Concessioni balneari. Gli interessi di pochi e quelli di molti
Forse non è chiaro ai gestori degli stabilimenti balneari che dopo il 31 dicembre 2023 chi continuerà a esercitare l'attività potrà essere denunciato per occupazione di suolo pubblico.
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La decisione, sul termine improrogabile di scadenza delle concessioni, l’ha presa il Consiglio di Stato, il massimo organo della giustizia amministrativa della Repubblica Italiana.
L’Antitrust ha ricordato che “nel 2019, su un totale di 29.689 concessioni demaniali marittime (con qualunque finalità) ben 21.581 pagavano un canone inferiore a 2500 euro”.
La disposizione della messa a bando dei servizi deriva da una direttiva europea del 2006, detta Bolkestein, che ha permesso di liberalizzare alcuni settori, dei quali il consumatore ha tratto benefici. Basterebbe pensare a quello dei telefonini che ha consentito la concorrenza e, quindi, di abbassare i prezzi e aumentare la qualità.
Il rispetto della direttiva europea consente al nostro Paese di accedere ai fondi comunitari per un valore di 248 miliardi di euro, compresi quelli destinati al Piano nazionale di ripresa e resilienza, a beneficio dell’intera economia italiana e di evitare di pagare le sanzioni per inadempienza alle direttive comunitarie, multe che indirettamente paga il contribuente.
Il Governo ha varato un decreto per regolamentare il settore delle concessioni balneari prevedendo forme di tutela per le attività già avviate.
La presidente di FdI, Giorgia Meloni vuole una proroga, inapplicabile, di 99 anni delle concessioni.
Facciamo un calcolo semplice: a fronte di 115 milioni di euro ricavati dalle concessioni, si metterebbero in discussione 248 miliardi di fondi europei e si dovrebbero pagare le multe per mancato adempimento.
In realtà, la presidente Meloni pensa ai voti dei concessionari per le prossime elezioni, il resto non interessa. Il resto sarebbero 60 milioni di italiani.
Di Primo Mastrantoni, Aduc
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