Contanti, così i giallorossi ci riportano alla "quota Monti"
Sarà un ritorno al passato quanto accadrà dal 1° gennaio 2022: il limite da non superare per le transazioni con i contanti si abbasserà ulteriormente passando dalle attuali 2mila euro a mille, tutta colpa delle misure introdotte dal governo giallorosso che fanno ripiombare l'Italia indietro di più di 10 anni.
Quanto sta per accadere, infatti, è legato al decreto fiscale del Conte-bis 2020 che aveva già abbassato pochi mesi fa (1° luglio), il tetto massimo portandolo da tremila a duemila euro: nel giro di sei mesi altra importante sforbiciata per incentivare l’uso di carte di credito e bancomat e scoraggiare il pagamento con i tanto amati contanti. Perché si tratta di un ritorno al passato? Semplice, il salto indietro è esattamente di 11 anni quando con il decreto “salva Italia” di Mario Monti il tetto delle transazioni con denaro liquido fu portato a mille euro. Il problema è atavico: se è vero che le transazioni elettroniche riducono notevolmente la possibilità di pagamenti in nero e l’evasione fiscale, i contanti rimangono comunque la modalità di pagamento preferita dagli italiani tant’è che il nostro Paese si trova al penultimo posto in Ue per il numero di transazioni pro capite con le carte (81 contro una media di 146, quasi la metà).
Non solo: numerosi studi indicano che il problema contante sia in realtà un falso problema per combattere l’evasione e le frodi, non è provato scientificamente che un ridotto uso migliori questo aspetto, ma Conte e i grillini si sono fissati (come per il reddito di cittadinanza) che sia necessario attuare questo sistema. Da qui, un’ulteriore prova sono la chiusura di centinaia sportelli bancomat che rendono il denaro irreperibile, almeno nei piccoli centri italiani.
Sull’argomento evasione i governi si sono sempre divisi tra favorevoli e contrari: quest’ultima categoria ha sempre sottolineato come la minore circolazione di contanti non favorisca inclusione sociale e non faccia da volàno per l’economia. Con Renzi, invece, ci fu il passaggio opposto, ovvero da mille a 3mila euro di transizioni monetarie che, però, hanno avuto l’effetto di veder crescere di 0,5 punti l’economia irregolare in Italia. “A parità di altre condizioni, un aumento dell’1% nell’uso del cash si traduce in un aumento tra lo 0,8% e l’1,8% del valore aggiunto sommerso”, affermano al Sole24Ore gli analisti Michele Giammatteo, Stefano Iezzi e Roberta Zizza. Per evitare il “sommerso”, come ci siamo occupati sul Giornale.it, si pensa anche di eliminare le banconote da 500 euro e far scendere da 10mila a 5mila euro “il limite europeo alla circolazione del contante inserito nel pacchetto anti-riciclaggio”, sottolineano gli autori. Più studi, comunque, hanno già dimostrato come i limiti al cash non siano sufficienti a fermare l’evasione fiscale.
Il flop del cashback, tra l’altro, la dice tutta sugli incentivi ai pagamenti elettronici tant’è che non è nemmeno contenuta nella prossima manovra di Bilancio, sospesa dal governo Draghi la scorsa estate. Nessun rimborso parziale sugli acquisti, quindi, dopo la riduzione dell’emissione degli scontrini dell’11% con un costo di 1,5 milardi a semestre. Discorso diverso per la lotteria degli scontrini che, secondo i dati del Mef, soltanto un negoziante su quattro ha trasmesso i dati della lotteria. Questo metodo andrebbe rivisto e sistemato per favorirne il suo utilizzo.
Il governo sta facendo di tutto per incentivare gli esercenti ad aumentare i pagamenti con il Pos tant’è che è stato elevato il credito di imposta (dal 30% al 100%) sulle commissioni fino al 30 giugno 2022. E poi sono state stabilite anche due “tax credit” su acquisto, noleggio e utilizzo dei dispositivi, il primo per quelli definiti “standard” e il secondo per i Pos “smart” ma soltanto dal 2022. Insomma, si fa di tutto per scoraggiare l’uso di contanti cartacei e monete: basterà?
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