Il Ballo dei bambini, una tradizione nata da un’indulgenza concessa da Urbano II nel 1095
Il diacono Franco Fernandi ha ripercorso la lunga storia del rito che si compie in Basilica ogni 25 marzo, giorno dell’Annunciazione
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«Il sicuro istinto delle mamme cristiane ha tradotto la fede nel gesto che da secoli chiamiamo “Ballo dei bambini”, ovvero portare i propri figli piccolini alla Vergine (attraverso i frati che alzano i pargoli con un movimento che sembra li facciano, appunto, ballare) perché in essi si compie la “predestinazione ad essere suoi figli”, poiché Ella è la madre naturale dei figli di Dio. Un’espressione di culto che ha caratterizzato il popolo piacentino e che ogni anno rinnova il suo omaggio alla Madonna di Campagna». Con queste parole Franco Fernandi ha concluso il suo appassionato e documentato intervento sull’antichissima tradizione che si compie in Santa Maria di Campagna, nell’incontro dei “Giovedì della Basilica” – rientrate nel programma di Celebrazioni dei 500 anni della Basilica, a cura della Comunità francescana e della Banca di Piacenza – che si è tenuto questa sera nella Biblioteca del Convento.
Un rito che parte dunque da molto lontano, dal Concilio di Piacenza del marzo 1095. Urbano II, prima di lasciare la città «concesse, tra le altre – ha spiegato il diacono permanente della Diocesi, presentato dal condirettore generale della Banca Pietro Coppelli -, una particolare indulgenza a tutte le donne che in dicta ecclesia S. Maria ex devotione primam missam audierint post partum. Indulgenza confermata nel 1316 dal vescovo Ugo II da Pillori e da Clemente VII nel 1529». Ma perché si compie il 25 marzo? «Nel Medioevo a Piacenza e in altre città italiane – ha ricordato il relatore – l’inizio del nuovo anno si celebrava proprio il 25 marzo, giorno dell’Annunciazione. Il grande afflusso dei piacentini nella primitiva chiesa di Campagnola era dovuto alla profonda venerazione per la Madre di Dio. Guardando quel Bimbo che la Madonna porta sul braccio, nasceva spontaneamente uno scambio tra madri: il Tuo amore per il mio. Questo scambio fu probabilmente l’inizio di quel ballo che nel tempo divenne offerta e donazione».
In occasione delle grandi feste – e il 25 marzo era una di queste – la statua della Madonna di Campagna veniva addobbata con preziose vesti, generalmente donate dalle donne delle nobili famiglie piacentine. La festa patronale in Santa Maria di Campagna coincideva anche con una grande fiera: una lunga fila di bancarelle partiva dal piazzale della Basilica e occupava tutta via Campagna: si trovavano i venditori di candele e dei caratteristici busslanei. «Un appuntamento importante – ha proseguito don Fernandi – tanto che Faustini nel 1901 gli dedicò una poesia». In anni più recenti, la Banca di Piacenza organizzava, nell’ambito della citata fiera, un concorso di pittura molto partecipato.
L’oratore da quindi proposto un amarcord – attraverso fotografie d’epoca e ritagli di giornale – degli ultimi 70 anni del “Ballo dei bambini”, con immagini dei periodi 1950, 1960, 1975, 1983, 1998 e degli anni 2000. Infine, sono stati ricordati i vescovi che più hanno amato questa tradizione di Santa Maria di Campagna: mons. Umberto Malchiodi e mons. Enrico Manfredini.
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