Le casse di previdenza e il rischio sistematico
Dovrebbe essere ormai noto a tutti i professionisti che le Casse di Previdenza e Assistenza sono organismo di diritto pubblico e dunque tenute all’applicazione delle regole dell’evidenza pubblica, perché posseggono i tre requisiti caratterizzanti tali organismi.
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Tali requisiti sono:
- sono dotate di personalità giuridica;
- sono istituite per soddisfare specifiche finalità d’interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale;
- la loro attività è sottoposta a rilevanti controlli pubblicistici.(ex plurimis CdS 1931/2021).
2) La sostenibilità di lungo termine delle Casse di previdenza dipende, più che dalla contribuzione versata, dal rendimento del patrimonio accumulato e questo è uno dei rilievi, in negativo, che mosse, a suo tempo, anche la Corte dei conti.
Ciò premesso occorre dire che Il rischio sistematico di un titolo deriva dal legame tra il titolo e l’andamento del mercato di riferimento. Si tratta di un rischio non diversificabile in quanto, a differenza del rischio non sistematico, non si può eliminare con la diversificazione del portafoglio.
«Sia per i titoli di capitale che per i titoli di debito, il rischio può essere idealmente scomposto in due componenti: il rischio specifico ed il rischio generico (o sistematico). Il rischio specifico dipende dalle caratteristiche peculiari dell’emittente e può essere diminuito sostanzialmente attraverso la suddivisione del proprio investimento tra titoli emessi da emittenti diversi (diversificazione del portafoglio), mentre il rischio sistematico rappresenta quella parte di variabilità del prezzo di ciascun titolo che dipende dalle fluttuazioni del mercato e non può essere eliminato per il tramite della diversificazione. Il rischio sistematico per i titoli di capitale trattati su un mercato organizzato si origina dalle variazioni del mercato in generale; variazioni che possono essere identificate nei movimenti dell’indice del mercato. Il rischio sistematico dei titoli di debito si origina dalle fluttuazioni dei tassi d’interesse di mercato che si ripercuotono sui prezzi (e quindi sui rendimenti) dei titoli in modo tanto più accentuato quanto più lunga è la loro vita residua; la vita residua di un titolo ad una certa data è rappresentata dal periodo di tempo che deve trascorrere da tale data al momento del suo rimborso» (Consob).
Le crisi finanziarie ricorrenti stanno demolendo la teoria del portafoglio di Markowitz, ossia quella di allocare nel miglior modo possibile le risorse a disposizione, massimizzando il rendimento e minimizzando il rischio, insito nell’investimento stesso, così da immunizzare il portafoglio.
In questi anni l’industria finanziaria si è sbizzarrita nel predisporre innovative tecniche di gestione del rischio sul presupposto di operare in un mercato efficiente. Ho ragione di ritenere che, ma c’è tutta una dottrina finanziaria in questa direzione, oggi la diversificazione non basta più nel senso che non è più sufficiente “non mettere tutte le uova nello stesso paniere”.
Operando in contesti di grande volatilità la costruzione del portafoglio deve essere guidata da decisione strategiche. E allora quale strategia?
Oggi l’industria finanziaria consiglia alle Casse di previdenza investimenti in venture capital, private equity e private debit, piattaforme di fondi di fondi e così via. Ma oggi le Casse di previdenza, oltre all’esplosione dell’inflazione quale non si vedeva da anni, debbono fare i conti con il rialzo dei tassi di interesse, con mercati azionari volatili e pesanti, con la riduzione delle politiche monetarie accomodanti da parte sia della Fed che della Bce.
A me pare sia venuto il tempo di cambiare strategia perché la provvista in esame è costituita da contribuzione previdenziale obbligatoria che ha come mission quella di garantire l’erogazione delle pensioni. Non è cioè denaro qualsiasi e questo spesso sfugge ai più.
Si dice che la provvista previdenziale deve essere investita con la diligenza del buon padre di famiglia, in Francia si parla di persona ragionevole.
Per il Tribunale, Roma, sez. XIII, 02/12/2021, n. 18885 in materia di contratti bancari, la diligenza del buon banchiere deve essere qualificata dal maggior grado di prudenza e attenzione che la connotazione professionale dell’agente consente e richiede. Tale diligenza trova applicazione non solo con riguardo all’attività di esecuzione di contratti bancari in senso stretto, ma anche in relazione ad ogni tipo di atto od operazione che sia oggettivamente esplicato presso una struttura bancaria e soggettivamente svolto da un funzionario bancario. Inoltre la diligenza di cui trattasi va valutata, non in base a criteri rigidi e predeterminati, ma considerando le cautele e gli accorgimenti che le circostanze del caso concreto suggeriscono. Sicché l’obbligo di diligenza e buona fede richiesto ad un Istituto di credito, è più rigoroso e specifico rispetto a quello medio del buon padre di famiglia, ciò al fine di impedire il verificarsi di eventi dannosi per la clientela.
Non dissimile, a mio giudizio, la diligenza che si richiede al gestore di contributi previdenziali.
«Decisori politici e autorità di vigilanza, in quanto forze che plasmano l’universo investibile, sono di fondamentale importanza per l’integrità del mercato. Tuttavia, non possono agire da soli e devono essere informati da chi opera sui mercati finanziari tramite solide attività di feedback. A questo scopo, gli investitori dovrebbero cercare di collaborare con le istituzioni per integrare il proprio impegno bilaterale nei confronti di governi e autorità di vigilanza» (Spostare le montagne e muovere i mercati, Aviva investors 14.9.2022).
In questa ottica le Casse dovrebbero affidare il patrimonio di riserva parziale, rispetto all’ammontare del debito pensionistico, che oggi è di 107,9 miliardi di euro (ultimo dato Covip), allo Stato, attraverso titoli dedicati, concordando un tasso di rendimento in linea con i propri bilanci tecnici così da ottenere la garanzia sul capitale.
Per le Casse immediato il risparmio in termini di costi di strutture ad hoc interne, consulenze, advisor ex ante e ex post , provvigioni e chi ne ha più ne metta.
Lo Stato potrebbe contare su una altra fonte di PNRR interna e le Casse di previdenza la garanzia sia del rendimento atteso che del capitale affidato.
Qualcuno potrebbe obiettare che si verserebbe in un aiuto di Stato ma, a mio giudizio, non è così.
«Per aiuto di Stato si intende qualsiasi trasferimento di risorse pubbliche a favore di alcune imprese o produzioni che, attribuendo un vantaggio economico selettivo, falsa o minaccia di falsare la concorrenza. Tranne in alcuni casi, gli aiuti di Stato sono vietati dalla normativa europea e dal Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea che disciplina la materia agli articoli 107 e 108. Il Dipartimento Politiche Europee, attraverso l’Ufficio per il Coordinamento in materia di aiuti di Stato, cura il coordinamento tra tutte le amministrazioni centrali e regionali per assicurare il rispetto delle norme europee. Gli aiuti di Stato (concessi per via amministrativa o per legge) possono determinare distorsioni della concorrenza, favorendo determinate imprese o produzioni. Possono essere compatibili con il Trattato di Lisbona, solo se realizzano obiettivi di comune interesse chiaramente definiti. Gli aiuti sono ammessi quando (articolo 107/2 del Trattato): consentono di realizzare obiettivi di comune interesse (servizi di interesse economico generale, coesione sociale e regionale, occupazione, ricerca e sviluppo, sviluppo sostenibile, promozione della diversità culturale, ecc.); rappresentano il giusto strumento per correggere taluni “fallimenti del mercato”. Ad esempio, il rimedio ad una situazione di fallimento del mercato può talora bilanciare gli effetti distorsivi della concorrenza: in tali casi l’aiuto è considerato compatibile» (Presidenza del consiglio dei Ministri, Dipartimento per le politiche europee).
Certamente non convincerò i vari management e l’industria finanziaria che hanno tutto l’interesse a mantenere lo status quo e i motivi non occorre esplicitarli, ma i professionisti avrebbero la garanzia per le future pensioni, garanzia che oggi dipende dalla volatilità dei mercati finanziari e questo non mi pare in linea con l’art. 38 della nostra Costituzione, nemmeno con la più orientata e creativa delle interpretazioni.
Intelligenti pauca.
Tratto da Diritto e Giustizia
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