Decennale della Camera Civile di Piacenza
Avvocati a confronto sul futuro della professione
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Piacenza capitale della giustizia civile con il primo incontro a Palazzo Galli della rassegna su “Giustizia e legalità, coraggio e innovazione”, dedicata al futuro della professione forense, dentro e fuori le aule di tribunale
Piacenza capitale della giustizia civile con il primo incontro a Palazzo Galli della rassegna su “Giustizia e legalità, coraggio e innovazione”, dedicata al futuro della professione forense, dentro e fuori le aule di tribunale. “Avvocatura o avvocature? Funzione giurisdizionale e non dell’avvocato” il titolo da cui sono partiti i relatori (Giovanni Giuffrida, presidente dell’Ordine degli avvocati di Piacenza, Antonio de Notaristefani di Vastogirardi, presidente dell’Unione nazionale delle Camere Civili e Giovanni Berti Arnoldi Veli, membro del Consiglio nazionale forense), per analizzare opportunità e frontiere di una professione che conta in Italia 244 mila iscritti all’albo, in occasione del decennale dalla fondazione della Camera Civile di Piacenza. Moderati dal presidente di quest’ultima, Claudio Tagliaferri, che ha ricordato l’impegno della Camera piacentina sin dagli esordi nella formazione specialistica “attraverso l’organizzazione di cento eventi in dieci anni”, ma anche “l’impegno di solidarietà durante la pandemia”. Un confronto vero, appassionato tra i relatori di fronte a una folta platea di addetti ai lavori, e non solo, aperto dall’augurio di buon lavoro e di “auguri” per il decennale di Pietro Coppelli, Condirettore generale della Banca di Piacenza che ha concesso in uso la Sala dei Depositanti (Palabanca Eventi) e dai saluti di Marco Perini, vicesindaco di Piacenza.
Il dibattito
Tra i relatori è Giuffrida il primo a snocciolare i numeri di una crisi che induce a guardare oltre il tradizionale lavoro nelle aule di tribunale, oltre dunque alla funzione giurisdizionale: «L’ultimo rapporto Eurispes ci dice che il 66% degli italiani non hanno fiducia nel sistema giudiziario. E che addirittura il 70% degli avvocati definisce la propria professione come al di sotto delle aspettative, mentre il 30% sconsiglierebbe oggi di studiare legge». Per questo – ha osservato – occorre captare nuove opportunità di lavoro e declinazioni della professione. Da qui, un impegno maggiore sul fronte della formazione “per affrontare al meglio i ruoli richiesti all’avvocato al di fuori della giurisdizione”. «C’è una tendenza del legislatore a propendere verso un’idea di “giustizia contrattualizzata” che esige un’alternatività all’aula di giustizia» ha detto Giuffrida, perché «è sempre più un’esigenza del cittadino quella di avere risposte rapide».
Da quella di amministratore di sostegno al mediatore, dal conciliatore al delegato alla vendita, alle nuove figure di facilitatore e problem solver in cui evolve la professione legale non convincono, però, il presidente nazionale UNCC, de Notaristefani: «Penso che quella giurisdizionale sia ancora la funzione più nobile di chi fa l’avvocato. Come fanno 244mila avvocati a sopravvivere facendo il mediatore o il curatore fallimentare? Sono orgoglioso di fare l’avvocato e anche se capisco perfettamente che in una situazione di crisi non si è in grado di scegliere del tutto il proprio lavoro, davvero pensiamo di poter sopravvivere occupandoci di attività collaterali come le mediazioni e le curatele? La giustizia per me si fa in aula». Dalla diagnosi alla prognosi, per chiudere: «L’ascensore sociale si è fermato e la nostra categoria ha avuto una crescita ipertrofica perché i nostri giovani sono stati rinchiusi in un recinto senza sbocchi. Per invertire la rotta ora serve spingere sulle specializzazioni, unico modo per reintrodurre quella meritocrazia nella professione che si è persa negli ultimi anni e permettere di offrire al cliente quella garanzia di qualità che richiede».
A ribaltare di nuovo la prospettiva ci ha pensato poi l’avvocato Berti Arnaldo Veli: «Possiamo dire che si può oggi sopravvivere solo con i contenziosi, specie in un anno che fa registrare un picco che non si vedeva così negativo dal 2003? Il 90% delle cause vengono promosse o da persone fisiche o da piccole aggregazioni, mentre solo il 10% da società strutturate come banche o assicurazioni. In una realtà ricca e solida, il fatto che solo il 10% di quei soggetti abbia fatto domanda di giustizia, significa che forse quei soggetti preferiscono non ricorrere alla giustizia in tribunale, ma fanno diversamente, e magari chiedono consulenze per gestire il conflitto, prevenendolo. C’è dunque sempre più esigenza di un avvocato meno “litigator” e sempre più consulente legale in una fase pre-giudiziale».
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