Mantenere equità e universalità dell’assistenza sanitaria
Anelli (Fnomceo) sul contratto dei dirigenti medici
Il Ssn rischia di non reggere oltre se alle professioni mediche non sarà destinato il finanziamento che meritano. E quando la coperta è tanto corta che non si riesce ad agire né dal punto di vista finanziario né del ripopolamento degli organici del Ssn, occorre che la politica scelga se vuole o meno mantenere equità e universalità dell’assistenza sanitaria. Non sarebbe un tabù, a questo punto, rivedere il Titolo V. Parola del presidente dell’a Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo) Filippo Anelli, che ne parla in occasione dell’apertura della negoziazione all’Aran del nuovo contratto dei dirigenti medici. Ecco cosa ha detto ai microfoni di Fortune Italia.
Dottor Anelli, inizia la contrattazione che dovrebbe portare al nuovo contratto di lavoro per i dirigenti medici. Quali sono le premesse?
La rinegoziazione del contratto dei dirigenti medici è una cosa positiva. Soprattutto per l’attesa che c’è nel mondo del lavoro. Non posso non constatare il fatto che le risorse messe a disposizione sono inadeguate per quelle che sono le aspettative del mondo medico. Anche in rapporto all’inflazione, considerare oggi un aumento degli stipendi del 4% rappresenta una criticità.
Ma la vera criticità è un’altra. Vogliamo fare rilevare alla politica che c’è sempre meno attrattività nei confronti del lavoro dipendente all’interno degli ospedali. Questo dipende non solo dalla retribuzione, ma anche dalla qualità del lavoro e del tempo rimanente per la vita personale dei medici. Oggi anche le retribuzioni “a gettone” stanno svuotando molti reparti, soprattutto al Nord – in Lombardia, Piemonte, Veneto ma non solo – dove questo fenomeno è più esteso. Chi sceglie questo tipo di contratto lo fa perché si sottrae sempre più a un lavoro troppo usurante e con numerose ore regalate al sistema perché lavorate oltre il massimo numero di straordinari consentiti. Se poi pensiamo agli organici degli ospedali che si vanno via via riducendo, si capisce perché i medici si trovino spesso a dover fare anche il lavoro di altri.
I fondi stanziati per l’aumento delle retribuzioni è ormai fissato. Gli stipendi quindi non potranno essere aumentati più di tanto. Parimenti è improbabile che a breve gli organici vengano riallargati. Le chiedo allora quale può essere una soluzione che possa accontentare i medici da un lato e il pagatore dall’altro. Perché la coperta è ancora una volta corta sia dal punto di vista finanziario che sotto il profilo delle risorse umane…
Penso che non ci possa essere più del senso di responsabilità garantito dai medici in questi ultimi anni. Ora bisogna fare un salto di qualità. Non è possibile che in questi quattro anni ci siano stati 14 miliardi di aumento del Fondo sanitario nazionale e nessuno di essi sia vincolato agli aumenti contrattuali. Penso che la coperta è corta e il sistema esplode.
Anche la Corte dei conti indica che il sistema non è più sostenibile. L’anno scorso abbiamo chiuso con 133,5 miliardi di spesa, contro i 124 finanziati. La previsione della Corte per quest’anno è di 134 miliardi, rispetto a un finanziamento di 128. Il che significa che il sistema non regge. La situazione diventa drammatica perché anche i professionisti non ci staranno più e andranno via. Occorre fare una scelta di fondo. Il rinnovo contrattuale può essere un momento importante, ma credo sia ora di fare un patto. Un patto tra cittadini, professionisti e politici per mantenere il Servizio sanitario nazionale. Per poterlo fare bisogna puntare sui professionisti.
Al di là delle intenzioni e di questo quasi ‘patto non scritto’ tra generazioni, bisogna far quadrare i conti. Come ne usciamo a livello pratico?
Ormai la Finanziaria è stata fatta. Ma credo che si debba porre questo problema, perché penso che più di un anno non si possa reggere ancora. Se con la prossima Legge di Bilancio non si finanziano i professionisti, la situazione sarà drammatica. Siamo molto preoccupati da ciò che sta avvenendo. Anche qualora possa esserci un intervento legislativo atto a limitare il ricorso ai ‘medici a gettone’, il mercato del lavoro ha le sue regole ed è difficile che venga bloccato da una legge.
Ai medici è stato chiesto di fare il massimo durante la pandemia. Oggi ci saremmo aspettati un trattamento diverso. Si deve riuscire a introdurre un apporto di risorse straordinario. Il Rapporto Crea aveva stimato 30 miliardi in più per dare ossigeno alla sanità. Il governo deve fare delle scegliere: preferiamo un sistema sanitario che favorisce le disuguaglianze o un Ssn che garantisce l’uguale accesso alla sanità per i cittadini?
L’attuale Ssn può essere rivisto mantenendo l’universalismo, ma riducendo le spese di un’organizzazione che è frantumata in 21 Sistemi sanitari regionali diversi. Forse un’unificazione ridurrebbe i centri di costo e consentirebbe un maggior controllo della spesa.
Quindi la sua idea sarebbe una riforma del Titolo V?
Se non ci possiamo permettere una sanità delle Regioni, si potrebbe studiare un modello più centralista che regga meglio all’impatto economico. Certo così non si può andare avanti.
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