È SULLE COMPETENZE CHE SI GIOCA IL FUTURO DELL’IA
Secondo l’indagine della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, il 66,7% dei “testimoni privilegiati” interpellati ritiene che le nuove tecnologie porteranno benefici in termini di nuove skills e opportunità occupazionali. Fondamentale la formazione.
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Una rivoluzione senza precedenti, una grande scommessa per il mondo del lavoro. L’Intelligenza Artificiale sta ridisegnando i contorni del sistema lavoristico e gli effetti del suo impatto si manifesteranno non tanto sull’aumento o sulla diminuzione di posti di lavoro, ma sulla revisione capillare e sistemica delle competenze e delle skills di tutti i lavoratori. È, in sintesi, il messaggio che emerge dalle risposte fornite da un campione di 116 “testimoni privilegiati”,
chiamati a partecipare all’indagine “L’impatto dell’IA sul mondo del lavoro”, promossa dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro in occasione della 15^ edizione del Festival del Lavoro, in programma dal 16 al 18 maggio a Firenze, presso la Fortezza da Basso. Il panel di esperti (universitari, esperti istituzionali e del mondo della ricerca, delle parti sociali e del lavoro) mostra un generale atteggiamento di fiducia rispetto all’impatto dell’IA sull’occupazione. Il 66,7% del
campione intervistato ritiene che le nuove tecnologie apporteranno benefici in termini di nuove competenze e opportunità occupazionali, ma contribuiranno anche all’aumento della produttività, con possibili ricadute sui salari (47%), e a migliorare la qualità del lavoro (45,3%). Anche la sicurezza dei lavoratori può trarre giovamento dall’introduzione dell’IA (la indica al quarto posto il 34,2% del campione), assieme alle politiche di gestione del personale, che potrebbero migliorare con il supporto delle nuove applicazioni secondo il 30,8%. La questione delle competenze è decisiva anche con riferimento ai rischi che l’IA può avere sul sistema: secondo il 60,7% degli intervistati, l’esigenza di reskilling di una vasta platea di lavoratori è la principale criticità intravista all’orizzonte. E non è l’unica. A preoccupare molto è la scarsa trasparenza degli algoritmi, il modo
in cui sono costruiti e il rischio di decisioni potenzialmente lesive dei diritti dei lavoratori (41,9%). Il 44% dei testimoni privilegiati ritiene, a tal proposito, che il regolamento europeo di recente approvato non basti a regolamentare l’introduzione e la diffusione delle nuove tecnologie. È ancora una volta nella formazione che gli esperti individuano la “chiave” per indirizzare il capitale umano
verso un percorso di crescita in grado di colmare il gap di digitalizzazione del nostro Paese. Il 43,6% degli esperti considera la formazione delle figure professionali, chiamate a utilizzare l’IA, lo strumento più utile per mitigare i rischi connessi all’utilizzo. A seguire, la definizione di codici etici e linee guida (36,2%) e l’informazione dei lavoratori (29,1%), quali strumenti di conoscenza dei rischi e delle opportunità derivanti dall’IA. Una sfida, quella che si prospetta all’orizzonte, che comporta uno sforzo rilevante in termini di adeguamento delle competenze rispetto al passato, anche perché è la prima volta che a essere sostituibili dalla tecnologia sono le attività cognitive, analitiche e decisionali.
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