Smart working e frontalieri, i chiarimenti delle Entrate
Analisi dei profili fiscali del lavoro da remoto (c.d. smart working) e delle novità introdotte dalla disciplina tributaria dei lavoratori frontalieri, anche con la Legge n.83/2023.
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Sono i due aspetti sui quali si sofferma l’Agenzia delle Entrate con la circolare n.25/E, diffusa lo scorso 18 agosto, sintetizzando i più recenti sviluppi nazionali ed internazionali delle singole discipline per sciogliere alcuni dubbi interpretativi sorti in merito alle regole di tassazione applicabili.
Nella prima parte, in particolare, l’Agenzia fornisce chiarimenti e istruzioni applicative sui profili fiscali del lavoro in smart working, focalizzando l’attenzione sui più recenti orientamenti della prassi sul punto, anche ai fini dell’applicazione dei regimi agevolativi rivolti alle persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia per svolgere un’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano, disciplinati dall’articolo 16 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147 (“regime speciale per lavoratori impatriati”), nonché dall’articolo 44 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122 (“regime speciale per docenti e ricercatori”). Viene confermato che i criteri di radicamento della residenza fiscale delle persone fisiche restano quelli previsti dall’articolo 2 del TUIR e non subiscono alcun mutamento per coloro che svolgono un’attività lavorativa in smart working. In altri termini, le modalità di svolgimento della prestazione lavorativa non incidono sui criteri di determinazione della residenza fiscale, che restano ancorati all’integrazione di almeno una delle condizioni di cui all’articolo 2 del TUIR. Inoltre, precisa l’Amministrazione finanziaria, non si considera assoggettabile ad imposizione il soggetto non residente in Italia (in quanto non integra alcuno dei presupposti di cui all’articolo 2 del TUIR) che dal suo Paese di residenza rende le prestazioni per un datore di lavoro italiano. In tal caso, il lavoratore continua a mantenere la residenza all’estero a prescindere dalla sede in Italia del datore di lavoro. In merito all’accesso al “regime speciale per lavoratori impatriati” le Entrate precisano che lo stesso è consentito a chi trasferisce la propria residenza in Italia, pur continuando a lavorare in smart working alle dipendenze di un datore di lavoro estero, a partire dal periodo d’imposta in cui avviene il trasferimento in Italia. “Al contrario – si legge nella circolare – non potrà continuare a fruire dell’agevolazione in esame il soggetto che, trasferitosi a lavorare in Italia, successivamente traslochi all’estero pur continuando a svolgere dalla nuova località la propria prestazione lavorativa per il medesimo datore di lavoro italiano in modalità smart working, in quanto in tal caso i redditi si considerano prodotti fuori dal territorio italiano”.
Nella seconda parte, invece, l’analisi si focalizza sui lavoratori “frontalieri”, alla luce anche dei recenti sviluppi normativi e del nuovo Accordo internazionale siglato con la Svizzera. Tra le modifiche contenute nel nuovo Accordo quelle inerenti la definizione di “lavoratore frontaliere” che include qualsiasi lavoratore residente in uno Stato contraente che è fiscalmente residente in un Comune il cui territorio si trova, totalmente o parzialmente, nella zona di 20km dal confine con l’altro Stato contraente; che svolge un’attività di lavoro dipendente nell’area di frontiera dell’altro Stato, per un datore di lavoro residente, una stabile organizzazione o una base fissa; che ritorna quotidianamente al proprio domicilio principale nello Stato di residenza.
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