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Gli influencer, quando si inceppa la macchina del consenso

I social e la pubblicità girano fin quando tengono la fiducia e la reputazione

Gli influencer, quando si inceppa la macchina del consenso

Il caso di Chiara Ferragni va oltre la cronaca, le sanzioni e gli sviluppi giudiziari. Che pure hanno e avranno un peso sostanziale, per il suo futuro e anche per il mondo che rappresenta. C’è un tema economico, che chiama in causa le dinamiche e le regole con cui si muove una macchina da soldi che, nel caso dell’industria Ferragni e in quello di molti altri influencer, incrocia tutte le potenzialità moderne dei social network e quelle tradizionali della pubblicità. C’è un tema sociale, che aggiunge il piano della reputazione, strettamente connesso alla beneficenza e al tradimento del suo presupposto, l’onestà, che con varie gradazioni può declinare fino alla truffa. Tutto si tiene considerando l’elemento che in qualsiasi mercato, da sempre, muove il rapporto tra chi offre un prodotto e chi lo acquista: la fiducia.

La crisi aperta dalla sanzione Antitrust per l’affaire dei pandori Balocco ha avuto una serie di conseguenze immediate e ne avrà altre, che saranno più o meno dirompenti secondo la capacità di reazione del mondo Ferragni. Alcune di queste conseguenze sono più facilmente misurabili. Il ‘Pandoro-gatè, secondo un’analisi realizzata da SocialData in esclusiva per Adnkronos, è costato 210 mila follower e una diminuzione del sentiment positivo di circa 35 punti. Cosa dicono questi dati? Poco da un punto di vista dei valori assoluti. Basta considerare il rapporto matematico che c’è tra i 30 milioni di follower complessivi e la quota di chi ha voltato le spalle alla regina degli influencer. Gli stessi dati possono però voler dire molto se si allarga l’analisi alle conseguenze di medio e lungo periodo. In estrema sintesi, la falla che si è aperta si può chiudere rapidamente oppure si può allargare fino a inghiottire buona parte dell’impero costruito grazie al moltiplicatore che finora ha lavorato sull’icona di una Chiara Ferragni ‘brava, bella e buona’.

Prima ancora che a recuperare follower Chiara Ferragni, e come lei qualsiasi altro influencer che deve quello che è e quello che fa al consenso che genera, deve puntare a ricostruire la propria reputazione. Lo deve anche fare rapidamente, perché senza reputazione saltano come sta già avvenendo i rapporti commerciali, i contratti con le aziende e le commesse milionarie, principale fonte di ricavi dell’industria degli influencer. Ha i mezzi economici per provare a farlo, basta pensare ai manager, professionisti della comunicazione ed esperti di marketing che stanno lavorando al rilancio del brand Ferragni, ma dovrà affrontare un passaggio chiave, facendo ripartire la macchina del consenso che si è inceppata. Quando c’è una crisi di reputazione nel mondo industriale, in genere, l’unica strada percorribile è quella di rimediare all’errore commesso tornando al prodotto, ripartendo dagli investimenti e dalle strategie che possano riportarne in primo piano la qualità. Nel caso di Ferragni, e di quasi tutti gli influencer, la qualità del prodotto è data esclusivamente dal valore che gli dà chi crede nella sua immagine.

Si può discutere a lungo, e ha poco senso farlo qui, del valore e della consistenza delle industrie legate agli influencer. Semplicemente, gli influencer ci sono e ci saranno ancora, a prescindere dalla fine che farà Chiara Ferragni. È lo stesso schema del consenso, quello che alimenta e viene alimentato da social e pubblicità, a prevedere un ciclo fisiologico fatto di ascesa, successo e declino. In molti casi è un ciclo velocissimo, come dimostrano tante meteore. Nel caso di Chiara Ferragni è stato fino a oggi più solido e coerente con uno sviluppo industriale, evidentemente anche grazie alle sue capacità. Non è il caso però di stupirsi più di tanto per un meccanismo, quello che vede salire rapidamente e scendere altrettanto rapidamente dal carro del vincitore chi scegli di accostare la propria immagine a quella di un’icona vincente. Si è sempre ispirato alla logica del tutti su o tutti giù e non fa eccezione neanche Chiara Ferragni. Ieri l’influencer insieme al compagno Fedez meritava l’Ambrogino d’oro, oggi ne viene chiesta la revoca. Ieri Ferragni meritava l’invito da parte del direttore Eike Schmidt agli Uffizi, il tempio della cultura alta, oggi a molti quell’invito sembra quanto di più inopportuno si possa pensare. Ieri c’era il palco di Sanremo, oggi quella che Fedez chiama gogna mediatica, dimenticando che è evidentemente mediatico tutto quello che ha portato lui e Ferragni dove sono oggi. Allo stesso modo Safilo, Coca Cola e una lunga lista di brand spendevano milioni per assicurarsi il volto e la firma di Chiara Ferragni e oggi si affrettano ad allontanarsene.

Il passaggio da icona pop a icona della fiducia tradita può essere evitato dimostrando con il tempo di aver commesso errori senza la volontà di fare delle truffe. Sarebbe invece inevitabile, e irreversibile, nel caso in cui dovesse essere accertato che il legame tra affari e beneficenza, tra cachet milionari e messaggi falsi, si configurasse come un vero e proprio sistema per far rendere al massimo la macchina del consenso.

Redazione Adnkronos

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