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Riforme della giustizia, cinque proposte dei penalisti ai partiti

L’Unione delle Camere Penali Italiane nei prossimi giorni invierà ai leader dei partiti alcune proposte per una profonda, radicale riforma della giustizia penale e dell’Ordinamento Giudiziario.

Riforme della giustizia, cinque proposte dei penalisti ai partiti

Si tratta di riforme indispensabili per l’affermazione di una idea liberale e conforme a Costituzione della Giustizia penale, che auspichiamo possano entrare a pieno titolo, in tutto o anche solo in parte, nei concreti impegni programmatici che ciascuna formazione politica sta per assumere con il corpo elettorale.

L’elenco sarebbe in realtà assai nutrito, ma in questa fase occorre circoscrivere questa indicazione alle riforme davvero cruciali ed irrinunciabili. Le proposte articolate saranno inviate nei prossimi giorni, ma è utile anticipare sinteticamente cinque punti programmatici:

  1. Separazione delle carriere, organi di governo distinti e separati tra magistratura inquirente e magistratura giudicante, per dare finalmente esecuzione al comando costituzionale della terzietà del giudice con un pm autonomo e indipendente dal potere politico.
  2. Separazione dei poteri, no ai magistrati fuori ruolo distaccati presso l’esecutivo, ed in particolare presso il ministero della giustizia, in nome del ripristino del fondamentale principio democratico della separazione tra poteri dello stato. Il Ministero della giustizia viene di fatto controllato o comunque fortemente condizionato dai magistrati che orientano le scelte dell’esecutivo in materia di attività legislativa e amministrativa, con evidente alterazione delle normali dinamiche istituzionali tra i poteri dello Stato.
  3. Radicali interventi di riforma contro la durata irragionevole dei processi penali, ed in particolare: drastico potenziamento delle piante organiche dei magistrati e del personale amministrativo negli uffici giudiziari; forte incentivazione dei riti alternativi al dibattimento; recupero dell’istituto della prescrizione dei reati (e non del processo) quale indispensabile rimedio alla incivile gogna del “fine processo mai”.
  4. Reintroduzione del divieto di appello del pubblico ministero contro le sentenze di assoluzione, incompatibile del fondamentale principio per il quale la sentenza di condanna è legittima solo se “al di là di ogni ragionevole dubbio”. È necessario ribadire e rafforzare il ruolo dell’appello quale imprescindibile prerogativa a disposizione dell’imputato affinché gli sia garantito il diritto ad ottenere una nuova valutazione, nel merito, della vicenda processuale che ha determinato la sua condanna per scongiurare gli ormai sempre più frequenti casi di errore giudiziario.
  5. Rilancio della riforma dell’ordinamento penitenziario del 2017. I principi costituzionali impongono che sia finalmente abbandonata l’idea carcerocentrica della sanzione penale e le ostatività. Il carcere deve essere l’extrema ratio in cui siano garantite condizioni per il recupero del condannato. La custodia cautelare in carcere non può che assumere la dimensione di misura residuale, dovendosene limitare il ricorso solo alle ipotesi di gravi reati e per esigenze di cautela che non possono essere affrontate con altre modalità.
  6. I penalisti italiani auspicano che la campagna elettorale possa costituire la decisiva occasione per un chiaro e franco confronto tra le forze politiche in competizione, in modo che gli elettori possano scegliere anche sulla base di chiare indicazioni sulle idee di fondo e sulle strategie programmatiche di riforma della Giustizia.

 

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