Obbligo vaccinale e sospensioni.
L'obbligo vaccinale per i sanitari è un tema su cui sono accesi i riflettori anche per i ricorsi ai Tar presentati da alcuni professionisti. I chiarimenti dal Ministero
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L’obbligo vaccinale per i sanitari è un tema su cui sono accesi i riflettori, anche per i ricorsi ad alcuni Tar presentati da alcuni professionisti. Diversi sono i punti della norma considerati da più parti poco chiari e, tra questi, un aspetto, sollevato già il mese scorso nel mondo medico, riguarda la sospensione del sanitario. Dal Ministero arriva un nuovo chiarimento in una nota indirizzata, la settimana scorsa, alla Fofi, che ripercorre anche il ruolo degli Ordini.
Come si ricorderà, a introdurre l’obbligo di vaccinazione per gli operatori sanitari – che riguarda anche i farmacisti che operano in farmacie e parafarmacie – è stato il cosiddetto Decreto Covid (Dl 44/2021 convertito nella Legge 76/2021). Una disposizione che da più parti è stata considerata poco chiara e che è a rischio disomogeneità. A intervenire nuovamente sul tema è una circolare della Fofi che, a fine giugno, aveva indirizzato al ministero della Salute una richiesta di chiarimento in merito al ruolo degli Ordini. Per il Ministero, nel documento inviato a Fofi, valgono le indicazioni già date anche alla Fnomceo, la Federazione degli ordini dei medici. In particolare, si legge «è attribuito alla Asl il compito di accertare la mancata osservanza dell’obbligo, sulla base delle segnalazioni da parte della regione dei nominativi di coloro che non risultano vaccinati». L’Asl ha quindi «l’onere di dare immediata comunicazione scritta dell’atto di accertamento della inosservanza all’interessato, al datore di lavoro e all’ordine professionale. Tale atto di accertamento determina la sospensione del sanitario dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano in altra qualsiasi altra forma il rischio di diffusione del contagio da Covid-19». E tale sospensione va «comunicata immediatamente all’interessato dall’Ordine professionale di appartenenza». Secondo il Dicastero, che richiama «la relazione illustrativa al Decreto, è espressamente chiarito che dall’atto di accertamento della mancata osservanza dell’obbligo adottato dall’azienda sanitaria discende ex lege la sospensione dall’esercizio della professione sanitaria e dalla prestazione dell’attività lavorativa da parte degli operatori obbligati che svolgono mansioni che implicano necessariamente un contatto interpersonale con il paziente, l’utente o comunque con il destinatario o che, qualsiasi sia la modalità dello svolgimento, comportano comunque il rischio di diffusione del contagio da Covid-19».
Sospensione ex lege è ipotesi obbligatoria. Restano punti non chiari
Da ciò, continua il Ministero, consegue che «la previsione della sospensione derivante dalla legge è una ipotesi di sospensione obbligatoria, per la quale la valutazione sulla gravità dei fatti presupposti viene compiuta in via preventiva dal legislatore; analogamente è lo stesso legislatore a prevedere in via automatica la cessazione della predetta misura cautelare nel caso di ottemperanza dell’obbligo vaccinale. Pertanto, l’attività posta in capo all’Ordine consiste in un mero onere informativo», che si sostanzia «nella comunicazione all’interessato, previa presa d’atto da parte dell’Ordine della sospensione derivante ex lege dall’atto di accertamento». La sospensione, dunque, chiarisce ulteriormente Fofi, «non eÌ disposta dall’Ordine, bensì dalla Asl e l’Ordine eÌ tenuto prendere atto dello stesso», con una «deliberazione di presa d’atto» e «dare comunicazione all’interessato degli effetti che dall’atto di accertamento della Asl discendono, consistenti nella sospensione temporanea dall’esercizio della professione fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale o comunque non oltre il 31 dicembre 2021». Non valgono quindi, conclude il Ministero, le fattispecie che «determinano automaticamente la sospensione degli iscritti dall’esercizio della professione (Art. 43 Dpr n221/50) che contempla ipotesi tassative rispetto alla cui applicazione è esclusa qualsiasi estensione analogica». In particolare, «la ratio di quell’articolo risiede nella impossibilità per il sanitario di svolgere attività professionale, qualora sia sottoposto a misure restrittive, quale forma di garanzia del valore della professione», mentre il caso in questione non vi rientra.
Anelli (Fnomceo): presto per capire se obbligo verrà prorogato al 2022
La questione dell’obbligo vaccinale è ultimamente sotto i riflettori sia per le sospensioni che stanno arrivando, in particolare tra chi lavora in ospedale e soprattutto tra infermieri e medici, sia perché sono in atto alcuni ricorsi ai Tar. Oggi, il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli, in una intervista all’Adnkronos, spiega che «i medici che non si sono vaccinati contro il coronavirus, pur dovendo rispettare l’obbligo relativo al vaccino Covid per gli operatori sanitari imposto dalla legge, sono lo 0,2% del totale o forse anche meno. La novità dell’ultimo periodo sono i ricorsi che si stanno organizzando proprio contro tale obbligo. Stando ai dati della Presidenza del Consiglio, sono 45.000 gli operatori sanitari che hanno presentato un ricorso, su un totale di due milioni, e dentro questo numero ci sono non solo le professioni sanitarie, ma anche, per esempio, gli operatori sociosanitari. I medici ad aver fatto ricorso sono davvero pochi. Abbiamo singoli casi in Lombardia, Liguria, Puglia, per esempio». Secondo Anelli, per alcuni il ricorso si tratta di un modo per guadagnare più tempo possibile ma «sulla possibilità di prorogare l’obbligo del vaccino anti-Covid per gli operatori sanitari anche nel 2022», dice, «aspettiamo di vedere come va l’andamento dell’epidemia».
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