell’Ente dei legali, Nunzio Luciano che fotografa una professione sempre più al femminile: «sempre considerando l’insieme degli attivi iscritti alla Cassa, il 2020 potrà essere ricordato come l’anno in cui si consolida il sorpasso delle donne avvocato sugli uomini: 115.724 contro 115.571, una situazione si era già manifestata al Nord Italia negli anni più recenti».
Presenti al convegno promosso nella sede dell’Ente pensionistico degli avvocati anche il presidente dell’Associazione delle Casse previdenziali (Adepp), Alberto Oliveti, il presidente dell’Ente previdenziale dei biologi (Enpab) e vicepresidente dell’Adepp, Tiziana Stallone, il presidente facente funzioni del Consiglio nazionale forense (Cnf), Maria Masi, il coordinatore dell’Organismo congressuale forense (Ocf), Giovanni Malinconico, il segretario dell’Associazione nazionale forense (Anf), Luigi Pansini ed il tesoriere dell’Associazione giovani avvocati (Aiga), Valeria Chioda.
In base all’indagine del Censis, presentata dal segretario generale Giorgio De Rita e dal ricercatore Andrea Toma realizzata su un campione di più di 14.000 avvocati, «oggi la situazione lavorativa risulta critica per più di 7 professionisti su 10: per il 32,9% sono aumentate le difficoltà e l’incertezza, il 39,5% cerca di sopravvivere nonostante il contesto non lasci ben sperare. La condizione di maggiore criticità riguarda le professioniste donne (il 37,5%) e gli avvocati residenti al Sud (43,2%)».
Il dossier si è soffermato sulle conseguenze del confinamento pandemico sulla categoria dei legali: l’opzione del lavoro a distanza in maniera esclusiva ha riguardato il 29,6% degli avvocati, il 43,2% ha cercato di trovare un equilibrio tra la presenza in studio e il lavoro da remoto, il 15,9% ha continuato a recarsi presso lo studio.
Il reddito professionale medio dichiarato dagli avvocati iscritti alla Cassa forense è di 40.180 euro nel 2019 e si confermano le differenze che penalizzano le donne (che dichiarano un reddito medio che si ferma al 62,5% di quello medio complessivo), i professionisti più giovani (bisogna varcare la soglia dei 50 anni per raggiungere il livello di reddito medio complessivo) e quelli residenti nelle regioni meridionali (dove lo scarto rispetto al dato medio nazionale è di oltre 16.000 euro, ovvero di 40 punti percentuali, ed è di oltre 33.000 euro rispetto al Nord del Paese).
Nel lungo periodo si osserva un continuo ridimensionamento del reddito medio degli avvocati fino al 2014, poi c’è stata una ripresa, più sostenuta negli ultimi due anni: nel 2019 l’incremento è stato di poco inferiore al 2% rispetto all’anno precedente. Ma poi la risalita è stata interrotta dall’emergenza sanitaria.
Rispetto all’andamento del fatturato, si osserva l’interruzione del percorso di recupero intrapreso negli anni 2018 e 2019, quando la quota di avvocati che avevano visto crescere il valore delle proprie prestazioni sfiorava il 30%: oggi la percentuale è scesa al 23,1% e aumenta di conseguenza la quota di chi valuta molto critica la propria condizione lavorativa (quasi 10 punti in più nel 2020 rispetto al 2019) e si riducono le aspettative positive. Solo il 29,9% degli avvocati confida in un miglioramento negli anni a venire.
L’accesso alle elemosine Covid di marzo e aprile per i professionisti ha riguardato una platea di avvocati pari al 61,5% del campione dell’indagine: il 7,9% ha fatto richiesta del bonus baby sitter (la percentuale sale all’11,9% nel caso delle donne avvocato) e il 3,5% ha usufruito della sospensione del pagamento delle rate di mutui e finanziamenti.
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