Nuova cassa integrazione solo per pochi
Le imprese in perdita Covid possono chiedere 26 settimane di CIG, senza licenziare e con accordo di riduzione parziale dell'orario.
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La nuova cassa integrazione prevista dal Sostegni bis è un ammortizzatore sociale alternativo alla cig ordinaria o straordinaria (dlsg 148/2015) ma destinato alle sole imprese che hanno dimezzato il fatturato 2021 rispetto a prima della pandemia, limitano la riduzione oraria e si impegnano a mantenere i livelli occupazionali. Intanto, per gli altri, è ancora attiva la cassa Covid del primo decreto Sostegni (dl 41/2021): 13 settimane entro fine giugno oppure 28 settimane entro fine dicembre per imprese che utilizzano FIS (fondo di integrazione salariale) o cassa in deroga. Da alcuni giorni, tuttavia, l’INPS ha congelato le nuove autorizzazioni di cassa Covid-19,comprese quelle per l’assegno ordinario FIS destinato a Terziario e PMI, per superamento del plafond a disposizione (si attende su questo fronte una soluzione “tecnica” che consenta lo sblocco delle domande). Vediamo tutto.
Per quanto riguarda la nuova opzione prevista dal Decreto Sostegni bis (articolo 40, dl 73/2021) , si tratta di 26 settimane di cassa integrazione ma con limiti sulla riduzione di orario (quindi non può essere a zero ore) ed accesso condizionato all’impegno a non ridurre i livelli occupazionali. Non solo: è utilizzabile dai soli datori di lavoro privati con un calo di fatturato pari ad almeno il 50% nel primo semestre 2021 rispetto all’analogo periodo 2019 (dunque, sul periodo precedente al Covid) ed è necessario un accordo collettivo aziendale. Dunque, una cassa emergenziale molto limitata e mirata ai casi di maggiore necessità, volta ad evitare gli abusi da un lato ma anche ad incentivare la conservazione di posti di lavoro nei settori più in crisi. Finora, infatti, gli ammortizzatori sociali straordinari previsti per affrontare l’emergenza Covid sono stati accompagnati da un blocco dei licenziamenti che però sta per terminare: il 30 giugno per l’industria e l’edilizia, il 31 ottobre per il commercio e i servizi.
Questo nuovo ammortizzatore è una sorta di contratto di solidarietà. Gli accordi collettivi aziendali sulla riduzione dell’attività lavorativa sono infatti «finalizzati al mantenimento dei livelli occupazionali nella fase di ripresa delle attività dopo l’emergenza epidemiologica». Tecnicamente, si tratta di una forma di cig straordinaria, aggiuntiva rispetto alle norme di durata massima complessiva previste dal dlsg 148/2015. Quindi, come per la cassa Covid, non intacca il monte ore di cig a disposizione delle imprese. Ma non può però essere a zero ore.
La riduzione di orario non può essere superiore all’80% dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati dall’accordo collettivo. E, per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell’orario di lavoro non può superare il 90% nell’arco dell’intero periodo per il quale l’accordo collettivo viene stipulato. La retribuzione (senza eventuali aumenti retributivi previsti nei sei mesi precedenti) è pari al 70% della somma spettante per le ore non lavorate, senza i massimali (articolo 3, comma 5, dlgs 148/2015) previsti per la cig (971,71 euro per stipendi fino a 2mila 102,24 euro e 1167,9 per retribuzioni più alte) né il contributo addizionale. Prevede la contribuzione figurativa ma non si paga contribuzione addizionale. Se intervengono temporanee esigenze di maggior lavoro, l’impresa può rimodulare la cig e quindi la riduzione nei limiti del normale orario di lavoro, specificando le modalità in sede di accordo collettivo.
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