Anno: XXV - Numero 217    
Martedì 26 Novembre 2024 ore 13:30
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PENSIONI, COSA CAMBIA PER I MEDICI?

L’emendamento all’articolo 33 della Manovra azzera le misure per chi va in pensione di vecchiaia e le attenua per medici ed infermieri. Solo in parte soddisfatti gli interessati che hanno scioperato il 5 anche contro i tagli alle pensioni.

PENSIONI, COSA CAMBIA PER I MEDICI?

Con un emendamento all’articolo 33 della Manovra, il Governo attenua in parte il taglio alle pensioni dei dipendenti pubblici che contribuiscono all’Inps da prima di gennaio 1996. La decurtazione, più alta quanti meno sono i mesi di contributi versati, penalizzava e penalizza: i medici iscritti alla Cassa Pensioni Sanitari, i dipendenti degli enti locali ed infermieri iscritti alla Cpdel, gli insegnanti di scuole primarie e maestri d’asilo e gli ufficiali giudiziari iscritti alla Cpug (sono tutte casse confluite in Inps). Per operare il taglio sono stati rivisti al ribasso i coefficienti di calcolo dei contributi versati fra il 1981 e il 1995 e la sforbiciata rischia di far perdere fino al 25% dell’assegno: in pratica si salverebbe solo chi contribuisce dal 1980, e quindi –specie se medico– è prossimo all’età della pensione di vecchiaia. Con l’emendamento però vengono azzerate le misure per chi va in pensione di vecchiaia ed attenuate per medici ed infermieri. Vediamo come.

Le pensioni di vecchiaia– L’articolo 33 in origine faceva valere i tagli su tutte le categorie interessate dall’articolo, sia chi andava via raggiunti i limiti di vecchiaia, sia chi lo facesse una volta raggiunti i requisiti contributivi (pensione anticipata). Con l’emendamento, per chi va in pensione compiuta l’età pensionabile i coefficienti restano identici al passato. Il taglio occorre solo a chi va in pensione anticipata che si può chiedere con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e con 41 anni e 10 mesi per le donne.

Altri esclusi dai tagli – I nuovi coefficienti di calcolo penalizzanti, secondo l’emendamento, non si applicano a chi matura i requisiti per andare in pensione entro il 2023. E non si applicano nei casi di raggiungimento dei limiti di età o di servizio. Il limite di servizio nella Pubblica Amministrazione è 65 anni. L’emendamento prevede che i tagli alla pensione non si applichino né nei casi di collocamento a riposo d’ufficio né nei casi di raggiungimento dell’anzianità massima prevista. La PA colloca in pensione d’ufficio a 65 anni se si sono maturati i requisiti per l’anzianità sopra citati. Per i medici, che entrano nel Servizio sanitario qualche anno più “vecchi”, da specialisti, è un po’ diverso, gli anni di contributi da maturare decorrono con qualche ritardo.

Medici ed infermieri in servizio oltre i 40 anni – Gli anni scorsi, il medico che, compiuti i 65 anni, non avesse maturato sufficienti anni di pensione, di fronte al direttore generale che volesse recedere dal rapporto ha potuto opporre leggi che sanciscono la possibilità di essere licenziati solo una volta maturata un’anzianità di servizio di 40 anni (escluso il periodo universitario) e ha continuato a lavorare fino a quel limite. Ora invece l’emendamento allarga ancora le chance: dirigenti medici ed infermieri possono chiedere il trattenimento in servizio anche oltre i 40 anni di contribuzione e comunque non oltre i 70 anni. I medici Inps ed Inail possono presentare domanda per il trattenimento in servizio oltre i limiti fin qui previsti per loro dall’ordinamento.

Agevolati i professionisti sanitari – L’emendamento conferma le riduzioni dei coefficienti di calcolo per le pensioni anticipate di tutte le categorie dell’articolo 33. Ma per i medici iscritti alla CPS e gli infermieri CPDEL, al fine di “assicurare un efficace assolvimento dei compiti primari di tutela della salute e di garantire l’erogazione dei LEA”, la decurtazione sarà più soft, e decrescerà quanto più tardi si va via. Infatti, sarà a sua volta ridotta di 1/36 per ogni mese di posticipo del pensionamento rispetto alla prima data utile consentita. Per finanziare queste misure si attingerà al Fondo investimenti strutturali fino al 2032 con picchi tra 300 e 464 milioni fra 2028 e 2030.

Stacco tra pensionamento ed assegno – Per tutti i contribuenti Inps c’è infine, nello stesso emendamento, un’altra notizia poco incoraggiante. Se nel 2024 il primo assegno pensionistico arriverà, come oggi, dopo 3 mesi dalla maturazione dei requisiti pensionistici, per chi matura i requisiti nel 2025 arriverà dopo 4 mesi, per chi li matura nel 2026 dopo 5 mesi, per chi li matura nel 2027 dopo 7 mesi e per chi li matura nel 2028 dopo 9 mesi. Nell’intervallo tra uscita dal lavoro e percezione dell’assegno diventerà indispensabile il sostegno del trattamento di fine rapporto.

I commenti – Solo in parte soddisfatti medici ed infermieri che hanno scioperato il 5 anche contro i tagli alle pensioni. Antonio De Palma, presidente del Nursing Up, Sindacato nazionale infermieri apprezza la modifica: «La nostra protesta ha prodotto degli effetti importanti, ma restiamo sconcertati di fronte a ipotesi come quella che prevede la possibilità che un infermiere possa restare, di propria sponte, in servizio fino a 70 anni».

 

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