Giorgia Meloni, meglio “donna dell’anno”
Quella riguardante Giorgia Meloni è stata una provocazione, scrive Libero, e gongola nel richiamare le polemiche “inutili e senza senso” che quel titolo ha provocato, a sinistra soprattutto, ma anche i dubbi e le proteste nel mondo della destra italiana
Non l’ho letto e al momento non ho intenzione di leggerlo. Mi basta il titolo “l’uomo dell’anno” sulla foto di Giorgia Meloni nella prima pagina di Libero a lei dedicata. Mi ha disturbato molto. Non ne ho compreso, evidentemente per un mio limite, l’ironia o la provocazione che avrebbero suggerito l’iniziativa, un po’ come quando fu detto di Emma Bonino, candidata 24 anni fa alla Presidenza della Repubblica, “finalmente l’uomo giusto”. Provocazione o ironia, un’espressione che ha indotto immediatamente chi critica l’azione politica del Presidente del Consiglio che quell’“uomo dell’anno” sottende l’idea che il potere ed il suo esercizio siano una prerogativa degli uomini, per cui una donna capace e determinata deve necessariamente richiamare le caratteristiche di un uomo. Idea smentita dalla storia che di donne capaci di esprimere con determinazione scelte politiche importanti ne conosce molte, da Cleopatra, ad Elisabetta I Tudor, da Caterina di Russia alle più recenti Margaret Thatcher e Angela Merkel. Di nessuna di queste si è detto che fossero “l’uomo del loro tempo”, capaci di esercitare il potere, ereditato o conquistato, con le arti del governo, anche se le più antiche, in tempi che non conoscevano le ragioni democratiche del consenso, non rifuggivano dal ricorrere all’arte della seduzione. Certamente ne fece uso la Regina d’Egitto, bella e ammaliatrice, determinata a perseguire il potere anche legandosi all’autorità romana di Giulio Cesare e Marco Antonio, che da entrambi ebbe figli. Poi l’Imperatrice della Russia, che, sulla scia di Pietro il Grande, continuò a modernizzare il suo paese secondo le idee dell’assolutismo illuminato, s’interessò ai problemi della scuola, fondando il primo istituto di istruzione superiore femminile in Europa, delle finanze e della creazione di nuove cittadine create su suo ordine. Ai nostri tempi, quando il potere consegue al consenso elettorale, hanno saputo conquistarlo e gestirlo tanto la Thatcher quanto la Merkel, governando Regno Unito e Germania con determinazione e lungimiranza.
Quella riguardante Giorgia Meloni è stata una provocazione, scrive Libero, e gongola nel richiamare le polemiche “inutili e senza senso” che quel titolo ha provocato, a sinistra soprattutto, ma anche i dubbi e le proteste nel mondo della destra italiana di cui ha dato conto Il Secolo d’Italia, per il quale quella scelta “lascia perplessi. Anche chi è donna sa combattere” e “quando si cancella la donna – si legge – c’è sempre qualcosa di stonato”.
Marwa Mahmoud della Segreteria del Partito Democratico, ad esempio, ha detto che Giorgia Meloni dovrebbe essere “fiera e orgogliosa” di questa nomina “proprio lei che ha modificato il cerimoniale a inizio mandato, chiedendo di essere sempre definita il presidente del consiglio. È motivo di vanto per le persone che usano come benchmark, come indicatore più alto e abile proprio l’uomo”. Questa scelta sarebbe l’indicatore di un pensiero sessista, nel senso di espressione dell’idea che una donna “non possa mai essere abbastanza capace e competente, che per essere definita di successo, di valore e degna debba essere eguagliata unicamente all’uomo”. Non lo dice ma fa intendere che una donna per contare debba essere soprattutto moglie, amante o consigliere occulto dell’uomo potente. Gli esempi richiamati dicono il contrario. Che una donna, senza rinunciare alla propria femminilità, possa essere capace di esprimere una idea politica ed una indicazione di governo. Che possa conciliare politica e famiglia con i ruoli di moglie e madre, come nel caso di Ursula von Der Leiyen, Presidente della Commissione europea e già ministro, che di figli ne ha sette.
La Mahmoud insiste e sostiene che Giorgia Meloni si definisca donna solo “per imbonirsi le donne che pensano che stiano progredendo grazie a lei come prima donna premier”, che “definirsi donna nei comizi serva solo ad attaccare le persone appartenenti alla comunità LGBTQI+”. E si chiede: “Donna è forse degno e “cool” solo quando è accostato a madre?”
Anche Elly Schlein ha voluto dire la sua, e, ospite di Tagadà su La7, attacca: “ieri la destra che governa il paese, per parola della senatrice Mennuni, ci spiegava che la massima aspirazione delle donne e delle ragazze deve essere quella di diventare madri. Oggi un giornale di destra ci spiega che la politica e il potere sono cose da uomini: noi non pensiamo che il contributo delle donne alla società si misuri col numero dei figli o di figlie che fanno. Non penso che la mia aspirazione come persona che fa politica con impegno tutti i giorni sia quella di diventare l’uomo dell’anno, anzi penso che sia una resa“.
Secondo Mario Sechi, Direttore di Libero ed ex portavoce di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, la Presidente del Consiglio è l’uomo dell’anno “perché prima di tutto ha cancellato la guerra dei sessi vincendola, pensando differente, essendo divergente, superando la boria dei maschi e lo sconfittismo delle femmine. Non ha rotto il tetto di cristallo, lo ha dissolto”. Aggiunge: “pare crei inquietudini tra i progressisti, i quali sono privi di humor e hanno ricordi offuscati dall’ossessione per Giorgia”. È il riferimento già fatto ad Emma Bonino. La Meloni “ha proiettato gli avversari in una dimensione di eterno rosicamento… leader del patriarcato, femmina ma non femminista”.
Per Alessia Morani, che voleva oscurare le croci nei cimiteri per non disturbare i non credenti o quanti appartengono a religioni non cristiane, definire la Meloni uomo dell’anno “è la sintesi perfetta del problema culturale che abbiamo in Italia se fosse in lei mi inca…rei di brutto”.
Certo l’articolo ha fatto uscire ancora una volta allo scoperto politici capaci quasi solo di polemizzare sul nulla, mentre probabilmente sorrideranno molti degli elettori di Elly Schlein più disincantati dei “rosiconi” e incapaci di esprimere argomenti che possano riscuotere concretamente consensi nell’opinione pubblica, come indicano i sondaggi sulle intenzioni di voto. Preferiscono effettivamente polemizzare “avvelenati, metaforicamente sbavanti e ululanti”, scrive Daniele Capezzone“, su argomenti “inutili e senza senso”, che escono dalle prime pagine dei giornali nello spazio di un paio di giorni. Potevano dire e scrivere che quell’“uomo dell’anno” somiglia molto ad un argomento usato per distrarre l’opinione pubblica mentre monta la polemica sulle decisioni assunte nella legge di bilancio, manon sono capaci di sorridere.
Avrei preferito “la donna dell’anno”, con buoni motivi. Infatti, si condividano o meno le sue scelte, Giorgia Meloni è stata la protagonista di questa stagione della politica, in Italia e nelle capitali di mezzo mondo.
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