LA RIVOLTA DEGLI AVVOCATI SBARCA A TORINO.
I sindacati degli avvocati e i bollettini 2024 dell’ente previdenziale di categoria: «Sfiniti dall'ennesima spesa. Nel settore redditi sempre più esigui».
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L’annuncio era scontato, ma non per questo meno insultato (su Facebook): «Sono stati rilasciati da Cassa forense i bollettini per il pagamento dei minimali dell’anno, ognuno comprendente 796 euro per contributo soggettivo e 201 euro per contributo integrativo minimali 2024», c’era scritto sul sito dell’ente previdenziale degli avvocati. Ovvero, sui 4 mila euro, tra la prima rata — che scade domani — e la quarta, che comprenderà la rivalutazione Istat prevista dall’articolo 21 del regolamento unico (+ 5,4 per cento) e il contributo di maternità.
Difficile non pensare sia una mazzata, tenendo a mente alcuni dati del rapporto 2023 di Censis e Cassa forense sull’avvocatura: i legali under 30 hanno un reddito medio di 13.824 euro; quelli tra i 30 e i 34 di 18.683 euro. E ancora: in Piemonte, il 21,4 per cento sono under 4o, terza regione in Italia.
«Abbiamo raccolto solo una minima parte del malcontento e il sentimento prevalso è stato quello della stanchezza di molti, dichiaratesi quasi sfiniti dall’ennesima spesa», ragiona l’avvocato Raffaella Pratticò, presidente della sezione torinese dell’Aiga (Associazione italiana giovani avvocati, oltre 10 mila soci in tutta la penisola). Cosi come Aiga — aggiunge — «si è sempre battuta contro la decisione che ha negato l’approvazione della delibera del comitato dei delegati di Cassa forense di confermare, anche per il 2023, l’esonero del contributo integrativo». Arrivò lo stop dei ministeri vigilanti, poiché il bilancio della Cassa rientra nel conto economico dello Stato, con modifiche soggette agli equilibri generali di finanza pubblica.
Soluzione? «Si potrebbe prevedere un’equità previdenziale, magari con una progressività della contribuzione in relazione ai redditi prodotti». C’è di più, però: «Questa previsione, da sola, rischia di rimanere solo un correttivo di per sé non sufficiente a risolvere il vero problema della nostra generazione, che rimane l’esiguità dei redditi», chiude Pratticò. Temi che Aiga discuterà al Focus nazionale in menù il 15 e 16 marzo, a Verbania.
«Ma dobbiamo entrare in una certa mentalità — spiega Francesco Zarba, da un anno nel comitato dei delegati dell’ente — cioè vedere Cassa forense come la nostra Cassa: oltre che la pensione, ci dà tanta assistenza, che è assolutamente sconosciuta dai colleghi di tutte le età».
Resta il guaio della contributo minimo: «Il problema della cifra è legato purtroppo al piano di riserva, che ha una previsione di sostenibilità a 50 anni». Proprio per la vigilanza pubblica sui conti dell’ente. «Da una parte è ovviamente doveroso contribuire alla Cassa e, quindi, alla previdenza — commenta l’avvocato Enrico Esposito, 37 anni, ex componente dell’Ordine — poi mi rendo conto che ci siano delle istanze cui andare incontro. Anche se trovo apprezzabile la riduzione della metà del contributo prevista dalla Cassa», per i primi sei anni di iscrizione e sotto i 35 anni.
Quel che pensano tanti giovani, però, lo riassume Giampaolo Mussano, consigliere dell’Ordine e nel direttivo locale del Movimento forense: «C’è il tema della sostenibilità della Cassa, ma c’è anche un problema. I giovani vedono un po’ gli aumenti di Cassa e Ordine e dicono: “Questi sono matti”»
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