Csm, overbooking di candidati: la stanza dei bottoni fa gola
La corrente associativa di AreaDg non ha preso bene le auto candidature dei magistrati Luisa Savoia e Roberto Fontana, i quali non hanno scelto la via delle "primarie"...
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“Overbooking” di candidati alle prossime elezioni del 18 e 19 settembre per la componente togata del Consiglio superiore della magistratura. Chi pensava che lo scandalo abbattutosi sulla magistratura dopo il “Palamaragate” avesse inciso in qualche modo sulla voglia delle toghe di candidarsi al Csm, ha fatto male i conti.
Pur non essendo ancora scaduti i termini per presentare le candidature, il quadro che si sta delineando in questi giorni è quello di un “affollamento” di candidati mai visto prima, soprattutto per il collegio con sistema proporzionale, dove peraltro non si escludono candidature a sorpresa dell’ultima ora. Ma le sorprese non mancano anche nei quattro collegi binominali per i giudicanti e nei due, sempre binominali, per i requirenti.
Ad esempio, è di questo fine settimana la notizia clamorosa che, senza l’avallo della dirigenza nazionale, due toghe progressiste, la giudice Luisa Savoia ed il pm Roberto Fontana, entrambi in servizio al palazzo di giustizia di Milano, hanno deciso di candidarsi alle elezioni di settembre. Area, il gruppo progressista della magistratura, avrebbe dovuto decidere le candidature di tutti i collegi con il meccanismo delle primarie, in calendario il 7 e l’8 luglio prossimi. Primarie alle quali Savoia e Fontana hanno però deciso di non partecipare. Una fuga in avanti che non è stata accolta con piacere dal gruppo dirigente di Area, secondo cui «la rappresentanza consiliare non può essere affidata a chi fa i ‘capricci’ e punta i piedi, ma solo a chi accetta di essere designato mediante un metodo democratico di selezione interna».
La decisione delle due toghe, in particolare, “danneggia” la magistratura progressista milanese che da sempre ha espresso propri rappresentanti al Csm, caratterizzati da un “altissimo profilo” e «unanime gradimento, sia in ambito associativo che istituzionale». In altre parole, il comportamento dei due magistrati ha «reciso in partenza qualsiasi vincolo di fiducia che li lega(va) agli altri associati, facendo prevalere la propria ambizione ed il desiderio di affermazione elettorale». Parole molto dure che ben rappresentano il momento attuale.
L’auto candidatura delle due toghe milanesi è, infatti, un chiaro segnale di quanto potrà accadere da qui alle prossime settimane, quando appunto scadrà il termine per presentare le candidature. La scelta della giudice Savoia e del pm Fontana potrebbe essere replicata anche da magistrati appartenenti ad altri gruppi associativi, violando in qualche modo gli “ordini di scuderia”. La vicenda milanese si presta, allora, a diverse riflessioni.
La prima riguarda la minore capacità di incidere da parte dei vertici delle correnti. Se anche una corrente strutturata ed organizzata come Area fa fatica un minimo di disciplina interna, vuol dire che il vento è veramente cambiato dopo il Palamaragate. La seconda, invece, riguarda proprio il Csm.
L’organo di autogoverno della magistratura, nonostante tutti gli scandali recenti, è e rimane un posto ambitissimo fra i magistrati. Si consideri, tanto per dare qualche dato, che alle ultime elezioni per il suo rinnovo, quelle del 2018, la partecipazione dei votanti era stata di oltre il 90 percento. Si tratta di numeri altissimi che non hanno paragoni con qualsiasi altro tipo di elezione per i rappresentanti di categorie professionali.
Qualcuno potrà obiettare che il Csm è un organo di rilevanza costituzionale e difficilmente può essere paragonato ad un ordine professionale o ad una associazione di categoria. Però è sufficiente fare un confronto con quanto accaduto nelle ultime elezioni amministrative per comprendere quanto siano sentite le elezioni del Csm. Tralasciando il fortissimo astensionismo, i partiti hanno faticato non poco per trovare i candidati da sottoporre al giudizio degli elettori. In alcuni casi, si pensi all’elezione del sindaco di Milano, si è arrivati a rispolverare vecchie glorie come Gabriele Albertini. Nulla, comunque, al confronto con quanto accaduto a Roma, la capitale del Paese, dove il centrodestra è arrivato a candidare un illustre sconosciuto di cui, il giorno dopo le elezioni perse, si sono perse le tracce.
Da questa vigilia di campagna elettorale arriva, quindi, il messaggio che è grande la voglia di partecipare all’attività dell’organo di autogoverno da parte dei magistrati, dal momento che con sempre maggior forza esso andrà ad incidere nella loro vita professionale di tutti i giorni. Meglio esserci nella stanza dei bottoni.
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