Anno: XXV - Numero 217    
Martedì 26 Novembre 2024 ore 13:30
Resta aggiornato:

Home » Dimissioni volontarie: senza un paracadute quasi un lavoratore su due

Dimissioni volontarie: senza un paracadute quasi un lavoratore su due

Quasi 500mila i lavoratori che nel 2021 sono rimasti senza un contratto dopo aver lasciato il posto. L’indagine realizzata da Fondazione Studi Consulenti del Lavoro fotografa il fenomeno

Dimissioni volontarie: senza un paracadute quasi un lavoratore su due

in crescita soprattutto tra dipendenti over 55, laureati e professioni a elevata specializzazione

Dimissioni volontarie anche senza il paracadute di un nuovo contratto.

Nel novero del milione e 81 mila lavoratori italiani che nei primi nove mesi dello scorso anno ha

lasciato di propria iniziativa il posto di lavoro, quasi uno su due non risulta tra i nuovi assunti alla

fine del III trimestre 2021. A rivelarlo è l’indagine “Le dimissioni in Italia tra crisi, ripresa e nuovo

approccio al lavoro”, realizzata da Fondazione Studi Consulenti del Lavoro sui dati delle

Comunicazioni Obbligatorie del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che fotografa il

fenomeno della cessazione volontaria del rapporto di lavoro per cause diverse dal pensionamento in

Italia, trasversale per categorie e settori merceologici oltre che per dislocazione geografica.

Le indicazioni più interessanti si rintracciano nelle caratteristiche anagrafiche e professionali dei

dimissionari: in maggior parte giovani (43,2% sul totale), a bassa scolarizzazione (54,4%) e residenti

al Nord (56,4%). Ma nel confronto tra i primi tre trimestri del 2019 con quelli del 2021 colpisce la

crescita ‒ in contro tendenza rispetto ai dati che indicano nella fascia dei lavori precari (52,9%), a

medio/bassa qualificazione e spesso part-time quella a più alto tasso d’incidenza ‒ dei numeri relativi

alle dimissioni tra gli adulti, i laureati e tra chi svolge una professione qualificata. Se la media generale

di chi lascia la propria occupazione cresce del 13,8% nel 2021 sul 2019, quella che riguarda i

lavoratori tra i 45 e i 55 anni e gli over 55 sale rispettivamente al 17 e al 21,5%; segnano un +17,7%

i dimissionari laureati rispetto al 12,9% dei diplomati mentre, guardando al profilo professionale, si

evidenzia un tasso di crescita più consistente ai vertici e alla base della piramide professionale

(rispettivamente +22% e +23% rispetto al 2019). La fotografia del fenomeno non risparmia l’analisi

settoriale che vede il comparto dei servizi come protagonista con il 69,4% dei dimissionari, in una

proporzione coerente alla distribuzione degli occupati, per lo più nel commercio all’ingrosso (13,4%),

nelle attività di alloggio e ristorazione (12,6%) e nella sanità (7,1%), comparto, quest’ultimo, dove la

scelta sembra imputabile alla crescita della domanda dovuta all’emergenza o a fenomeni di burn out

lavorativo. Particolare il caso del settore delle costruzioni che contribuisce al totale delle cessazioni

volontarie con il 9,7%: la ripresa del mercato e le crescenti difficoltà di reclutamento di nuove

professionalità in questo settore fanno impennare al 47,1% la variazione percentuale rispetto allo

stesso periodo del 2019.

«Il fenomeno delle dimissioni volontarie non è nuovo per la realtà italiana ma lo è il suo incremento

– afferma Rosario De Luca, Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro ‒. Ne capiremo

solo nei prossimi mesi la vera portata, soprattutto rispetto alle motivazioni, visto che non è possibile

stimare all’interno della quota di lavoratori dimessi e non rioccupati quanti potrebbero aver deciso di

avviare un’attività in proprio, essersi occupati irregolarmente o più semplicemente aver deciso di

smettere di lavorare. Ancora una volta emerge, tra l’altro, che le maggiori opportunità di

rioccupazione riguardano quei profili tecnici e specializzati dove è più alto il divario domanda/offerta,

mentre i più penalizzati nella ricollocazione successiva sono i lavoratori a basso tasso di formazione

e occupazione. È urgente investire su queste direttrici per adeguare le competenze alla nuova realtà

che ci troviamo a vivere nel post-pandemia», conclude De Luca

Leggi l’indagine

Guarda l’infografica

© Riproduzione riservata

Iscriviti alla newsletter!Ricevi gli aggiornamenti settimanali delle notizie più importanti tra cui: articoli, video, eventi, corsi di formazione e libri inerenti la tua professione.

ISCRIVITI

Altre Notizie della sezione

Sciopero generale del 29 novembre 2024

Sciopero generale del 29 novembre 2024

26 Novembre 2024

La protesta proclamata da Cgil e Uil contro la manovra per il 29 novembre riguarderà tutti i settori pubblici e privati dalla sanità alla scuola ad esclusione del trasporto ferroviario e trasporto merci su rotaia.

Archivio sezione

Commenti


×

Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie.