Immigrazione clandestina: cause ed effetti di una diffusa impunità
Hanno fatto il giro del web le immagini dei passeggeri a bordo di un treno della Metro A di Roma prima scippati e poi presi a cinghiate dai borseggiatori.
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Trenta secondi di video, sufficienti ad illustrare un fenomeno che, anche a Roma come in altre città, si ripropone quotidianamente, soprattutto nei pressi delle stazioni ferroviarie e della metropolitana. Nel video si vedono tre giovani di origine straniera, nei pressi di una delle porte d’uscita, dove spesso si posizionano per scippare i passeggeri all’apertura delle porte dei vagoni per poi fuggire velocemente.
Come in altre occasioni c’è stata la reazione dei passeggeri che si sono sentiti urlare ai malviventi: “via, andate via”. Con un successivo parapiglia, spintoni, pugni e calci, finché uno dei malviventi si è tolta la cintura dai pantaloni e, impugnandola come una frusta, ha percosso coloro che avevano osato reagire.
Le immagini sono state pubblicate con ampio corredo di commenti, come quello di Enrico Tata su www.fanpage.it, ripreso da Dagospia e da Blitz Quotidiano.
L’episodio, non nuovo, si presta ad alcune considerazioni che propongo ai lettori di Un Sogno Italiano. In primo luogo, è evidente il senso di impunità del quale i borseggiatori si fanno forti. Sanno che non passeranno un giorno in prigione. Che saranno rilasciati dopo la identificazione e potranno tornare sul posto e riprendere la loro attività criminale. E questo dimostra l’inadeguatezza del sistema di controllo del territorio.
Naturalmente questa impunità non riguarda soltanto i borseggiatori. La lista sarebbe lunga. Basta pensare agli extracomunitari irregolari destinatari di un decreto di espulsione che non hanno lasciato il territorio dello Stato. Infatti, abbiamo appreso in più occasioni dai giornali e dalle televisioni che quel ladro, quel rapinatore, quello stupratore aveva avuto, spesso anni prima, un provvedimento di espulsione e, tuttavia, continuava a vivere in Italia ed a delinquere.
È una constatazione che non aggiunge niente a quello che tutti gli italiani sanno. E non è da escludere che questa condizione, nota anche all’estero, sia una delle ragioni che spinge molti a venire in Italia. Sanno che probabilmente non troveranno lavoro e che dovranno arrangiarsi, nella migliore delle ipotesi, con furtarelli, senza correre particolari rischi. Mi diceva alcuni giorni fa una Signora rumena, che vive da anni in Italia, che questi comportamenti nel suo paese non sarebbero tollerati. Anche il furto di un’automobile viene punito con il carcere, immediatamente.
È noto, fin dai tempi delle “grida” manzoniane, come l’effettività di una sanzione sia determinante ai fini che lo Stato si ripromette di perseguire prevedendola, mentre la probabilità se non la certezza della sua inefficacia contribuisce a rendere insicura la convivenza nelle comunità, specialmente in un momento nel quale aumenta la presenza di soggetti appartenenti a diverse etnie e culture i quali, proprio in ragione della consapevolezza della diffusa impunità, non sono indotti al rispetto delle norme dello Stato che li accoglie, anche in ragione di certe interpretazioni giurisprudenziali che hanno giustificato comportamenti delittuosi sulla base delle usanze diffuse nei paesi di provenienza.
Ancora una volta è necessario riferirsi all’esperienza della Roma repubblicana e imperiale aperta all’ingresso di soggetti provenienti da paesi diversi con culture diverse che venivano accolti e progressivamente inseriti nel contesto sociale, purché fossero rispettosi delle leggi e della identità del popolo romano che si era formata nel corso dei secoli anche sulla base dell’apporto di altre culture.
Abbiamo constatato come l’integrazione sia difficile proprio in ragione del mancato rispetto di leggi ed usanze del nostro paese che l’autorità non riesce ad assicurare alla generalità dei cittadini. Episodi di violenza personale e di mancato rispetto di simboli della nostra storia, anche religiosa, sono effetto di quel senso di tracotanza che, in ragione della impunità di cui si è detto, molti irregolari praticano quotidianamente. Il fatto, ad esempio, che si dica e si legga della “mafia nigeriana”, del monopolio nello spaccio di droga da parte di gruppi di soggetti che usano anche la violenza per affermare la loro presenza ed effettuare i loro traffici non può che essere effetto della consapevolezza della inefficienza dei nostri apparati repressivi. Perché, se fossero consapevoli di rischiare una effettiva sanzione probabilmente, ancorché spinti dalle necessità, non si dedicherebbero all’illecito.
È, questo della sicurezza interna, un tema fondamentale per i cittadini i quali chiedono alla politica di passare dalle parole ai fatti, perché se essere accoglienti deve significare garantire consentire una vita dignitosa a chi permane sul nostro territorio ugualmente va sanzionato chi viola le leggi.
Mi rendo conto che siamo di fronte ad un problema complesso che richiede interventi coordinati tra autorità di polizia e magistratura sulla base di una legislazione che va messa a punto ovunque si necessario intervenire per rendere effettivo il sistema di controllo e di repressione, considerato, in particolare, che il rimpatrio per la maggior parte degli irregolari è impossibile, in quanto solo con la Tunisia abbiamo un trattato che lo consente.
Il problema è complesso ma non va trascurato per ché ne va della credibilità della classe politica, senza distinzione, per chi è al governo e per chi è all’opposizione ed ha governato con gran parte delle regole che oggi applichiamo.
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