La legge di bilancio e il drafting normativo
Dopo quattro bozze abbiamo, finalmente, il testo completo con le tabelle inviato in Parlamento.
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C’è stata qualche correzione di rotta ma a saldi invariati.
Questo Governo aveva promesso una riforma strutturale della previdenza; forse arriverà nel corso della legislatura ma quel che è certo, è che in questa finanziaria manca un disegno prospettico della previdenza e gli interventi proposti servono solo a fare cassa per ottenere il via libera dalle agenzie di rating.
La crescita dal Governo è stimata all’1,2% ma gli studi più attenti la danno tra lo 0,5 e lo 0,8%.
Il taglio del cuneo viene fatto a debito.
Per mantenere quota 103, che significa poter andare in pensione anticipata con 62 anni di età e 41 anni di contribuzione, questo Governo è riuscito nell’intento di peggiorare la Legge Fornero e queste critiche non vengono dal Centro-sinistra ma dal Centro-destra dove qualcuno ha scritto sui social che siamo al gioco delle tre carte, tra mazziere, due compari e un pollo.
«Il prossimo anno sarà più arduo accedere a tutti i canali di uscita anticipata. Ci sarà ancora quota 103 ma con alcune penalizzazioni: ricalcolo contributivo dell’assegno, tetto a 4 volte il minimo per l’importo del trattamento (circa € 2.272,00 euro mensili), e finestre d’uscita dilatate a 7 mesi per i lavoratori privati e a 9 mesi per quelli pubblici. Sale il requisito anagrafico a 63 anni e 5 meni per l’APE sociale e a 61 per l’opzione donna, ma con uno “sconto” di 12 mesi per le lavoratrici con un figlio e di 24 mesi per quelle con più figli. Cambia la “soglia” obbligatoria per l’accesso alla pensione anticipata dei lavoratori interamente contributivi: sale a 3 volte l’importo dell’assegno sociale e si alleggerisce a 2,8 per le donne con un figlio e a 2,6 volte in presenza di più figli. Sempre per i “contributivi puri” è previsto il riscatto dei vuoti normativi fino ad un massimo di 5 anni» (Fonte: Il Sole 24 Ore del 31.10.2023, pag. 2).
In buona sostanza, per confermare quota 103 il Governo ha dovuto ricalcolare la componente retributiva con il criterio di calcolo contributivo cosicché se uno vorrà andare in pensione, dovrà sapere che perderà mediamente il 15%.
Ricordo al riguardo che un principio cardine della Riforma Fornero era la salvaguardia del pro rate temporis.
L’art. 29 interviene poi, a proposito dell’indicizzazione delle pensioni, addirittura sulla finanziaria del 2023 che aveva introdotto un criterio che doveva valere per il biennio 2023 – 2024.
L’art. 29 modifica quindi la finanziaria del 2023 limitando quel criterio al solo anno 2023 e introducendo, per il 2024, il seguente meccanismo:
– Per i trattamenti pensionistici complessivamente pari o inferiori a 4 volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 100%;
– Per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori al 4 volte il trattamento minimo INPS e con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi:
- nella misura dell’85% per i trattamenti pari o inferiori a 5 volte il trattamento minimo INPS;
- nella misura del 53% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a 5 volte il trattamento minimo INPS;
- nella misura del 47% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a 6 volte il trattamento minimo INPS;
- nella misura del 37% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a 8 volte il trattamento minimo INPS;
- nella misura del 22% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a 10 volte il trattamento minimo INPS.
Si fa cassa poi all’art. 33 sui dipendenti degli Enti locali (CPEL) alla cassa per le pensioni dei sanitari (CPS) e alla cassa per le pensioni agli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate (CPI) liquidate a decorrere dal 1° gennaio 2024, secondo il sistema retributivo per anzianità inferiori a 15 anni, sono calcolate con l’applicazione dell’aliquota prevista nella tabella di cui allegato II.
Restrizioni anche sulle quote di pensione a favore degli iscritti alla cassa per le pensioni agli ufficiali giudiziari, agli aiutanti ufficiali giudiziari e ai coadiutori (CPUG).
Mi piacerebbe che qualcuno mi spiegasse qual è il disegno prospettico, al di la di fare cassa, su questi interventi che, tra il resto, pongono diversi profili di legittimità costituzionale laddove discriminano tra lavoratori e disapplicano il principio del pro rata temporis.
Com’è noto, il diritto quesito “pensionistico” si deve valutare con riferimento alla normativa vigente al momento del perfezionamento del diritto alla pensione, non sussistendo un diritto quesito relativo al trattamento di pensione in base alla normativa vigente al momento dell’iscrizione.
Prima del verificarsi del fatto acquisitivo del diritto a pensione, il lavoratore può vantare solo un’aspettativa ad un determinato trattamento di quiescenza.
Tale aspettativa assume la consistenza di un vero e proprio diritto soggettivo solo nel momento in cui l’interessato maturerà i requisiti necessari per essere collocato in pensione.
È però necessario che la legge sopravvenuta, in questo caso la legge di bilancio 2024, non oltrepassi il limite della ragionevolezza, ossia non leda l’affidamento del pensionando in una consistenza della pensione, proporzionata alla quantità dei contributi versati.
L’affidamento del lavoratore sulla “sicurezza giuridica” non è tutelato, però, in termini assoluti e inderogabili, in quanto esso è sottoposto al normale bilanciamento proprio di tutti i diritti e valori costituzionali.
La giurisprudenza della Corte Costituzionale è però consolidata ormai nel ritenere illegittima la norma che violi l’affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica quale elemento essenziale dello stato di diritto.
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