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Albo avvocati: iscrizione compatibile con il lavoro nella Pa previsto dal Pnrr

L'articolo 31 del Decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, attenua il divieto, finora assoluto

Albo avvocati: iscrizione compatibile con il lavoro nella Pa previsto dal Pnrr

L’articolo 31 del Decreto legge 6 novembre 2021, n. 152 attenua il divieto finora assoluto tra iscrizione all’Albo avvocati e l’assunzione nella Pubblica Amministrazione per l’attuazione del Pnrr.

Fa discutere in queste ore la nuova formulazione dell’articolo 31 del Decreto Legge per l’attuazione del Pnrr, che sembra attenuare il divieto assoluto di esercizio di lavoro dipendente per gli avvocati. È vero che la norma si riferisce solo al caso particolare di assunzioni finalizzate all’attuazione del Pnrr, e tuttavia preoccupa la creazione di un precedente, che mette in discussione il principio fondamentale di totale libertà da vincoli dell’avvocato.

La nuova norma prevede che “Al fine di incentivare il reclutamento  delle migliori professionalità per l’attuazione dei progetti del Piano  nazionale di ripresa e resilienza, per i  professionisti assunti  a  tempo determinato con le modalità di cui ai commi 4 e 5, lettera  B,  non è richiesta la cancellazione dall’albo, collegio o ordine professionale di appartenenza e l’eventuale assunzione non determina in nessun caso la cancellazione d’ufficio”.

Dunque i contratti di lavoro pubblico a tempo determinato funzionali ad attuare il PNRR non comportano cancellazione dell’albo degli avvocati. La novità, anche se legata ad una specifica esigenza di migliore realizzazione dei progetti del PNRR, apre una breccia nel divieto assoluto sancito dall’ articolo 18 comma 1 lettera D della Legge professionale forense, per il quale l’esercizio della professione forense è incompatibile “con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato”.

A fondamento del divieto assoluto c’è l’esigenza di garantire la totale indipendenza dell’avvocato da qualunque datore di lavoro, sia pubblico che privato.

Si dicono preoccupati il Cnf, l’Organismo Congressuale e la Cassa Forense, che in una nota congiunta al Ministro della Giustizia rilevano: “L’esercizio della professione di avvocato, sancito dalla legge professionale del 2012 e dal Codice deontologico forense non può essere esposto a rischi di conflitti di interesse e condizionamenti alla sua indipendenza e autonomia, nonché a forme di concorrenza sleale nell’ambito della categoria. Si pensi al caso dell’avvocato che venga reclutato quale operatore nell’ambito dell’Ufficio per il processo, e che dunque svolga attività lavorativa a questo titolo nel Tribunale, ed eserciti contestualmente la professione forense: si tratterebbe di un conflitto di interessi gravissimo, con evidenti rischi anche per la corretta amministrazione della giustizia”.

Adesso grazie all’emergenza Pnrr il divieto viene scalfito e si aprono le porte agli indecisi, che vorrebbero partecipare al grande piano di ripresa, ma vengono scoraggiati dalla durata limitata dei contratti e dal rischio di perdere l’iscrizione al proprio albo.

Quello che resta oscuro nella formulazione della norma è se il mantenimento dell’iscrizione all’albo consenta anche l’esercizio della professione, o sia inevitabile prevederne la sospensione almeno per la durata del contratto pubblico. L’articolo 20 della Legge professionale forense contempla solo la sospensione in caso di elezione a certe cariche pubbliche, che rendano l’esercizio della professione, incompatibile o non conveniente, o non sostenibile. È sempre possibile in ogni caso la richiesta di sospensione volontaria. Motivi di incompatibilità per il contemporaneo esercizio della professione e del lavoro pubblico a tempo determinato, si possono trovare anche sul versante delle norme che regolano il pubblico impiego. La disposizione di riferimento è l’articolo 53 del Testo unico sul pubblico impiego che stabilisce il principio generale di esclusività del rapporto di impiego del dipendente pubblico (salve le eccezioni specificamente previste dalla legge), a tutela dei principi di imparzialità, di buon andamento, di efficienza della p.a. (articolo 97 della Costituzione), consentendo lo svolgimento di singoli incarichi previa autorizzazione del datore di lavoro pubblico.

E cosa succede ai fini contributivi, durante il periodo in cui l’avvocato presta lavoro pubblico? La nuova norma prevede espressamente che i professionisti  assunti dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del  comma 7-bis uno, possano mantenere l’iscrizione ai regimi  previdenziali obbligatori, ma nel caso decidessero di non mantenerla, è escluso qualsiasi onere a loro carico per la ricongiunzione dei periodi di lavoro prestati per l’attuazione del Pnrr.

Da Altalex.com

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