Anno: XXV - Numero 214    
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Appunti per un (im)possibile Erasmus notarile

Molti ingegneri, architetti, commercialisti, avvocati, imprenditori, ricercatori, medici, professionisti del mondo tributario, bancario e finanziario, decidono di svolgere periodi di formazione post universitaria e di lavoro in un altro Stato.

Appunti per un (im)possibile Erasmus notarile

 

Un percorso formativo privo di esperienze internazionali viene spesso, perlomeno nell’ambito dei professionisti di livello più alto, percepito come incompleto.

E il notaio?

Il futuro della professione notarile dipende, anche, dall’autorevolezza che viene riconosciuta al notaio da parte dei cittadini e degli altri professionisti.

In passato tale riconoscimento era assicurato dalla comune opinione che il notaio dovesse essere necessariamente preparato e autorevole perché aveva superato uno dei concorsi più difficili in Italia.

Può essere che oggi sia ancora così, ma, in futuro, potrebbe non essere sufficiente.

Se vogliamo continuare a essere considerati professionisti di eccellenza, dobbiamo, forse, domandarci se ci siano degli spazi per integrare la nostra preparazione anche con esperienze di formazione post-universitaria all’estero.

Non si vuole mettere in dubbio il fatto che il notaio debba avere una preparazione incentrata sulla conoscenza della normativa italiana.

Neanche si mette in dubbio la qualità della formazione che le scuole di notariato italiane e la pratica presso notai italiani sono attualmente in grado di offrire.

Né si vuole affermare che le esperienze in altri Stati siano necessariamente migliori di quelle che possono essere fatte in Italia.

Non si vuole, insomma, sopravvalutare la qualità della formazione post universitaria estera o sottovalutare la qualità di quella italiana.

Si vuole, solo, contestare la possibile idea che le esperienze internazionali siano del tutto superflue o irrilevanti per un notaio.

D’altra parte, come ci insegnano, tra gli altri, il Regolamento UE n. 650/2012, in particolare per quanto riguarda la competenza al rilascio del certificato successorio europeo, e la Direttiva UE n. 2019/2121, in particolare per quanto riguarda la competenza al rilascio del certificato preliminare all’operazione, con le relative norme di attuazione, non possiamo più considerarci solamente pubblici ufficiali italiani, ma dobbiamo considerarci, anche, autorità dell’Unione europea.

Che la funzione notarile sia pienamente inserita nell’ambito dell’Unione è testimoniato anche dal fatto che, ai sensi dell’articolo 5 della Legge Notarile, come modificato dall’articolo 6 Legge 306/2003, in anticipo sulla decisione della Corte di Giustizia UE, sentenza causa C-47/08 del 24 maggio 2011, la nomina a notaio non è più riservata ai soli cittadini italiani, ma è aperta a tutti i cittadini degli Stati membri dell’Unione.

Altri Paesi europei hanno modificato la disciplina delle modalità e dei requisiti di accesso alla funzione notarile proprio in considerazione della comune appartenenza all’Unione; si pensi, ad esempio per quanto riguarda la Francia, all’articolo 7-1 Décret n. 73-609, come modificato dal Décret n. 2022-1298.

Per questo mi piacerebbe che ci fosse un qualche spazio per una sorta di Progetto Erasmus per aspiranti notai.

Mi piacerebbe che le istituzioni del notariato europeo organizzassero corsi post universitari o scuole di specializzazione, anche online, specificamente dedicati agli aspiranti notai dei diversi Paesi dell’Unione.

Mi piacerebbe che le scuole di notariato italiane avessero contatti con le scuole che formano i futuri notai in altri Paesi europei, per intraprendere iniziative comuni e consentire periodi di interscambio tra gli studenti.

Mi piacerebbe che un aspirante notaio italiano avesse la possibilità di fare un periodo, sia pure limitato, di pratica presso uno studio notarile di un altro Paese dell’Unione europea e, magari, che tale periodo di pratica venisse comunque riconosciuto ai fini dell’ammissione al concorso.

Mi piacerebbe che fossero offerte borse di studio per consentire un’esperienza di formazione internazionale anche agli aspiranti notai meritevoli che non hanno alle spalle una famiglia in grado di sostenere i relativi costi.

Mi piacerebbe, insomma, che ai futuri notai venissero offerte possibilità simili a quelle consentite ai futuri avvocati.

Ai sensi dell’articolo 41 Legge 247/2012, infatti, gli aspiranti avvocati possono svolgere una parte del periodo di tirocinio obbligatorio, non superiore a sei mesi, in un altro Paese dell’Unione europea presso avvocato abilitato all’esercizio della professione forense o soggetto che abbia titolo equivalente a quello italiano di avvocato.

Lo stesso vale per i futuri dottori commercialisti ed esperti contabili.

Ai sensi dell’articolo 42 Decreto Legislativo 139/2005 e dell’articolo 4 Decreto Ministero dell’Istruzione 143/2009, anche gli aspiranti commercialisti possono svolgere una parte del periodo del tirocinio obbligatorio, anche in questo caso non superiore a sei mesi, nel territorio di uno Stato membro dell’Unione europea, presso un soggetto abilitato all’esercizio di professioni equiparate, ai sensi della normativa vigente in tema di riconoscimento dei diplomi stranieri, a quella di dottore commercialista ed esperto contabile.

O, ancora, mi piacerebbe che per i futuri notai venissero organizzate iniziative simili a quelle proposte per gli aspiranti magistrati; magistrati che condividono con i notai le caratteristiche di esercizio di una funzione pubblica e di legame con il territorio dello Stato.

Si pensi alle opportunità di formazione internazionale per i futuri magistrati che la Scuola Superiore della Magistratura mette a disposizione in collaborazione con la Rete Europea di Formazione Giudiziaria (EJTN), come il concorso THEMIS o il programma di scambio AIAKOS.

Resta, ovviamente, una domanda: è compatibile tutto questo con i tempi e la struttura dell’attuale concorso notarile?

Temo che la risposta sia no, però è un peccato.

È un peccato perché è difficile che il notariato riesca ad attrarre i migliori studenti di giurisprudenza proponendo un percorso formativo e professionale che non consente alcun tipo di esperienza internazionale.

È un peccato perché questo tipo di esperienze ci consentirebbe di conoscere meglio le lingue straniere, la legislazione di altri Stati e la normativa europea.

È un peccato perché, se tali esperienze non vengono fatte prima della nomina, non saranno più fatte, dato che, una volta iscritto a ruolo, il notaio sarà, evidentemente, radicato in Italia.

È un peccato perché questo tipo di esperienze ci aiuterebbe a conoscere meglio il ruolo del notaio in altri ordinamenti e a instaurare contatti con colleghi di altri Stati, contatti che saranno utili anche nel futuro esercizio della professione.

È un peccato perché c’è il rischio che il notaio, perlomeno sotto questo aspetto, venga considerato un professionista di livello inferiore rispetto ad altri professionisti.

È un peccato perché questo tipo di esperienze potrebbe essere spendibile sul mercato del lavoro anche nel caso in cui, malauguratamente, non si riuscisse a superare il concorso.

Quindi?

Non si può fare nulla per rendere più agevole lo svolgimento di esperienze formative post universitarie all’estero?

Credo che qualcosa si possa fare, anche a prescindere dalle, forse al momento poco realistiche, proposte sopra indicate.

Si potrebbe iniziare con il dare tempi certi al concorso, prevedendo scadenze fisse per i bandi e tempi di correzione prestabiliti.

È difficile che dei genitori decidano di investire energie e denaro per consentire al figlio di fare un’esperienza internazionale con il rischio di doverla interrompere prima del suo completamento perché viene improvvisamente bandito un concorso o perché i tempi di correzione non sono quelli che si ipotizzavano.

Si potrebbe, anche, aggiungere la conoscenza di una lingua straniera alle prove di concorso o ai requisiti di ammissione al concorso o, ancora, ai motivi di preferenza, a parità di merito, ai fini della formazione della graduatoria dei vincitori del concorso e di quella per le richieste di trasferimento sede.

Se così fosse, l’aspirante notaio potrebbe valorizzare, anche ai fini concorsuali, la migliore conoscenza della lingua straniera acquisita con un’esperienza internazionale, esperienza che non sarebbe, pertanto, necessariamente percepita come un’inutile perdita di tempo o come causa di un’inevitabile diminuzione delle probabilità di passare il concorso.

Da Michele Laffranchi (Notaio in Milano)

 

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