Il codice dei contratti discrimina i liberi professionisti
Inarsind denuncia la mancanza valorizzazione del ruolo che le libere professioni tecniche possono interpretare per lo sviluppo del nostro Paese
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L’Ing. Carmelo Russo, Presidente Nazionale INARSIND, l’Associazione che rappresenta e tutela ingegneri e architetti liberi professionisti. interviene sull’entrata in vigore della digitalizzazione dell’intero ciclo degli appalti e dei contratti pubblici, e torna a chiedere dalle colonne della rivista specializzata “Il Libero Professionista” che fa capo a Confprofessioni, urgenti modifiche al Codice dei Contratti pubblici (D.Lgs. n. 36/2023).
Nell’articolo Russo spiega infatti che dal 2 gennaio 2024 ha preso il via la digitalizzazione dell’intero ciclo degli appalti e dei contratti pubblici, incentrata sulla Banca Dati ANAC. “La digitalizzazione, da tempo auspicata e invocata dai professionisti del settore è uno degli aspetti più positivi del nuovo Codice in atto dallo scorso luglio, che però presenta notevoli criticità. INARSIND lo considera una forma di discriminazione nei confronti dei tecnici liberi professionisti che non vengono più considerati soggetti cardine per la realizzazione dell’opera pubblica”.
Infatti secondo il presidente Inarsind “Il D.Lgs. n. 36/2023 ridisegna il mondo dell’affidamento dei contratti pubblici scardinandone alcuni capisaldi. Innanzitutto dimentica la centralità della fase progettuale, il suo valore culturale e l’importanza tecnico-scientifica che riveste, a favore dell’Appalto Integrato. L’affidamento a un unico soggetto per la progettazione esecutiva e la realizzazione dell’opera, per le stringenti esigenze dell’impresa realizzatrice annulla di fatto la possibilità di una progettazione libera e autonoma. Prima considerato un’eccezione è ormai una prassi consolidata come dimostrano i rapporti del primo trimestre 2022 e quelli del 2023; grazie alle norme per gli appalti delle opere del PNRR, gli appalti integrati sono infatti cresciuti del 318,8% nel numero, dell’81,9% nel valore dei lavori e del 126,1% in quello dei servizi compresi nelle gare”.
Tra le scelte più infelici, se non pericolose – approfondisce Russo nell’articolo apparso nei giorni scorsi appunto su “Il Libero Professionista” – c’è poi la riduzione dei livelli di progettazione da tre a due con la scomparsa del livello intermedio (Progetto Definitivo ndr) in favore del Progetto di Fattibilità Tecnica ed Economica (PFTE), ora alla base dell’Appalto Integrato. Il Pfte viene spesso sottostimato e sottovalutato portando poi a un aumento dei costi nel passaggio al Progetto Esecutivo. Nel suo rapporto del 2023al Parlamento, l’ANAC ha rilevato come sia presenti “disfunzioni frequentemente riscontrate negli appalti integrati in termini di incrementi di costo e varianti”, invitando a tal proposito il legislatore a introdurre limiti agli aumenti di costi nella fase esecutiva”.
Di fatto, secondo Russo “la categoria dei liberi professionisti Architetti e Ingegneri è discriminata dall’intero Codice. Tra gli esempi più eclatanti l’esclusione in via preliminare dalla Direzione dei Lavori (art.114, comma 6) dove il ricorso a professionisti esterni è “limitato ai casi in cui le S.A. non dispongano delle competenze o del personale necessario ovvero nel caso di lavori complessi o che richiedano professionalità specifiche, ovvero qualora la stazione appaltante non sia una amministrazione pubblica, l’incarico è affidato con le modalità previste dal codice”. Così come per le attività di collaudo per le quali (art.116, comma 4) il ricorso a professionisti esterni è limitato ai casi di “accertata carenza nell’organico della stazione appaltante, oppure di altre amministrazioni pubbliche, o nei casi di particolare complessità tecnica, la stazione appaltante affida l’incarico con le modalità previste dal codice.
Oltremodo penalizzante – spiega ancora il presidente Inarsind – per coloro che partecipano alle gare per l’affidamento dei servizi di Architettura e Ingegneria è poi la previsione del comma 11 dell’art. 100 che per le procedure di aggiudicazione di appalti, forniture e di servizi limita, quale dimostrazione del requisito di capacità tecnica e professionale,al triennio precedente a quello di indizione della procedura, aver eseguito contratti analoghi a quello da affidare. La richiesta, limitata ad un periodo temporale così ristretto, appare assolutamente irrazionale rispetto a qualsiasi curriculum professionale e inspiegabilmente discriminatoria, a meno dell’esclusivo vantaggio che possono trarne grandi organizzazioni professionali.
Lo scenario – conclude Russo – che si è andato delineando dall’entrata in vigore del Codice, trascurando la ormai acclarata carenza di organico degli uffici mostra che la P.A., sta rinunciando al ruolo culturale svolto dai Liberi Professionisti Architetti e Ingegneri ponendo in toto nelle mani dell’Impresa non solo la realizzazione dell’opera, ma anche tutte le scelte progettuali connesse. Non riconoscendo più l’attività di progettazione, come attività culturale di ricerca e di elaborazione, di fatto non considera più i progetti come degli investimenti da fare oggi in vista delle possibilità economiche che domani potranno consentire la risoluzione di annose problematiche. Alla base delle criticità del Codice c’è la mancanza di una adeguata consapevolezza del ruolo che le libere professioni tecniche possono interpretare per lo sviluppo del nostro Paese”.
A sostegno dei liberi professionisti, infatti, Inarsind chiede anche una revisione del Codice degli Appalti. In particolare è necessario che si mantenga in capo all’Amministrazione il controllo della progettazione limitando, come indicato anche dall’Anac, il ricorso al l’Appalto Integrato. Si deve poi evitare che sia la successiva fase della progettazione esecutiva – affidata all’aggiudicatario – a definire compiutamente il progetto e l’eventualità che, per sottostima e sottovalutazione dell’importanza che la redazione del PFTE assume, le Amministrazioni la limitino all’interno dei propri uffici, escludendo l’affidamento a professionisti esterni
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