Esodo Mmg, in crisi i modelli di assistenza territoriale al Sud.
Tra le regioni con la popolazione medica più giovane, la Campania pareva al riparo dal grande esodo dei camici. Ma all’improvviso l’assistenza primaria sta soffrendo.
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Anche in Campania iniziano i problemi di carenza di medici di famiglia. Solo quest’anno 350 sono andati via prima del compimento dell’età pensionabile. Non sono stati sostituiti: i loro pazienti sono stati ripartiti fra gli altri medici grazie al fatto che la regione ha consentito un rapporto ottimale più alto, 1300 assistiti anziché 1000. Sono rimaste scoperte 40 zone carenti ma entro fine anno andranno via altri dottori. Tra le regioni con la popolazione medica più giovane, la Campania pareva al riparo dal grande esodo dei camici. Ma all’improvviso l’assistenza primaria sta soffrendo. «Su tre giovani sostituti nel mio distretto uno ha resistito, gli altri due sono tornati in continuità assistenziale, uno dopo aver preso la convenzione per due mesi», racconta Luigi Di Caprio, medico di ritorno da Milano nel suo Matese. «Qui fare il medico è più difficile che altrove. Siamo prescrittori unici: tutte le prestazioni del servizio sanitario sul territorio passano da noi. E se noi diciamo di no, è la sanità che nega la salute».
Le determinanti dell’abbandono della professione non sono dunque solo economiche. Cedono anche settori come l’ospedale e l’emergenza: pensionamenti e chance di uscire con quota 100 hanno portato sottorganico i principali ospedali e nel 118 a Napoli dai 165 originari gli effettivi sono scesi a 30. Un comune denominatore nel rapporto fra i tre setting? La tensione con l’utenza. In cronaca emerge solo la punta di un iceberg. Salvatore Caiazza, vicesegretario Fimmg Asl 2 Napoli Nord da mesi denuncia liti negli studi convenzionati tra Napoli e Caserta. A suscitare reazioni inusitate basta un piccolo malinteso. «Nel mio studio giorni fa un paziente stanco di attendere ha minacciato le assistenti e spaventato gli assistiti in sala; inoltre ha rotto il vetro della bacheca con gli orari di visita. Ho denunciato. È finito sui media il caso della collega specialista ambulatoriale picchiata a Giugliano dalla figlia di una paziente durante una visita domiciliare. È inammissibile che un cittadino minacci il suo medico per ottenere una ricetta», dice Caiazza. Che individua tre criticità: «Più della burocrazia, dalle mie parti a Napoli, pesa il doversi accollare omissioni di altri medici; dobbiamo emettere ricette del Ssn di fatto rifiutate da specialisti ospedalieri e ambulatoriali; oppure riparare ad omissioni dello specialista nell’emettere certificati di malattia online; il collega che omette di certificare, però, dimentica che se certifico al posto suo incorro nel reato di falso ideologico. Altra causa di attrito, il paziente che si fa anticipare la medicina in farmacia e poi chiede la ricetta: se il medico non si presta il rapporto si può guastare».
Il detonatore della rabbia per Caiazza non è tanto il “no” del medico, quanto il tempo di attesa. «In genere l’assistito ha alle spalle pellegrinaggi tra specialisti, e si affida al medico di famiglia come unica spiaggia». Dai tempi del commissariamento della regione, gli specialisti non hanno il ricettario del Servizio sanitario né per i farmaci né per gli esami, e a prescrivere è il generalista. «Se però trascriviamo più del dovuto, o farmaci ad alto costo, l’Asl se la prende con noi», dice Di Caprio, il cui studio, a proposito di utenti insoddisfatti, due anni fa è stato teatro di un’aggressione. «Siamo tra due fuochi: il servizio sanitario dice più spesso di no, e i pazienti si arrabbiano. Intanto, anche qui in montagna, cresce il privato convenzionato. Che talora induce prestazioni, specie diagnostica. Se diciamo no, temendo una convocazione dell’Asl, inizia il braccio di ferro con l’utenza». «In realtà gli specialisti dovrebbero già prescrivere sul ricettario SSN», dice Caiazza. E ricorda una norma del 2016 che vincola tutti i medici del pubblico alla prescrizione “dem” a decorrere da inizio 2017. «Certo, è una norma non applicata. Quanto al privato convenzionato, qui a Napoli non è di grandissimo supporto: dopo il 10 di ogni mese i budget sono esauriti e non è possibile effettuare esami diagnostici, a meno di non porre mano al portafoglio».
Sembra in crisi un modello di medico di famiglia: quel “prescrittore unico” che dovrebbe stare a guardia della spesa ma che è anche l’ultima chance per un paziente sprovvisto di risorse economiche. In Puglia, a Foggia, sei mmg sono stati sanzionati per aver trascritto su ricetta Ssn vitamina D suggerita da specialisti, è in atto un aspro confronto con l’Asl. «Anche a Napoli Nord sono iniziate le convocazioni per inappropriatezza sulla prescrizione di alcuni farmaci», dice Caiazza. «Ci chiediamo come mai le Asl, pur sapendo che l’input arriva da specialisti sprovvisti di ricettario, si rivolgano al medico di famiglia, ultimo anello della catena, per riavere i soldi del rimborso dei farmaci». Di Caprio conferma: «I Nas hanno ravvisato infrazioni sulle ricette, ad esempio per la terapia del dolore o sulla paracodina-cardiazol. Per chi di noi da grande avrebbe voluto guarire malati, il dover agire da burocrate, fermare una ricetta e lasciar passare l’altra, è pesante. I giovani vedono che le cose non vanno bene e qualcuno decide di lasciare. Molti di noi pensano che preferirebbero essere dipendenti, soggetti alle stesse regole degli specialisti ospedalieri». Caiazza la pensa in modo un po’ diverso: «Basterebbe lavorare insieme con gli specialisti in casa di comunità, sotto uno stesso tetto, a farci capire come riordinare le reciproche funzioni ed a costruire un clima migliore con i pazienti. Al momento questo clima non c’è, e i colleghi vanno via. Non frustrati dal basso stipendio, ma perché malgrado tanto lavoro si rendono conto che è sempre più dura mantenere la fiducia del paziente».
Doctor 33
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