SCIOPERO DEI MAGISTRATI VERSO IL FLOP ?
C’è chi teme che aderirà meno del 50%
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Oggi vogliamo porci due domande: come procedono le iniziative pubbliche dell’Anm in vista dello sciopero indetto per il 16 maggio contro la riforma del Csm, e quale percentuale di adesione sarebbe considerata un successo. Partiamo dalle informazioni disponibili. Il 30 aprile l’Assemblea generale dell’Anm ha approvato una mozione che prevede, tra l’altro, di organizzare prima del 16 manifestazioni, assemblee permanenti e incontri durante i quali dialogare con cittadini, avvocatura e amministratori locali per spiegare le criticità della riforma in discussione al Senato. Si prevede anche di predisporre «nel più breve tempo possibile, anche tramite le commissioni di studio, brevi schede informative che spieghino i punti rilevanti della riforma e le conseguenze dannose per i cittadini e la giurisdizione».
Abbiamo chiesto all’Anm una panoramica su cosa sia stato effettivamente concretizzato: la risposta è che tutto è affidato alle giunte locali. Abbiamo appreso solo di una assemblea pubblica che si terrà oggi nelle Marche aperta a tutti i cittadini oltre agli altri operatori della giustizia, in primis gli avvocati. È dunque complicato misurare l’intensità delle iniziative se persino a Roma non hanno il polso della situazione. E questo dovrebbe costituire un elemento di riflessione per la giunta nazionale in vista dello sciopero: come si fa a rivendicare la propria forza e compattezza associativa nei confronti di una riforma ritenuta punitiva per i magistrati se non si sa cosa accade sul territorio, considerando anche che solo l’ 11% degli iscritti all’Anm ha votato favorevolmente per l’astensione?
Sorge il dubbio che forse ci si è nascosti dietro le iniziative pubbliche, ma che in realtà l’unico obiettivo è fare pressione sul Parlamento, benché tale chiave di lettura sia stata smentita dal presidente Anm Giuseppe Santalucia. Anche perché, come ci hanno riferito diversi magistrati, è davvero complicato far passare all’opinione pubblica un messaggio alla base del quale ci sono tecnicismi normativi molto complessi. Cosi come è arduo organizzare eventi, visto che i magistrati sono spesso in udienza. Resta il fatto che a pochi giorni dalla data fatidica, si ha l’impressione di un impatto mediatico e pubblico modesto.
Se da questo punto di vista ci sono carenze, l’Anm dovrebbe dunque auspicare una massiccia adesione allo sciopero. Vediamo come è andata negli anni precedenti. Nel luglio 2010, quando le toghe scioperavano contro la manovra economica, la percentuale si attestò tra l’ 80 e l’ 85%, tanto che l’allora presidente dell’Anm Luca Palamara parlò entusiasta di “sciopero pienamente riuscito: la grande partecipazione dimostra la fondatezza delle ragioni della protesta contro disposizioni inique e irrazionali».
Nel 2004, all’astensione proclamata contro la riforma Castelli aderì il 90% delle toghe. Al vertice dell’Anm c’era Edmondo Bruti Liberati che commentò: “L’adesione è stata larghissima, il che vuol dire che i magistrati valutano negativamente questa riforma”. Quindi lunedì non si può andare sotto soglie del genere: eppure più di un magistrato, riservatamente, dice di temere che non si arrivi neppure al 50%. Chissà se Santalucia potrà cantare vittoria con lo stesso tono dei predecessori.
Nell’attesa, un confronto particolare è in corso nella commissione Giustizia di Palazzo Madama, che sulla riforma del Csm ha inserito fra gli auditi diversi esponenti della stessa Anm: da Santalucia all’ex vicepresidente Giancarlo Dominijanni all’ex segretario di “Mi” Antonello Racanelli, ai quali si contrappone l’avvocato della giunta Ucpi Rinaldo Romanelli. E intanto la guardasigilli Marta Cartabia ieri, all’inaugurazione della nuova sede della Scuola superiore della magistratura a Roma, ha quasi dato l’impressione di voler richiamare le toghe alla sfida dell’efficienza, implicita nella stessa riforma del Csm, quando ha sottolineato che «sarà indispensabile un’intensa attività di aggiornamento per tutti i magistrati in vista dell’entrata in vigore delle riforme».
Sempre ieri Cartabia ha rivolto un saluto ai componenti di uno dei gruppi di lavoro istituiti presso l’Ufficio legislativo del ministero per l’attuazione della riforma penale: «La fase attuativa di una delega è particolarmente rilevante», ha detto la ministra. Come previsto, si sono chiusi i lavori di 5 dei 6 gruppi istituiti a via Arenula, mentre finirà a giugno il compito della commissione sul penale telematico. Dopo una fase di coordinamento dei testi, il legislativo della Giustizia predisporrà la bozza di decreto.
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