Il flop dell'assalto no pass: poche adesioni e niente disagi.
E alla fine la protesta «no pass» non si trasforma in «no train»,
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vari movimenti contrari alla «dittatura sanitaria» si erano dati appuntamento in 54 stazioni di tutta Italia, assicurando che avrebbero bloccato la circolazione, al grido di «se non possiamo viaggiare noi, non viaggerà nessuno». Meeting point, tecniche di «sabotaggio» pacifico e istruzioni per sit-in sui binari e blocco degli accessi erano circolati come di consueto sui canali telegram dell’onda no pass, ma al dunque le proteste si sono dimostrate poca cosa. Qualche cartello davanti alle principali stazioni, poche decine di manifestanti a Milano-Garibaldi, una manciata appena nelle altre città, zero blocchi di binari, con la notizia di un unico «incidente» che arriva da Torino, dove un attivista 26enne del gruppetto in azione davanti alla stazione Porta Nuova del capoluogo piemontese, dopo essersi rifiutato di mostrare i propri documenti ai poliziotti li ha aggrediti, finendo in questura, denunciato per resistenza e violenza a pubblico ufficiale.
Insomma, alla fine nelle stazioni c’erano più agenti di polizia che «no pass people», con la conseguenza che non ci sono state tensioni di sorta a Milano, Napoli, Roma, Bologna, Firenze, Bari, Genova e nelle altre città interessate dalle manifestazioni, e non c’è stato nessun problema per chi doveva mettersi in viaggio in treno proprio ieri e doveva farsi controllare il «passaporto» prima di salire in carrozza. In fondo, il titolare del Viminale Luciana Lamorgese l’aveva annunciato, spiegando che non sarebbero stati «tollerati atti di violenza» né «interruzioni di pubblico servizio», e schierando un gran numero di agenti rimasti per lo più inoperosi – a presidiare le principali stazioni e gli hub dell’Alta velocità. E infatti, su uno dei canali Telegram più frequentati dagli attivisti «no pass», «Basta dittatura!», che conta su oltre 41mila iscritti, se la prendono proprio con il ministro dell’Interno, rea di aver «distratto le forze dell’ordine dall’esercizio delle funzioni pubbliche» per schierarle nelle stazioni dopo aver letto «le chat di Telegram», e chiedendosi «quanto ci costa tutto questo bel circo». La frustrazione per l’occasione persa, insomma, è palpabile, come provano anche i tanti post che invitano a «non mollare» fino a sera, incitando i «no pass» a entrare nelle stazioni, a non andarsene «dopo 30 secondi», a farsi notare «con un cartellone, tricolore o altro» per favorire gli assembramenti di manifestanti, e smentendo la notizia dell’annullamento delle manifestazioni, invitando tutti a «resistere» perché «verso sera si uniranno altre persone che non sono potute venire».
Si esulta poi per il singolo ragazzo che a Milano si è unito ai manifestanti, pur avendo completato il ciclo vaccinale e avendo il green pass, per proclamare il suo dissenso contro le discriminazioni. Qualcuno arriva a definire «un successo» quello che è un evidente flop basandosi solo sulle poche parole rilasciate dal ragazzo a una web tv. Così il giovane milanese diventa un simbolo, l’unico di giornata, e il passaparola tra i manifestanti diventa quello di condividere il video sui social perché «non lo passeranno mai in tv».
Ma proprio il fragile appiglio è la cartina di tornasole del flop della prima delle annunciate tre giornate di «proteste» in stazione che avrebbero dovuto, e dovrebbero anche oggi dalle 14.30 e domani dalle 8 alle 16, «bloccare i treni».
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