Il crocifisso usato dai migranti come appendiabiti.
I residenti contro il progetto di accoglienza di don Biancalani: "Vogliamo riavere la nostra chiesa"

Uno dei crocifissi della chiesa di Vicofaro verrebbe talvolta utilizzato come appendiabiti, dai migranti ospiti di don Massimo Biancalani. Questa la denuncia del Comitato dei residenti di Vicofaro, i quali hanno documentato l’episodio immortalando un giubbotto appeso al crocifisso in una foto scattata nei giorni scorsi. E qualche giorno fa, come anticipato dal Giornale, i membri del comitato hanno inviato una lettera al cardinale Konrad Krajewski, per avvisare anche il Vaticano della situazione di degrado, scarsa igiene e (poca) sicurezza che caratterizzerebbe da anni la frazione del Comune di Pistoia (divenuta ormai celebre a livello nazionale). I rappresentanti degli abitanti del luogo, ricordando l’ordinanza di sgombero della struttura emessa dal sindaco lo scorso ottobre (ma non ancora attuata) hanno di nuovo sollecitato le istituzioni per trovare una soluzione capace di risolvere le numerose problematiche riscontrate, nel rispetto delle parti.
E qualora il caso lo richiedesse, il comitato sarebbe pronto a sollecitare ulteriormente il trasferimento di don Biancalani. Di certo c’è che il “parroco dei migranti” è da poco tornato dal tribunale di Trieste, dove si è chiuso il processo per diffamazione aggravata che vedeva imputato Fabio Tuiach. L’ex-pugile leader nel 2021 della protesta dei portuali triestini era stato querelato dal prete pistoiese nel 2018 (a seguito di alcune frasi pubblicate sui social giudicate offensive nei suoi confronti) ed è stato condannato dal giudice al risarcimento del danno, quantificato in 3mila euro. E proprio durante una delle precedenti assenze del sacerdote da Vicofaro, qualcuno ha notato il crocifisso in legno al quale era appeso un capo d’abbigliamento. Come se si trattasse di un normale attaccapanni e non di un oggetto dal forte significato simbolico. I residenti hanno quindi posto l’accento sul fatto che don Biancalani non abbia modo di controllare tutto quel che avviene nei locali della parrocchia che ospitano gli stranieri, soprattutto durante le ore notturne (visto che il parroco vivrebbe a loro detta in un altro Comune della provincia, a circa chilometri di distanza, ndr).
Non esisterebbe oltretutto nemmeno un registro che certifichi il numero di persone ospitate di volta in volta da questa sorta di struttura di accoglienza. E non è tutto, perché sempre secondo i residenti, i migranti si sarebbero resi protagonisti in passato di altri gesti a metà fra la dissacrazione e la blasfemia. “Ci sono persone che vanno e vengono ogni notte: usano il crocifisso come attaccapanni, la fonte battesimale come tavolino, il cero pasquale per appendere il cappello – hanno spiegato Riccardo Saracini e Carmi Petrucciani, esprimendo il pensiero di tutto il comitato – in quella che era la nostra chiesa si mangia, si fuma e si dorme. Per permettere tutto questo è sparita la catechesi, si è disciolto il coro, non si celebrano più matrimoni, battesimi e funerali. Per non parlare della benedizione delle case, ormai rimasta per noi un lontano ricordo. Chiediamo sempre più un intervento per far sì che i cittadini di Vicofaro possano riavere la loro chiesa”.
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