Anno: XXV - Numero 214    
Giovedì 21 Novembre 2024 ore 13:20
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Prescrizione e intercettazioni, ecco la maggioranza garantista

Archiviato due volte Bonafede: addio al “fine processo mai” e all’uso della “pesca a strascico” per i reati di corruzione. In rivolta 5 Stelle e Pd

Prescrizione e intercettazioni, ecco la maggioranza garantista

Verrebbe da dire: il gran giorno dei garantisti. Alla Camera, non in un convegno affollato ma velleitario. Nel giro di poche ore a Montecitorio va a segno un doppio colpo, condito da ulteriori chicche, impensabile solo fino a qualche giorno fa.

A mezzogiorno la fiducia (seguita in prima serata dal voto finale) sul decreto Intercettazioni-omnibus che, come riferito ieri sul Dubbio, passa dal lavoro delle commissioni al sigillo definitivo (in prima lettura) dell’Aula senza che venga torto un capello all’impertinente incursione garantista di Forza Italia. Poco dopo, il via libera in commissione Giustizia al testo base per la riforma della prescrizione. Individuato nella proposta abrogativa targata sempre FI, a prima firma Pietro Pittalis, che riporta il quadro normativo alla “ex Cirielli”. Di fatto, un triplo colpo di spugna: sulla legge Orlando del 2017, sulla Bonafede del 2019 e sull’improcedibilità introdotta due anni fa da Cartabia.

Si aggiunga che sulla prescrizione, com’era avvenuto già in commissione per gli “ascolti”, il centrodestra si ritrova ancora una volta a convergere con Azione, rappresentata dal responsabile Giustizia Enrico Costa. Sempre Costa otterrà in Aula, a margine del voto sul Dl Intercettazioni, il sì della maggioranza a un ordine del giorno che impegna il governo a intervenire contro possibili manipolazioni del materiale captato compiute con l’intelligenza artificiale. «Si chiama deep fake l’ultima pericolosa frontiera nell’acquisizione di file audio», spiega il deputato del partito di Calenda.

È un quadro con risvolti clamorosi, e in cui non manca la reazione tra l’indignato e lo scomposto delle opposizioni. Dalla delegazione Giustizia dei 5 Stelle che, a proposito della mossa a sorpresa sulla prescrizione, accusa il centrodestra di «lavorare per l’impunità», al Pd che con Debora Serracchiani parla di «furia ideologica», ad Avs che con il deputato Devis Dori contesta almeno da un punto vi vista diverso: «Ritoccare la prescrizione di continuo provoca caos, l’antitesi del garantismo sventolato da Nordio». In realtà dalla maggioranza spiegano che sui termini di estinzione dei reati si è scelto un testo che semplicemente resettasse il quadro: «Il testo base a firma Pittalis (di FI, ndr) riporta l’istituto alla sua natura sostanziale: si parte dunque da qui», segnalano all’Agi fonti del centrodestra, «per superare la riforma Bonafede e quella Cartabia», in modo da giungere, con gli emendamenti, «a una legge che non sarà né un ritorno alla Orlando né alla ex Cirielli». Si vuol difendere «la giusta durata dei processi come prevede la Costituzione». Ma certo, sul piano politico e simbolico, la scelta di partire, seppur per comodità tecnica, dalla riforma berlusconiana delle intercettazioni non è priva di coraggio, e descrive un centrodestra che forse, sulla giustizia, non si era mai visto.

Costa spiega che il suo partito, cioè lui, che è anche relatore delle proposte sulla prescrizione, ha avuto un ruolo di «stimolo e di sintesi». E in effetti la soluzione tecnica trovata ha il pregio di semplificare il quadro. Ma forse anche la forza strategica di mettere ancora più in difficoltà il Pd, nel momento in cui si dovesse pervenire a un’ulteriore mediazione, con il recupero almeno parziale della riforma firmata da Orlando, cioè dall’ultimo ministro della Giustizia espresso dai dem.

Di sicuro si conferma l’abilità di Forza Itaia nel correggere, col supporto del calendiano Costa, l’inclinazione assai meno “aperta” che FdI e Lega potrebbero altrimenti imporre sul penale. È un merito degli azzurri, certo. Ma è anche il segno che nello stresso partito della premier, ad esempio, esiste la capacità di guardare oltre una giustizia fatta solo di pene inasprite. Lo attesta il meloniano Ciro Maschio, che della commissione Giustizia di Montecitorio è presidente e che, non a caso, è avvocato come Costa e Pittalis: sulle intercettazioni, osserva in particolare, si è arrivati a una «sintesi positiva: abbiamo esteso l’ambito di applicazione a reati gravi connessi alla criminalità organizzata», ma «dall’altra parte abbiamo intensificato le cautele nella tutela dei diritti dei cittadini indagati e intercettati». Rivendicato dal partito di maggioranza relativa, non è poco.

E a individuare con efficacia il nuovo spazio conquistato dai berlusconiani con le loro spinte garantiste è Paolo Emilio Russo, che interviene prima della fiducia sul decreto Intercettazioni-omnibus: «Il diritto alla legalità e alla sicurezza deve essere garantito senza consentire la violazione sistematica e ingiustificata delle leggi che proteggono», oltre alla «riservatezza», anche la «presunzione di innocenza». E sì, perché diffondere indebitamente parole captate a chi è solo indagato e non ha mai subito una condanna è semplicemente un modo per sbatterlo alla gogna senza passare per le sentenze. Sempre Russo parla del «garantismo» come «principio» in grado di riaffermare «il ruolo che Forza Italia ha nel Paese da trent’anni». E a poche settimane dalla scomparsa di Berlusconi, è un’idea che dà agli azzurri una prospettiva altrimenti indecifrabile.

Sugli “ascolti”, la fiducia arriva con 201 sì, 125 no e 5 astenuti, mentre il voto finale, che sancisce l’invio della pratica al Senato (dove la conversione dovrà arrivare entro il 9 ottobre, dunque senza modifiche), fa registrare 164 favorevoli e 68 contrari. Il dem Marco Lacarra se la prende con l’incerta retroattività a suo giudizio insinuata dal decreto sull’estensione delle norme antimafia, e ancora una volta tradisce la distrazione del Pd sui principi di diritto: quella misura è casomai in odore d’incostituzionalità per motivi esattamente opposti.

Sulla prescrizione, Giuseppe Conte invece lamenta una scelta che ostacolerebbe la «verità processuale», e il suo è un dissenso chiaramente legato alla soppressione della norma Bonafede. Sempre dell’ex guardasigilli 5 Stelle era la paternità di una delle norme sulle intercettazioni corrette con gli emendamenti forzisti: l’estensione ai reati contro la Pa della cosiddetta “pesca a strascico”. E certo, il fatto di aver “archiviato” Bonafede due volte in poche ore dà il senso di una giornata davvero particolare, per la giustizia di centrodestra.

Tratto Da Il Dubbio

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