Per chiudere i balconi occorrono i permessi?
Ecco quando non è necessario alcun atto abilitativo e quando invece occorre munirsi del permesso di costruire o provvedere alla segnalazione certificata d’inizio attività
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Il Regolamento edilizio tipo adottato il 20 ottobre 2016 definisce la veranda come “locale o spazio coperto avente le caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili”.
Vi sono vari modi nei quali è realizzabile la chiusura di balconi, verande o portici. Qualora le coperture siano realizzate con strutture precarie (ad esempio teloni), necessarie al fine della difesa dagli agenti atmosferici e per esigenze temporalmente definite si ricade nell’ipotesi delle tettoie precarie.
Con questo articolo estratto dal volume Gli abusi edilizi di Emanuele Montini, edito da Maggioli Editore, andiamo meglio nel dettaglio e analizziamo cosa prevede la Giurisprudenza.
La chiusura può avvenire anche con modalità tali da far ritenere che essa costituisca un’opera che necessiti di una semplice segnalazione certificata d’inizio attività. L’avvocatura del comune di Roma con nota del 19/1/1988 n. 28527 affermò che un’interpretazione che facesse ricomprendere la chiusura di balconi all’interno della categoria degli interventi di cui all’art. 31 lett. c) l. 457/78 (ora art. 3 lett. c) del d.P.R. 380/2001) fosse più corrispondente allo spirito della norma almeno nei casi in cui in questo modo si realizzasse una mera funzione protettiva dagli agenti esterni, secondo un orientamento già espresso dalla giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. pen., sez. III, sent. n. 300 del 14/2/1983).
Nella nota suddetta viene affermato che: ‘‘la realizzazione di manufatti che modifichino o amplino la sagoma dell’edificio (ad esempio la copertura e chiusura di terrazze o di balconi sporgenti rispetto alla sagoma dell’edificio) dovrebbe ritenersi soggetta a concessione; sono invece da ritenersi interventi di restauro o risanamento conservativo (art. 31 lett. c) della legge 457/78) la chiusura con materiali trasparenti e mai in muratura, di spazi già inglobati nella struttura dell’edificio (ad esempio la installazione di vetrate a filo delle mura perimetrali su balconi coperti rientranti rispetto alla sagoma dell’edificio)… In altri termini il criterio informatore da seguire si basa su due elementi: 1) l’uso di certi materiali (vetro e intelaiature di metallo); 2) l’intervento non deve incidere sulla sagoma dell’edificio, altrimenti deve ritenersi soggetto a concessione, ma deve essere diretto al miglior godimento di spazi inglobati nella sagoma dell’edificio svolgendo la funzione di riparo dalle intemperie’’.
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Tale impostazione è stata ufficializzata dal Dipartimento edilizie private del comune di Roma ed applicata con riferimento al procedimento per denuncia inizio attività ed ha avuto un suo primo riscontro giurisdizionale nel caso di un portico chiuso da un’unica struttura in vetro ed alluminio che viene fissata alla preesistente parete in muratura con degli stop (Pretura di Roma del 26/6/1992, Minelli).
Tuttavia va notato come non vi sia ancora un indirizzo giurisprudenziale univoco su tale materia e vi siano pronunce che affermano che ogni qual volta la chiusura del balcone serva a creare un ambiente nuovo, tale intervento sia subordinato al rilascio della concessione edilizia (ora permesso di costruire), a nulla rilevando l’eventuale presenza di chiusure laterali dovute a mura perimetrali e di coperture superiori dovute al solaio del soprastante appartamento (vedi Cass. pen., 19/4/1989, Bindi; T.A.R. Campania, Napoli 10/4/2017, n. 1921; T.A.R. Lombardia, Milano, 18/4/2017, n. 889).
Nel caso delle coperture precarie, sotto il profilo costruttivo ma soprattutto temporale, queste, non costituendo una trasformazione edilizia permanente, non necessitano di alcun atto abilitativo per essere realizzate.
In tutte le altre ipotesi occorrerà munirsi del permesso di costruire o provvedere alla segnalazione certificata d’inizio attività qualora, a livello locale e per particolari fattispecie di chiusura balconi, questo sia il procedimento richiesto (vedi il caso Roma). Inoltre può accadere che una legislazione regionale speciale annoveri le opere de quibus fra quelle liberamente realizzabili senza atti abilitativi, a condizione che la chiusura del balcone sia realizzata con strutture precarie, e superando tutti i dubbi di costituzionalità che una tale norma può suscitare riguardo alla riserva di legge in materia penale.
È il caso della regione Sicilia la quale ha legiferato in tal senso attraverso l’articolo 9 della l.r. 10/8/1985, n. 37. Si tratta, in quest’ultimo caso, di chiusure effettuate in alluminio anodizzato e vetro (T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, n. 124 del 27/1/1989) o in vetro e ferro (Cons. giust. amm. sic., sez. riun., n. 716 del 17/1/1995).
In caso di chiusura temporalmente precaria, anche in area vincolata, non è irrogabile alcuna sanzione, come si è visto nel caso della tettoia precaria.
In caso di chiusura riconducibile ad opera di risanamento conservativo, con le difficoltà, già riferite, che incontrerebbe a livello giurisdizionale una tale impostazione, la mancanza del titolo comporterebbe l’applicazione della sanzione amministrativa prevista dall’art. 37 del d.P.R. n. 380/2001. Ben più pesante, ovviamente, è la sanzione penale per i casi di opera realizzata senza permesso di costruire, prevista dall’art. 44 del d.P.R. n. 380/2001.
In caso di realizzazione o modifica di balconi o terrazze, nonché chiusura di terrazze o di balconi già chiusi su tre lati mediante installazione di infissi, sarà sufficiente ottenere l’autorizzazione paesaggistica semplificata di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 68 del 22/3/2017. Nel caso in cui, invece, gli immobili siano soggetti a tutela ai sensi dell’articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c) del Codice, dei beni culturali e del paesaggio, si dovrà ottenere l’autorizzazione ordinaria.
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