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La prescrizione dei contributi previdenziali

Con riferimento alle sanzioni derivanti da omesso o ritardato versamento dei contributi previdenziali, è emersa tra i professionisti iscritti alla Cassa un’incertezza in merito alla natura, civile o amministrativa, delle stesse e dei relativi termini di prescrizione applicabili.

La prescrizione dei contributi previdenziali

Allo scopo di fornire chiarezza sul punto, occorre procedere ad una preliminare distinzione tra le sanzioni derivanti dall’inosservanza degli obblighi dichiarativi (mancato o ritardato invio del Mod. 5) di cui agli artt. 7 ss. del Regolamento Unico della Previdenza Forense e quelle originate da omissioni di carattere contributivo.

In proposito, mentre le prime hanno natura amministrativa, con conseguente applicazione del regime di prescrizione quinquennale, diversamente deve affermarsi per le sanzioni scaturenti dal mancato versamento dei contributi previdenziali, le quali, in ragione di un rapporto di dipendenza funzionale, condividono la medesima natura civilistica dei crediti contributivi cui ineriscono e l’assoggettamento allo stesso termine di prescrizione decennale.

A tal riguardo, giova rammentare che l’art. 66 L. n. 247/2012, escludendo l’applicazione alla Cassa Forense dell’art. 3 L. n. 335/1995 – il quale aveva ridotto il termine prescrizionale dei contributi da 10 a 5 anni – ha comportato la reviviscenza del primo comma dell’art. 19 L. n. 576/1980, secondo cui

«la prescrizione dei contributi dovuti alla Cassa e di ogni relativo accessorio si compie con il decorso di dieci anni. Per i contributi, le sanzioni e gli accessori dovuti o da pagare ai sensi della presente legge, la prescrizione decorre dalla data di trasmissione alla Cassa, da parte dell’obbligato, della dichiarazione di cui agli articoli 17 e 23» (ex multis: Corte Appello Roma, n. 2518/2020). Ne consegue, pertanto, l’inapplicabilità della L. n. 689/1981 e del termine di prescrizione quinquennale, come statuito da una recentissima pronuncia di merito del Tribunale di Catania, la n. 2564/2020, secondo cui «non può trovare applicazione nella specie la normativa di cui alla legge n. 689/1981, riguardante le sanzioni amministrative e non anche i contributivi in oggetto e relativi interessi e sanzioni».

Quanto sopra trova conferma nell’ormai consolidata giurisprudenza del Giudice di legittimità, secondo cui «l’obbligazione relativa alle somme aggiuntive, che il datore di lavoro è tenuto a versare in caso di omesso o ritardato pagamento dei contributi assicurativi, ha natura di sanzione civile e non amministrativa, costituendo una conseguenza automatica dell’inadempimento o del ritardo, legalmente predeterminata, introdotta nell’ordinamento al fine di rafforzare l’obbligazione contributiva e risarcire, in misura predeterminata dalla legge, con una presunzione juris et de jure, il danno cagionato all’istituto assicuratore» (ex multis: Cass. n. 12533/2019).

Del resto, a tale conclusione erano già addivenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, le quali, componendo il contrasto sorto in materia di estensione al credito per sanzioni civili degli effetti degli atti interruttivi posti in essere con riferimento al credito contributivo, hanno precisato che,

«sotto il profilo normativo, le somme aggiuntive appartengono alla categoria delle sanzioni civili, si applicano automaticamente in caso di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi assicurativi e consistono in una somma ex lege predeterminata il cui credito sorge de iure alla scadenza del termine legale per il pagamento del debito contributivo, in relazione al periodo di contribuzione» (Cass. Sez. Unite n. 5076/2015).

Parimenti, con particolare riguardo al regime prescrizionale applicabile, è stato statuito che «le sanzioni civili hanno la stessa natura giuridica dell’obbligazione principale e restano soggette al medesimo regime prescrizionale» (ex plurimis: Cass. n. 16262/2018) che, nel caso dei crediti contributivi, è decennale, e, pertanto, anche le relative sanzioni accessorie soggiacciono al medesimo termine di prescrizione.

Tratto da Cassa Forense news

 

 

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