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LA SANITÀ VERSO IL TRACOLLO

L'analisi Gimbe è impietosa, o qualcuno sbaglia a fare i conti o c'è chi comunica cose sbagliate

LA SANITÀ VERSO IL TRACOLLO

Il rapporto tra la spesa sanitaria e il Pil è destinato a scendere dal 6,6% di quest’anno fino al 6,1% nel 2026. Lo ha certificato la Nadef. Si tratta di dati molto più bassi rispetto ad altri Paesi europei, come Francia e Germania. La prospettiva per la sanità pubblica è quindi difficilissima e in questi giorni stanno arrivando reazioni preoccupate dal mondo dei sindacati, dalla politica e di osservatori della sanità.

“Mi chiedo come sia possibile investire sui contratti dei medici e sul Ssn se servono solo per questi due ambiti circa 4 mld di euro, e nella Nadef la spesa per la sanità pubblica nel 2024-2025 tenderà a diminuire? C’è qualcosa che non torna e l’analisi della Fondazione Gimbe sulla Nadef è impietosa: o qualcuno sbaglia a fare i conti o c’è chi comunica cose sbagliate. E’ un errore che ci interessa capire, ma a questo punto se non ci saranno in manovra risorse adeguate per la sanità dare le dimissioni di massa. Siamo arrivati al limite”. Così all’Adnkronos Salute il segretario nazionale dell’Anaao-Assomed, il sindacato dei medici dirigenti del Ssn, Pierino Di Silverio, commentando l’analisi della Fondazione Gimbe sulla Nadef, la Nota di aggiornamento del documento di Economia e Finanza 2023.

“Come si pensa di salvare una sanità in profonda crisi prevedendo ulteriori tagli? – commenta Guido Quici, presidente della Federazione Cimo-Fesmed, la federazione sindacale che rappresenta oltre 14mila medici – Gli aumenti per il Fondo sanitario nazionale richiesti dal Ministro della Salute Schillaci e promessi nelle ultime settimane, anche se insufficienti, si sono scontrati con la realtà, e il risultato ottenuto nella Nadef, che prevede 2 miliardi in meno per la sanità pubblica, è uno schiaffo a tutto il personale sanitario e ai pazienti”.

“Se è stato deciso che la sanità pubblica non è più sostenibile ed è destinata al fallimento lo si dica apertamente ai cittadini – rimarca Quici – spiegando loro che da domani dovranno pagare anche quelle poche prestazioni ancora assicurate in tempi accettabili dal Ssn. Ma è gravissimo sbandierare la sanità come una delle priorità del Governo e poi voltare le spalle alle necessità di milioni di pazienti in attesa di cure”.

 

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