EQUO COMPENSO PIÙ TUTELE PER I PROFESSIONISTI
Primo via libera unanime alla Camera ad una norma molto attesa da professionisti e iscritti agli albi professionali
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Primo via libera unanime da parte della Camera alla proposta di legge sull’equo compenso, che ora passa all’esame del Senato. Un testo che ha l’obiettivo di rafforzare le tutele dei professionisti. Il provvedimento ha avuto un percorso travagliato: approvato all’unanimità dalla commissione Giustizia, riproduce il contenuto di una proposta di legge approvata da Montecitorio nella scorsa legislatura ma il cui iter si è poi interrotto al Senato. Il nuovo testo, composto di 13 articoli, interviene sulla disciplina in materia di equo compenso delle prestazioni professionali rese nei confronti di particolari categorie di imprese, con la finalità di rafforzare la tutela del professionista.
Si definisce come equo il compenso che rispetta specifici parametri ministeriali e interviene sull’ambito applicativo della disciplina vigente, ampliandolo sia per quanto riguarda i professionisti interessati, tra i quali sono inclusi gli esercenti professioni non ordinistiche, sia per quanto riguarda la committenza che viene estesa anche a tutte le imprese che impiegano piu’ di 50 dipendenti o fatturano piu’ di 10 milioni di euro. Per essere considerato equo il compenso deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto.
La norma si applica al compenso dei professionisti in relazione alle attività professionali che hanno ad oggetto la prestazione d’opera intellettuale; trovano fondamento in convenzioni; sono svolte in favore di imprese bancarie e assicurative (e loro controllate e mandatarie), nonché di imprese che nell’anno precedente al conferimento dell’incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di 50 lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro. Inoltre, si applica ad ogni tipo di accordo preparatorio o definitivo, purchè vincolante per il professionista, le cui clausole siano utilizzate dalle imprese; gli accordi si presumono unilateralmente predisposti dalle imprese, salvo prova contraria. Infine, la norma si applica alle prestazioni rese dal professionista nei confronti della pubblica amministrazione e delle società partecipate dalla pubblica amministrazione.
Sono considerate nulle le clausole che prevedono un compenso per il professionista inferiore ai parametri, nonché le clausole indicative di uno squilibrio nei rapporti tra professionista e impresa, rimettendo al giudice il compito di rideterminare il compenso iniquo ed eventualmente di condannare l’impresa al pagamento di un indennizzo in favore del professionista. Inoltre, sono nulle qualsiasi pattuizioni che vietino al professionista di pretendere acconti nel corso della prestazione; che impongano allo stesso l’anticipazione di spese; che, comunque, attribuiscano al committente o cliente vantaggi sproporzionati rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro svolto o del servizio reso.
Gli ordini e i collegi professionali devono adottare disposizioni deontologiche volte a sanzionare il professionista che violi le disposizioni sull’equo compenso. Il giudice può condannare il cliente al pagamento di un indennizzo in favore del professionista, pari a una somma fino al doppio della differenza tra il compenso e quello originariamente pattuito.
La norma consente la tutela dei diritti individuali omogenei dei professionisti attraverso l’azione di classe, proposta dal consiglio nazionale dell’ordine (per le professioni ordinistiche) o dalle associazioni professionali (per le professioni non ordinistiche).
Viene infine istituito presso il ministero della Giustizia l’Osservatorio nazionale sull’equo compenso, con il compito, tra gli altri, di vigilare sul rispetto della legge, esprimere pareri o formulare proposte sugli atti normativi che intervengono sui criteri di determinazione dell’equo compenso o disciplinano le convenzioni.
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