Dimissioni volontarie: senza un paracadute quasi un lavoratore su due
Quasi 500mila i lavoratori che nel 2021 sono rimasti senza un contratto dopo aver lasciato il posto. L’indagine realizzata da Fondazione Studi Consulenti del Lavoro fotografa il fenomeno
In evidenza
in crescita soprattutto tra dipendenti over 55, laureati e professioni a elevata specializzazione
Dimissioni volontarie anche senza il paracadute di un nuovo contratto.
Nel novero del milione e 81 mila lavoratori italiani che nei primi nove mesi dello scorso anno ha
lasciato di propria iniziativa il posto di lavoro, quasi uno su due non risulta tra i nuovi assunti alla
fine del III trimestre 2021. A rivelarlo è l’indagine “Le dimissioni in Italia tra crisi, ripresa e nuovo
approccio al lavoro”, realizzata da Fondazione Studi Consulenti del Lavoro sui dati delle
Comunicazioni Obbligatorie del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che fotografa il
fenomeno della cessazione volontaria del rapporto di lavoro per cause diverse dal pensionamento in
Italia, trasversale per categorie e settori merceologici oltre che per dislocazione geografica.
Le indicazioni più interessanti si rintracciano nelle caratteristiche anagrafiche e professionali dei
dimissionari: in maggior parte giovani (43,2% sul totale), a bassa scolarizzazione (54,4%) e residenti
al Nord (56,4%). Ma nel confronto tra i primi tre trimestri del 2019 con quelli del 2021 colpisce la
crescita ‒ in contro tendenza rispetto ai dati che indicano nella fascia dei lavori precari (52,9%), a
medio/bassa qualificazione e spesso part-time quella a più alto tasso d’incidenza ‒ dei numeri relativi
alle dimissioni tra gli adulti, i laureati e tra chi svolge una professione qualificata. Se la media generale
di chi lascia la propria occupazione cresce del 13,8% nel 2021 sul 2019, quella che riguarda i
lavoratori tra i 45 e i 55 anni e gli over 55 sale rispettivamente al 17 e al 21,5%; segnano un +17,7%
i dimissionari laureati rispetto al 12,9% dei diplomati mentre, guardando al profilo professionale, si
evidenzia un tasso di crescita più consistente ai vertici e alla base della piramide professionale
(rispettivamente +22% e +23% rispetto al 2019). La fotografia del fenomeno non risparmia l’analisi
settoriale che vede il comparto dei servizi come protagonista con il 69,4% dei dimissionari, in una
proporzione coerente alla distribuzione degli occupati, per lo più nel commercio all’ingrosso (13,4%),
nelle attività di alloggio e ristorazione (12,6%) e nella sanità (7,1%), comparto, quest’ultimo, dove la
scelta sembra imputabile alla crescita della domanda dovuta all’emergenza o a fenomeni di burn out
lavorativo. Particolare il caso del settore delle costruzioni che contribuisce al totale delle cessazioni
volontarie con il 9,7%: la ripresa del mercato e le crescenti difficoltà di reclutamento di nuove
professionalità in questo settore fanno impennare al 47,1% la variazione percentuale rispetto allo
stesso periodo del 2019.
«Il fenomeno delle dimissioni volontarie non è nuovo per la realtà italiana ma lo è il suo incremento
– afferma Rosario De Luca, Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro ‒. Ne capiremo
solo nei prossimi mesi la vera portata, soprattutto rispetto alle motivazioni, visto che non è possibile
stimare all’interno della quota di lavoratori dimessi e non rioccupati quanti potrebbero aver deciso di
avviare un’attività in proprio, essersi occupati irregolarmente o più semplicemente aver deciso di
smettere di lavorare. Ancora una volta emerge, tra l’altro, che le maggiori opportunità di
rioccupazione riguardano quei profili tecnici e specializzati dove è più alto il divario domanda/offerta,
mentre i più penalizzati nella ricollocazione successiva sono i lavoratori a basso tasso di formazione
e occupazione. È urgente investire su queste direttrici per adeguare le competenze alla nuova realtà
che ci troviamo a vivere nel post-pandemia», conclude De Luca
Altre Notizie della sezione
Sciopero generale del 29 novembre 2024
26 Novembre 2024La protesta proclamata da Cgil e Uil contro la manovra per il 29 novembre riguarderà tutti i settori pubblici e privati dalla sanità alla scuola ad esclusione del trasporto ferroviario e trasporto merci su rotaia.
Nella manovra, emendamento per retribuzione di specializzandi non medici.
25 Novembre 2024L’emendamento prevede un trattamento economico annuale di almeno 22.700 lordi di base, più una parte variabile, per gli specializzandi di area sanitaria.
Pronta la guida per l’efficienza energetica degli uffici
22 Novembre 2024Da Enea e Assoimmobiliare; rivolta anche ai professionisti.