Nel Lazio mancano 40mila ingegneri, a rischio i progetti del Pnrr
I dati emergono da un monitoraggio di Unioncamere sul mercato del lavoro. La possibilità di fare carriera non aiuta. Molto ambìti anche i tecnici: assemblatori e collaudatori
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Per centrare gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) nel Lazio servono almeno altri 40 mila ingegneri. Recenti dati di Excelsior, il sistema informativo dell’Unione delle Camere di commercio incaricato di fornire previsioni sull’andamento del mercato del lavoro, indicano che tra giugno e agosto su 120 mila posizioni libere ne è rimasta scoperta una su tre.
Il problema della manodopera specializzata quindi si allarga dopo le lamentele di albergatori e ristoratori che non trovano camerieri e cuochi. A confermarlo l’ultimo studio di Manpower Italia, il ramo dell’omonimo gruppo internazionale che dal 1994 fa incontrare domanda e offerta di lavoro. Nei primi sei mesi del 2022 i profili più cercati dalle imprese capitoline sono stati gli ingegneri energetici e civili. Figure il cui fabbisogno è destinato ad aumentare nei prossimi dieci anni. In particolare si prevede un +8,1% per la divisione ricerca e sviluppo e un +5,9% per quella gestionale. La crescita nel comparto elettronico e meccanico invece è data rispettivamente attorno al 5,5 e al 4%.
Molto ambìti anche i tecnici: ne servirebbero almeno il 2,4% in più per organizzare, controllare e garantire l’efficienza, il corretto funzionamento e la sicurezza dei processi di produzione e la verifica della qualità. «Sul territorio non si trovano assemblatori, collaudatori ed escavatoristi muniti di patentino – afferma Francesco Clerissi, manager regionale di Manpower Italia –. Le condizioni proposte assicurano l’inserimento diretto in ufficio e un ingegnere ha ampie opportunità di carriera e può ambire a ruoli manageriali. Qui diventato determinanti le soft skills: flessibilità, disponibilità e capacità di relazione sono importanti tanto quanto la conoscenza di un software di simulazione dinamica».
Il problema delle assunzioni di manodopera specializzata affonda le sue radici nel crollo di iscrizioni negli istituti tecnici superiori. Il risultato è la presenza sul mercato di professionisti più che qualificati ma in settori non strategici o comunque con formazione non allineata ai bisogni dei datori di lavoro.
A darne prova Brain at Work, la piattaforma romana con sede in zona Pietralata che contribuisce a colmare il divario tra ditte e università. «Nell’edilizia, nell’agricoltura e nei servizi alla persona sopravvive la cultura del tempo parziale e dei contratti ai limiti di legge. Non ci si fida del tutto del dipendente che, a sua volta, si sente demotivato più dal contesto che dalla bassa remunerazione – spiega il direttore scientifico di Brain at Work Giancarlo Tanucci –. I giovani poi sono sfiduciati perché i loro impieghi non vengono percepiti come eccitanti. Tanto che, anche chi viene inserito con buone condizioni, prima o poi alla fine molla il posto. Una soluzione potrebbe essere lo smart working se i manager sapessero come utilizzarlo al meglio».
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