Il cerchio magico: dalla ripartizione alla capitalizzazione
Il sistema pensionistico è un meccanismo redistributivo che trasferisce risorse prodotte dalla popolazione attiva.
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Agli inizi, in Italia, il sistema di finanziamento delle pensioni era a capitalizzazione.
Poi l’inflazione bellica e postbellica ridusse il valore delle riserve e iniziò un sistema misto per approdare, nel 1970, al sistema a ripartizione con calcolo retributivo delle pensioni.
Nel sistema a capitalizzazione i contributi che ogni lavoratore versa nel periodo di attività sono investiti sul mercato dei capitali.
Il sistema pensionistico a capitalizzazione garantisce un rendimento pari al tasso di rendimento ottenuto sul mercato dei capitali.
Nel sistema a ripartizione, invece, i contributi riscossi annualmente sono destinati al finanziamento delle prestazioni erogate nello stesso periodo. Non si accumulano riserve e il sistema si fonda sul patto intergenerazionale garantito dallo Stato.
Il rendimento è legato al tasso di crescita dell’occupazione e della produttività.
In mezzo a questi due sistemi, ripartizione e capitalizzazione, ci stanno le Casse di previdenza dei professionisti che sono regolate dal sistema di finanziamento a ripartizione con accumulo di riserve investite sui mercati finanziari ma senza la garanzia finale dello Stato.
La maggior parte della Casse di previdenza dei professionisti, nate con questo sistema di finanziamento ibrido e prive della garanzia finale dello Stato, sono transitate dal sistema di calcolo retributivo della pensione a quello contributivo.
Ma non bisogna confondere il sistema di finanziamento a capitalizzazione con il calcolo contributivo della pensione.
Nei sistemi pensionistici retributivi, i benefici previdenziali sono tipicamente fissati in percentuale sul reddito del lavoratore in funzione del numero di anni di contributi versati e dell’età di pensionamento.
Il sistema retributivo, dal punto di vista previdenziale, è più favorevole per il pensionato perché gli garantisce una percentuale del reddito che percepiva da lavoratore attivo.
Nel sistema di calcolo contributivo, invece, è il livello dei contributi ad essere fissato, mentre i benefici previdenziali possono variare, in funzione dell’ammontare dei contributi accumulati durante la vita lavorativa e del rendimento ottenuto pari alla media mobile quinquennale del tasso di crescita del PIL.
Nel sistema contributivo, voglio dire, e qui sta la grande differenza con il sistema di finanziamento a capitalizzazione, i contributi versati non sono in realtà investiti nel mercato dei capitali, ma solo figuratamente in fondi nozionali, e il rendimento che essi ottengono è determinato per legge e corrisponde al tasso di crescita dell’economia.
Nel sistema di finanziamento a capitalizzazione, invece, i contributi versati dai lavoratori nel loro periodo di attività sono investiti nel mercato dei capitali, sia direttamente attraverso dei fondi pensione individuali, oppure attraverso dei fondi pensione collettivi.
La stortura del sistema ibrido di finanziamento delle Casse dei professionisti che hanno esercitato l’opzione al sistema di calcolo contributivo della pensione rispetto all’originario sistema retributivo, è proprio questa e cioè che la massa dei contributi in entrata viene investita sul mercato dei capitali mentre le pensioni sono calcolate non già tenendo conto del rendimento conseguito sul mercato dei capitali ma di quello fisso predeterminato dai regolamenti che può essere maggiore o minore a seconda appunto dello andamento dei mercati finanziari.
La situazione per tutte le Casse si sta enormemente complicando per via degli aspetti demografici e reddituali delle varie categorie.
«Nel complesso il saldo previdenziale complessivo, pur rimanendo ampiamente positivo, ha registrato unacontrazione di 3,3 miliardi di euro. Ad eccezione di tre casse, nel 2020 il saldo previdenziale ha fatto registrare un peggioramento per tutti gli enti, che in alcuni casi risulta particolarmente pronunciato (in un caso è rimasto invariato). Rispetto al 2019 il numero di enti che hanno fatto segnare un saldo per contributi e prestazioni negativo è passato da due a cinque: ad Inpgi (ex d.lgs. 509/1994) e CIPAG, si sono infatti aggiunti Enpacl, Fondazione Enpaia e Cassa notariato. Tale risultato è da ascrivere anche alle misure straordinarie varate da diverse Casse a sostegno dei propri iscritti e pensionati. Se da una parte tali provvidenze hanno rappresentato un indubbio supporto agli iscritti per fronteggiare le conseguenze della fase più acuta della pandemia, dall’altro costituiscono un oggettivo aggravio per le passività degli enti».
Si sta andando verso l’insufficienza dei contributi per il pagamento delle pensioni (saldo previdenziale negativo) dovendo ricorrere sempre più prima al rendimento del patrimonio accumulato e poi all’utilizzo delle stesse riserve.
Quanto nello specifico a Cassa Forense in un’ottica di sostenibilità del sistema, la piramide per età degli iscritti segnala, allo stato attuale, la presenza di un’ampia platea di professionisti più giovani e in attività su cui possono contare – in termini di versamenti contributivi – le classi d’età più avanzate, prossime all’accesso alla pensione o già pensionate Le criticità cominceranno, invece, a manifestarsi quando si avvicinerà alla pensione la classe d’età oggi compresa fra i 37 e i 57 anni, la quale dovrà confrontarsi con una minore consistenza di colleghi più giovani e, di conseguenza, con una disponibilità di risorse economiche condizionata da un diverso equilibrio finanziario rispetto a quello attuale. (Report Censis aprile 2022 pag. 33)
Assistiamo dunque ad una lenta ma strisciante evoluzione dal sistema a ripartizione con parziali riserve, a quello a capitalizzazione, tipico dei fondi pensione.
Ma i fondi pensione gestiscono la previdenza complementare che è volontaria e non obbligatoria, dispongono di una normativa di primordine, anche a livello europeo, e consentono all’iscritto ampia scelta sia del gestore che delle linee di investimento più adatte alla sue possibilità e sensibilità finanziaria.
Nulla di tutto ciò invece per il 1.700.000 di iscritti alle Casse di previdenza dei professionisti. Ricordo ancora una volta che le Casse di previdenza dei professionisti ad oggi, nonostante una legge impositiva del 2011, non dispongono ancora di una regolamentazione cogente in materia di investimenti perché l’attuale sistema “sregolato” va bene a tutti, vigilati e vigilanti e a tutto il variegato mondo che gira intorno, ma non credo agli iscritti, obbligati per legge ad esserlo!
Se la mia pensione dipende dai mercati finanziari, come ormai è universalmente riconosciuto anche in Adepp, allora a me compete la scelta sia del gestore che della linea di investimento.
Tertium non datur!
Multa paucis, come sempre.
da Diritto e Giustizia
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