Csm, con le nuove regole penalizzati i curricula migliori
Introdotti dei “paletti” per stabilizzare i magistrati nei ruoli direttivi.
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La legge di riforma dell’ordinamento giudiziario, recentemente approvata dal Parlamento, è sicuramente destinata a cambiare in profondità le modalità di attribuzione degli incarichi direttivi e semi-direttivi da parte del Consiglio superiore della magistratura. Dopo gli scandali degli ultimi anni, l’obiettivo primario della riforma è quello di voltare pagina ed evitare che le nomine possano ancora essere condizionate da logiche di appartenenza “correntizia”. Come più volte ricordato dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia, in futuro dovrà essere valorizzato il merito dei magistrati, garantendo trasparenza nelle scelte del Csm.
Il Dubbio ha già raccontato nelle scorse settimane le modifiche delle procedure necessarie alla valutazione della professionalità dei magistrati e della previsione di un fascicolo necessario non solo per valutare il magistrato e le sue capacità, ma anche quando lo stesso debba essere assegnato a funzioni di direzione. È degno di nota a tal riguardo il coinvolgimento dell’avvocatura, con la possibilità per i componenti laici dei Consigli giudiziari di partecipare alla discussione finalizzata alla formulazione dei pareri proprio per la valutazione di professionalità dei magistrati.
Le modifiche che interessano direttamente le toghe, invece, attengono soprattutto alla disciplina del termine di legittimazione per poter presentare domanda. Una novità che ha reso subito necessario cambiare i bandi concorsuali da parte del Csm, con la riapertura dei termini per la presentazione delle domande. L’effetto delle modifiche introdotte è stato quello di determinare un significativo restringimento della platea dei candidati alle funzioni dirigenziali più significative esistenti nella magistratura e quindi, come sottolineato dal presidente della Commissione per gli incarichi direttivi, il togato Antonio D’Amato, «con il rischio di un depauperamento per la magistratura nel suo complesso».
Incarichi direttivi e semi-direttivi al Csm, cosa dice la legge
La legge numero 71 del 2022 ha, infatti, introdotto dei “paletti” finalizzati ad assicurare una tendenziale stabilizzazione dei magistrati cui sia stato conferito un incarico dirigenziale, prevedendo un termine minimo di permanenza nell’ufficio di provenienza. Per poter aspirare all’incarico di procuratore generale o di procuratore generale aggiunto in Cassazione, ad esempio, bisognerà aver già svolto almeno 4 anni nel precedente incarico e garantirne altri 4 prima della pensione.
Con questi disposizioni, quindi, non sarebbe potuta essere nominata l’attuale pg di Milano e tanti altri magistrati oggi in posizioni apicali. «La mobilità dei dirigenti si giustifica non solo in un’ottica di salvaguardia della legittima aspirazione del magistrato alla progressione nella carriera ma anche, in un’ottica più complessiva, di salvaguardia della professionalità e delle capacità dei dirigenti degli uffici giudiziari», ha ricordato D’Amato. In altre parole, l’attitudine direttiva del magistrato è destinata ad arricchirsi notevolmente anche grazie alle pregresse esperienze direttive e semi-direttive.
Penalizzati i curricula migliori
Una riprova se ne ha, infatti, nella normativa secondaria del Csm con la quale, nel determinare norme di “autovincolo” per la scelta del dirigente dotato di maggiore attitudine, l’organo di governo autonomo ha inteso valorizzare, tra gli indicatori specifici, proprio quelli che si richiamano alle pregresse esperienze direttive e semi-direttive da parte dal candidato ed ai risultati conseguiti nello svolgimento delle predette funzioni. «L’effetto sarà puntualizza D’Amato – quello di precludere, di fatto, l’accesso alle più alte funzioni dirigenziali della magistratura ai candidati che, proprio in virtù dei molteplici incarichi progressivamente assunti nel tempo, in particolare negli ultimi anni della propria esperienza professionale, presentino il profilo curricolare più adeguato, facendo così venire meno, per le funzioni più elevate, l’apporto di quei magistrati i quali, per anzianità e per pregressi incarichi svolti, risultino più adatti e qualificati per le funzioni dirigenziali che si sono rese vacanti».
In occasione dell’approvazione del parere del Csm sulla riforma dell’ordinamento giudiziario era stato presentato sul punto un emendamento, poi non approvato, che intendeva mettere in risalto queste criticità, invitando il legislatore ad adottare una normativa che consentisse, quanto meno in un’ottica intertemporale, di scongiurare tali rischi. In questo allungamento generalizzato, un termine è però diminuito: per accedere alle funzioni di consigliere di Cassazione e di sostituto procuratore saranno richiesti da ora in avanti solo 10 anni, e non più 16, di esercizio effettivo delle funzioni di merito.
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