Ricordo di Corrado Sforza Fogliani
Viviamo purtroppo in tempi dove la gente non ha un passato o crede di non averlo. Vive alla giornata.
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Per essa, lo sfondo culturale o esistenziale è di poche settimane per cui la storia, anche quella più personale e più recente, non conta. Non a caso mi capita spesso di interrogare dei pluri-masterizzati in finanza ai quali se chiedo: “Chi era Enrico Cuccia?” rispondono: “Cuccia chi?”. Purtroppo per ricordare l’attività giornalistica di Corrado Sforza Fogliani debbo invece fare un salto all’indietro di almeno mezzo secolo per cercare e descrivere le sue robuste radici professionali in questo settore.
Corrado Sforza Fogliani (CSF) è stato precoce in tutto. E questo anche nel settore giornalistico. Verso i vent’anni redigeva da solo l’intero mensile della Famiglia piasinteina che aveva per titolo “La vus dal campanon”, cioè la voce della campana più grande del Duomo di Piacenza. Era un mensile corposo (perché l’attività culturale di quell’associazione, allora, era imponente), pieno di notizie, di resoconti, di interviste, di dibattiti, di foto. I pezzi erano brevi e nervosi. Lo stile graffiante. L’impaginazione era molto efficace, per quei tempi. Ebbene, questo giornale vero e proprio, era fatto dal solo Sforza Fogliani che, avendo il gusto dell’artigianato giornalistico di qualità e la passione, tipicamente liberale, dell’autosufficienza, lo realizzava da solo con degli esiti rimarchevoli. Sforza non usava (e non ha mai usato) il motto (molto diffuso anche allora) di “Armiamoci e partite” ma sempre quello di “Parto anche senza armarmi”.
Un’altra iniziativa giornalistica rilevante di CSF (allora aveva 18 anni, era alla fine del Liceo Classico) da lui inventata di sana pianta (CSF era essenzialmente un fondatore) fu il mensile “La Squola”. E già quella “q” inopportuna, nel titolo, testimoniava la voglia intelligentemente dissacrante di quella pubblicazione da parte del suo inventare e direttore. Ma “La Squola” ebbe un altro merito. A quei tempi le varie scuole medie superiori piacentine avevano spesso il loro giornalino, sovente patetico e sempre solo ciclostilato. “La Squola” invece non solo usciva a stampa ma era anche il giornale di “tutte” le scuole medie superiori piacentine in un momento nel quale, fra “il Classico” e gli altri Istituti scolastici, c’era un abisso fatto di precedenti consolidati e di snobistica diversità. Ebbene CSF (che io definisco un “liberale contro natura”, nel senso che era un liberale vero ma diverso dal clichè costruito, dagli altri, sul liberalismo) CSF, dicevo, colmò, con “la Squola”, quel fossato, rimescolando gli studenti, superando le stantie ma anche cementate differenziazioni, abbattendo gli steccati. Io che, da adolescente, ero alla spasmodica ricerca di nuove parole che non conoscevo e che, per memorizzarle, annotavo diligentemente su un apposito quaderno per rimpolpare il mio povero italiano insidiato da vicino dal dialetto, appresi da CSF (e la annotai subito, golosamente) la parola “anticonformista” che CSF usava spesso per spiegare, magari inconsciamente, lo spirito con il quale affrontava le cose e che è stato anche la sigla della sua vita intera.
Ma il capolavoro giovanile di CSF sono stati i cosiddetti “Fori giovanili” anche questi da lui inventati mentre frequentava il liceo. Il sabato pomeriggio infatti CSF riusciva a raccogliere duecento giovani (e spesso anche di più) alla Filodrammatica per discutere della storia italiana, dell’economia italiana, delle ideologie imperanti e bellicose, di scontri religiosi. Anche i “Fori giovanili” fanno parte della storia giornalistica di SCF che era giornalista in quanto “agitatore culturale”. Contrariamente al clichè corrente del liberale che resta chiuso nella sua torre eburnea e soprattutto dialoga solo con i suoi simili, CSF sfondava i fossati sociali. CSF era socialmente generoso. Non a caso condivideva spesso il suo immenso sapere con persone molto meno fortunate di lui.
Per CSF il giornalismo, i Fori giovanili, l’attività politica erano gli strumenti per distribuire gratuitamente agli altri le sue cospicue fortune intellettuali. A questo proposito ricordo che quando aveva sui trent’anni, nel momento in cui la sua attività forense stava anche qui precocemente e robustamente decollando a Piacenza (dove fu sempre noto come “l’avvocato”) CSF trovava il tempo per insegnare diritto agli studenti di ragioneria e geometri in un istituto privato (il Pascoli) che, diretto da Guido Ratti, altro liberale convinto, era allora modernissimo. Basti ricordare che Ratti fu il primo a introdurre a Piacenza il Liceo linguistico, vent’anni prima che lo Stato, sempre in ritardo su tutto, riuscisse a fare il suo.
CSF fu giornalista, dicevo, perché, prima di tutto, era un agitatore culturale. Come tutti i giornalisti di razza, raccoglieva instancabilmente e verificava le informazioni che poi distribuiva ai suoi lettori o ascoltatori. La sua prima attività editoriale la espresse sul quotidiano locale “Libertà” dove approdò giovanissimo come collaboratore, anche qui cominciando da zero sotto la guida di due giornalisti straordinari di assoluto livello nazionale: Ninino Leone e Gianfranco Scognamiglio. CSF iniziò riscrivendo gli articoli spesso scalcagnati dei corrispondenti dalla provincia. Ma ben presto divenne un articolista a tutto tondo. Faceva spesso delle intere pagine dedicate a paesi piacentini senza storia dai quali però sapeva estrarre i fatti più interessanti. La sua tecnica era quella, robusta, delle inchieste del “Corriere della sera” di allora. Io, che fin dalla più tenera infanzia, sognavo, non so perché, di poter fare il giornalista e che all’età di otto anni leggevo già tutto il “Corriere” persino nei necrologi, quelle inchieste di CSF mi entusiasmavano, le leggevo e le rileggevo, alla ricerca del loro specifico, in base al principio (che poi mi fu ancor più chiaro) che i chirurghi sono favoriti rispetto ai giornalisti perché nascondono i loro segreti nelle pance dei loro pazienti. mentre i giornalisti le loro competenze le esibiscono ogni giorno, “les étales”, dicevo allora, mentre mi cimentavo con il francese, le spalmano sotto gli occhi di tutti.
E’ chiaro che per me CSF era, per tutti questo motivi, una sorta di icona preziosa ma anche irraggiungibile. Avrei voluto conoscerlo, farmi introdurre a “Libertà” ma non sapevo come raggiungerlo. Io vivevo a Carpaneto, nella provincia profonda. Per di più ero timido e riservato. Ma un giorno, inaspettatamente, quando avevo 17 anni, vidi a piazza Cittadella, nella stazione delle corriere, che non solo c’era CSF ma lui stava anche prendendo il mio stesso bus per Carpaneto-Lugagnano. Mi feci quindi sotto per cercare di sedergli accanto. Salìì con lui ma, sul più bello, al momento del dunque, un incosciente coglione (riconosco di aver sbagliato pensando questa espressione) gli si sedette accanto. Rimasi di sasso, in piedi nel corridoio, vicino, ma anche lontano da CSF. “Sarà per un’altra volta” pensai.
Invece il signore (vedete che, a questo momento, lo pensavo in modo diverso) giunto ai Vaccari (a sei chilometri da Piacenza) toglie il disturbo, scende dal bus e mi libera il posto. Lo prendo subito io. Mi presento a CSF, gli dico che sono un suo ammiratore giornalistico e che mi piacerebbe fare il corrispondente di “Libertà” da Carpaneto. Gratuitamente, è ovvio. Invece, fin dall’inizio, “Libertà” mi pagò (con un’esattezza certosina e una puntualità oggi dimenticata dagli altri editori) 50 lire a notizia più 5 lire per riga. Una pacchia per me. CSF, dopo avermi invitato a dargli del tu, a conferma della sua apertura per tutti e in particolare per i più umili e i meno utili, mi disse: “Passa domani alle 18 alla redazione di via Benedettine”. Ci andai. C’era CSF, nel cono di luce di una lampada da tavolo in un ambiente completamente buio. Conobbi allora Gianfranco Scognamiglio che mi accolse a braccia aperte, mi nominò su due piedi corrispondente da Carpaneto e mi diede una tessera nella quale c’era stampato, con una sapienza inaudita: “Si prega di fargli le agevolazioni d’uso” cioè ci mettiamo nella sue mani, faccia un po’ lei. A Carpaneto subentravo al precedente corrispondente che era l’ufficiale di stato civile del Comune che scriveva un solo articolo al mese dove metteva l’elenco dei nati, dei morti e degli sposati. Non fu difficile, per me, fare meglio.
Da allora la coppia giornalistica CSF-Magnaschi lavorò sempre assieme cominciando da Avvenire dove, da praticante, facevo già il caposervizio finanza e poi nelle mie posizione direttoriali a Tempo illustrato, la Discussione, il Giorno, la Domenica del Corriere, la Notte, Milano Finanza, l’Ansa e adesso ItaliaOggi.
Palaeventi di Palazzo Galli, via Mazzini, Piacenza.
27 gennaio 2023
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