Anno: XXV - Numero 216    
Lunedì 25 Novembre 2024 ore 13:30
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Le clausole che limitano il rilascio di copie sono contrarie alla Legge

La sentenza in commento affronta e risolve brillantemente una serie corposa di questioni sottoposte al giudizio di legittimità

Le clausole che limitano il rilascio di copie sono contrarie alla Legge

Volendone riassumere molto brevemente (e comunque solo in parte) il contenuto, la decisione in esame afferma innanzi tutto il principio per cui, a norma degli artt. 153 e 93 ter L. 89/1913, mentre la legittimazione all’instaurazione del procedimento disciplinare risulta attribuita al Capo dell’Archivio Notarile limitatamente alle infrazioni rilevate durante l’ispezione biennale, al Presidente dei Consiglio Notarile Distrettuale compete l’iniziativa disciplinare ogniqualvolta il notaio sia incorso nell’inosservanza di leggi, di regolamenti, di principi e norme deontologiche o di altri doveri anche non deontologici, quindi anche nel caso in cui tali violazioni  siano emerse nel corso dell’attività ispettiva di prevista dagli artt. 128 e 132 L. Not.

In secondo luogo, la Corte – nel confermare che la fattispecie c.d. della “portabilità del mutuo” disciplinata dagli artt. 120 quater DLgs 385/1993 e 1202 c.c. si costituisce del contratto di finanziamento volto all’estinzione della precedente obbligazione e del successivo atto “titolato” di quietanza, riconosce ai due negozi congiuntamente il “titolo” sulla base del quale effettuare l’annotazione ai sensi dell’art. 2843 c.c., statuendo così per entrambi l’obbligo di conservazione a raccolta ai sensi dell’art. 72, comma 3 L. 89/1913.

In terzo luogo, la sentenza stabilisce la non applicabilità agli atti di quietanza relativi a operazioni di “portabilità del mutuo” dell’esenzione prevista dall’art. 39, ult. comma T.U.B. e del parametro fisso previsto dall’art. 6 lett. d) n. 11 DM 265/2012, ritenendo che  tanto la prima, come il secondo si riferiscano unicamente alle quietanze emesse dal mutuatario e non a quelle rilasciate dall’originario finanziatore.

Il punto sul quale intendo, invece, soffermarmi si riferisce all’obbligo di rilascio di copie ai sensi dell’art. 743 c.p.c. da parte del Notaio, in relazione alla valutazione di legittimità di una clausola contenuta in un atto di conferimento di procura da parte di una banca ai propri funzionari così formulata:

“Disciplina del rilascio di copie della presente procura –

Della presente procura possono richiedere copia esclusivamente i procuratori appartenenti ad una delle Cariche e a uno dei Ruoli Organizzativi aziendali del …. (banca), nonché i pubblici ufficiali che ai sensi di legge necessitino di ricevere copia del presente atto.

La richiesta di rilascio copia al notaio rogante deve avvenire utilizzando i sistemi informativi del … (banca), appositamente implementati per la gestione del rilascio delle procure.

Il notaio rogante è autorizzato al rilascio di copie informatiche della presente procura e deve accertarsi a mezzo dei sistemi informativi del suo studio che la copia informatica sia messa a disposizione solo ed esclusivamente dei notai e degli altri pubblici ufficiali abilitati per legge e ciò al fine di prevenire la duplicazione delle copie e il loro uso fuori dei casi previsti dal presente atto e dai regolamenti interni del … (banca).

Nel rilasciare copia della procura il notaio rogante è altresì tenuto a certificare in calce quanto segue:

1) il nominativo del procuratore al quale la copia è rilasciata;

2) la carica e/o il ruolo organizzativo, secondo le risultanze del libro firme della banca depositato presso il notaio in forma digitale ed oggetto di conservazione a norma ed ai sensi del CAD nel sistema di conservazione notarile eWitness;

3) il nome, cognome e la sede notarile del notaio al quale la copia è destinata, ovvero il nome e cognome del rappresentante del pubblico ufficio legittimato per legge a richiedere copia della presente procura, oltre ad ogni informazione necessaria ad individuare in modo univoco l’ente di cui il richiedente è il legittimo  rappresentante.

Il notaio rogante è abilitato a rilasciare in via eccezionale copie cartacee della presente procura

esclusivamente su richiesta di un membro del Consiglio di Gestione ovvero del Direttore Generale  del … (banca) ovvero della “Segreteria Generale e Societaria” e deve fare menzione nella certificazione della provenienza della richiesta e del numero progressivo di copia, al fine di renderla rintracciabile”.

La clausola in questione  sottopone quindi l’attività di rilascio di copie dell’atto rogato ad una serie  di limiti che attengono: i) ai soggetti che ne possono fare richiesta; ii) alle modalità con cui deve esserne fatta richiesta; iii) alle modalità con cui la copia debba essere rilasciata; iv) ai soggetti legittimati all’uso della copia; v) alle menzioni che la certificazione di conformità deve contenere.

La Suprema Corte, confermando la sentenza della Corte d’Appello di Milano (la quale a sua volta confermava la decisione della Co. Re.Di. di Milano), afferma il principio secondo cui la clausola in questione sarebbe contraria dalla normativa in materia espressa nell’art. 743 c.p.c., che impone a qualunque depositario pubblico, autorizzato a spedire copia degli atti di cui cura la conservazione, l’obbligo di rilasciarne copia autentica anche a soggetti che non siano stati parte dell’atto; obbligo peraltro, come tutti sanno, direttamente discendente dall’art. 1 L. Not. che istituzionalmente definisce i notai ” ufficiali pubblici  istituiti per ricevere gli atti tra vivi e d’ultima volontà, attribuire loro pubblica fede, conservarne il deposito, rilasciarne le copie, i certificati e gli estratti“.

L’obbligo del notaio di rilasciare copia è dunque insito nella funzione dell’atto “pubblico” e in quella di “pubblico ufficiale” e a tale obbligo corrisponde specularmente il diritto di colui che la richiede, sia esso parte o estraneo, di riceverla, diritto che né le parti, né il notaio rogante possono limitare.

La Cassazione continua poi motivando con l’affermazione che “… ogni cittadino ha il diritto di ottenere copia degli atti detenuti per lui da coloro (notai, cancellieri, conservatori di registri, ecc…) cui la legge attribuisce la qualifica di pubblico depositario, poiché questi detengono non (soltanto) per sé (per l’esercizio di una pubblica funzione), ma (anche) per il pubblico”.

A tale principio, di ordine assolutamente generale, possono essere apposte deroghe solo dalla legge, con norme evidentemente di carattere eccezionale, quali:

l’art. 476 c.p.c., che fa divieto di spedire senza giusto motivo più di una copia esecutiva;

l’art. 698 c.p.c. che, al 3° comma, vieta la riproduzione in copia di processi verbali delle prove, prima che i mezzi stessi siano stati dichiarati ammissibili nel giudizio stesso;

l’art. 78 l. not., che legittima il rifiuto del notaio al rilascio di copia, finché non sia stata interamente eseguito il pagamento degli onorari e dei diritti e il rimborso delle spese (con il limite in questo caso, disposto dall’art. 89 Reg. Not. che, in caso di contestazione sull’importo dell’onorario, la parte abbia comunque il diritto di pretendere il rilascio della copia anche prima della decisione della controversia, se deposita in giudizio la somma richiesta dal notaio);

l’art. 67, 2° comma, Not., peraltro in combinato disposto con l’art. 743 c.p.c. ult. comma, che fa divieto di rilasciare copia degli atti di ultima volontà, durante la vita del testatore, se non al testatore o a persona munita di speciale mandato in forma autentica;

l’art. 66 d.p.r. 26-4-1986, n. 131, relativo all’imposta di registro, che proibisce il rilascio di copie di atti non ancora registrati, o ancora l’art. 9, d.P.R. 26-10-1972, n. 642, così come sostituito dall’art. 9, d.P.R. 30-12-1982 n. 955 in materia di imposta di bollo, entrambi ancora in combinato disposto con l’art. 743 c.p.c.

A essere sinceri, la S.C. indica, quale ulteriore eccezione, anche la normativa in materia di tutela della privacy, la quale peraltro, a ben vedere, non contempla alcuna reale deroga al principio generale esposto, imponendo solo al pubblico ufficiale depositario dell’atto di comunicare all’interessato l’esistenza di uno specifico obbligo in tal senso.

La decisione della Cassazione, d’altro canto, conferma quanto precedentemente statuito dalla stessa Corte, a  SS.UU. (n. 1629/2010), secondo cui il ruolo dei pubblici ufficiali depositari andrebbe distinto da quello dei pubblici funzionari in quanto, mentre i primi “devono tenere gli atti a disposizione del pubblico”, per cui è sufficiente “una semplice richiesta” di rilascio della copia, i secondi conservano gli atti, non solo e non tanto per il pubblico, ma piuttosto “per l’esercizio di funzioni pubbliche all’interno di procedure amministrative in relazione alle quali l’accesso è condizionato ad un interesse qualificato”, cosicché solo in quest’ultimo caso sarebbe legittima l’attivazione di una specifica procedura di accesso volta ad accertare l’esistenza di un concreto interesse del richiedente (artt. 22 e ss. L. 241/1990 in materia di trattamento ed accesso del pubblico a documenti ufficiali).

Volendo poi aggiungere altro alla motivazione esposta, non si può negare che la clausola in esame, intendendo rendere addirittura eccezionale il caso di rilascio di copia cartacea,  contrasterebbe anche con l’art. 68 ter, comma 2  L. Not. a detta del quale, quando l’uso di un determinato supporto non è prescritto dalla legge o non è altrimenti regolato, “il notaio rilascia le copie degli atti da lui conservati sul supporto indicato dal richiedente“.

Queste, in sintesi, le argomentazioni di carattere squisitamente giuridico sulla base delle quali è stata riconosciuta in tutti i gradi di giudizio la illegittimità della clausola in questione e la conseguente violazione dell’art. 28 l.not. per contrarietà a regola di carattere imperativo.

Mi siano permesse però alcune osservazioni di “opportunità”. Per quanto diligentemente mi sia interrogata, ho faticato nel comprendere le ragioni per le quali la Banca conferente ha ritenuto di chiedere al Notaio l’inserimento di una clausola del tenore riportato.

La domanda, d’altro canto, è tanto più impellente, quando si pensi che una regolamentazione così restrittiva del rilascio di copia sia stata richiesta proprio con riferimento ad una procura che, come giustamente ha rilevato la Co.Re.Di., è atto con effetti tipicamente “esterni”, volto ad attribuire il potere di contrattare con soggetti terzi rispetto alla parte che l’ha rilasciata.

Rileggendo la clausola con occhi volti a valutarne non la legittimità, ma la reale funzione, parrebbe – ma potrei sbagliarmi – che l’intento ultimo della Banca fosse di istituire un regime controllato di divulgazione dell’identità delle persone legittimate ad agire in nome e per conto della banca, dei poteri loro conferiti e di una finale rigorosa vigilanza dell’uso da parte dei procuratori della procura stessa, fondando una policy interna di sicurezza.

L’aspetto davvero inquietante della questione sta però nel fatto che essa abbia ritenuto di affidare al Notaio l’effettuazione delle attività di controllo prospettate. Infatti, secondo il meccanismo posto in essere con la procura in oggetto, spetterebbe  al Notaio rogante (si badi bene, rogante la procura, non a quello che stipula l’atto del procuratore) verificare che la richiesta di rilascio di copia sia fatta da un soggetto correttamente inserito nei ruoli aziendali e solo attraverso canali informatici interni della banca; che la copia sia destinata solo a notai o altri pubblici ufficiali, individuati nominativamente in calce alla procura stessa, addirittura prevedendo che, in caso di rilascio di copia cartacea, debba essere fatta “menzione …della provenienza della richiesta e del numero progressivo .. alfine di renderla tracciabile”.

Letta in questo modo, la clausola soddisferebbe quindi un’effettiva esigenza organizzativa della banca, ma lo fa rendendo il Notaio parte della propria stessa organizzazione, inglobandolo per così dire nella propria struttura e rendendolo esso stesso titolare di una Carica e di un Ruolo organizzativo aziendale, per dirla con le parole della procura stessa.

Questa conclusione, se fosse fondata, sarebbe davvero inquietante, perché sottintenderebbe che la nullità della clausola dipenda, non solo dalla sua contrarietà ad una norma imperativa e fondante quale l’art.743 c.p.c. (il che, a questo punto, è da considerarsi del tutto pacifico), ma dalla circostanza ben più grave del coinvolgimento diretto del Notaio rogante nell’utilizzo della procura stessa, finendo per esporre l’intera procura (e non solo la singola clausola) ad un giudizio di nullità alla luce del personale interesse del Notaio rogante rispetto all’atto rogato, con conseguente violazione dell’art. 28 L. Not, 1° comma n. 3.

Ma dobbiamo essere sinceri; se così fosse, questo improprio coinvolgimento, per quanto scandaloso possa sembrare, potrebbe rappresentare l’inconscia deriva di richieste e comportamenti che  le banche hanno assunto con sempre maggiore prepotenza, a partire dagli atti unilaterali di accettazione delle proposte di mutuo e con l’utilizzo delle varie piattaforme, appropriandosi dell’organizzazione degli studi notarili per l’espletamento di attività che nulla hanno a che fare con la nostra attività di rogito (assicurazioni integrative, apertura di conti, “chiamate in atto”, per citarne solo alcune), relegandoci al ruolo di un outsourcing velato e del tutto gratuito.

Seguendo questa scia, si è giunti fino alla riprovevole commistione di ruoli enucleata nella clausola in esame, che la giurisprudenza ha avuto gioco facile a sanzionare sulla base di un principio che costituisce proprio una delle basi della grammatica notarile, ma che – per dirla tutta – svela ben altri risvolti e suscita più gravi dubbi, perché altro è regolamentare  i rapporti tra il notaio e il suo cliente nell’ambito della determinazione delle modalità di svolgimento dell’incarico conferito (ciò che, per molti versi, è addirittura auspicabile), altro è ricevere un mandato ed assumere quindi obblighi, e i conseguenti poteri, che di fatto rendono il notaio elemento integrante della struttura interna della parte richiedente, quale soggetto designato alla verifica dell’attività gestoria dei propri addetti e – in ultima istanza – anche degli altri notai roganti i finanziamenti.

Per concludere, mi chiedo, ma è possibile che il Notaio in questione non si sia chiesto se fosse lecito, giusto – ma dirò di più – di buon gusto, costringere tutti i suoi colleghi a ricevere da lui, invece che alla banca, l’esecrabile “lettera d’inquadramento”?

Tratto da Federnotizie

 

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