Lessico elettorale e povertà politica, tra leva e devianza
Meloni definisce “devianze” alcune patologie gravi e propone lo sport come cura. Per arginare le ribellioni giovanili, Salvini rilancia invece la leva militare obbligatoria: così, la classe politica dimostra di ignorare le reali condizioni di malessere di molti italiani
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Ci siamo lasciati qualche settimana fa con alcune riflessioni sulle battute di cattivo gusto fatte al Ministro Brunetta e al Presidente Toti e ci ritroviamo, non a caso dopo solo qualche settimana, a riflettere su certe affermazioni indecenti rilasciate in queste ore dai nostri “amati” personaggi politici.
Infatti, in un post pubblicato su Facebook, lo staff che cura la comunicazione dell’On. Giorgia Meloni definisce “devianze” alcune patologie gravi con cui ci confrontiamo tutti i giorni e, non paghi del grave errore concettuale, sottolinea come lo sport e la cultura possano aiutare tali comportamenti anomali. Nelle stesse ore l’On. Salvini propone la leva militare obbligatoria sostenendo la tesi che un periodo di tempo dedicato allo “Stato” potrebbe essere un buon deterrente ai comportamenti antisociali dei nostri ragazzi. Sul versante politico opposto si leggono desolanti risposte con affermazioni antitetiche ma molto coerenti con i toni e con i temi.
Per chi fa il mio lavoro scontrandosi tutti i giorni con le inadempienze del sistema, con i gravi disagi che si annidano nel ventre di molte famiglie italiane, tale lessico fa rabbrividire.
C’è da indignarsi per almeno due gravissimi motivi.
Il primo è perché certe affermazioni sono un segno inequivoco che la nostra classe politica versa in uno stato di grave ignoranza sulle reali condizioni di malessere nelle quali vivono molti italiani.
La seconda è che un certo modo di dibattere sul disagio psichico nasconde un nauseabondo e strisciante retropensiero che sostiene che dietro il malessere dei giovani ci sia una sorta di capriccio o di ostinata ribellione che va corretta con un piglio educativo di stampo fascistoide.
Immaginare che il nostro paese sia in predicato di essere guidato da una classe politica che usa determinate parole, che nascondono determinati pensieri e che sono il frutto di una specifica cultura fa semplicemente inorridire. C’è da tremare al sol pensiero di essere governati da una classe politica che non ha nessunissima competenza umana e culturale nel comprendere certi fenomeni.
Mi domando quali speranze posso nutrire da medico, psichiatra e terapeuta di curare o impegnarmi per tale obiettivo in un paese dove si annida questa cultura della brutale squalifica del malessere. Quali battaglie proporre per migliorare procedure, ricerca, assistenza se i miei interlocutori sono schermati da cosi grevi pregiudizi. Ma ancora peggio perché mai impegnarsi a recuperare le vite delle persone per poi immetterle in un sistema socio-culturale cosi arretrato?
D’altronde non si giustificherebbe altrimenti lo smembramento sistematico del servizio sanitario nazionale, il disinvestimento totale sulle tematiche relative alla salute mentale, la quasi totale scomparsa di una vera cultura di prevenzione.
Se aumentano i suicidi, l’utilizzo di sostanze stupefacenti o l’utilizzo di psicofarmaci non sarà forse colpa del poco sport praticato o della scarsa educazione impartita nelle scuole?
Probabilmente non è ancora chiaro, oppure qualcuno fa finta di non capire e vedere, che in Italia siamo arrivati al minimo storico in termini di qualità della vita e di malessere psicosociale. Quali altri segnali ci dovrebbero essere per destare la giusta attenzione della nostra classe politica? Mi domando se dietro certe aberranti affermazioni ci sia colpa o dolo, ignoranza o la strategia di garantire un certo malessere sociale che, come insegna Foucault, è sempre l’alibi per esercitare un potere sui popoli. Che sia l’una o l’altra ipotesi ad essere plausibile siamo davvero messi male.
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