Toni poveri. La separazione delle carriere? Non tutela i più deboli.
Mario Bendoni presidente dell'associazione nazionale magistrati su Piemonte e Val d'Aosta risponde alla Camera penale: «Preoccupa la separazione delle carriere perché determina, di fatto, la perdita di indipendenza del Pm»
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Dottor Mario Bendoni, pubblico ministero e presidente della giunta distrettuale dell’Anm, cosa dovrebbe preoccupare di più della riforma giustizia?
«Senza dubbio la separazione delle carriere, che determina, di fatto, la perdita di indipendenza del pubblico ministero. È il pubblico ministero che cura le indagini e porta le prove a processo; un ruolo delicatissimo, oggi svolto senza il condizionamento di influenze esterne e, il più delle volte, a tutela di soggetti deboli e vulnerabili. In futuro, tutto questo viene posto a serio rischio, considerando anche l’istituzione di una “Alta Corte” disciplinare, giudice di sé stessa».
Gli avvocati sostengono: non è vero che con la separazione un pm andrebbe sotto l’esecutivo. Cosa rispondete?
«Il pubblico ministero, proprio per la delicatezza del ruolo che ricopre, ha bisogno di una legittimazione. Se il pubblico ministero non rimane saldamente ancorato all’ordine giudiziario e alla cultura della giurisdizione, è inevitabile che venga attratto nell’orbita del potere esecutivo. Ciò è dimostrato dal panorama comparato e, purtroppo, dalle recenti esperienze polacche e ungheresi»
Quanto inciderebbe la separazione nella soluzione dei guai della giustizia?
«Direi effetto nullo. La separazione delle carriere non migliora in alcun modo il servizio al cittadino che anzi, come detto, si trova privato di un pubblico ministero realmente indipendente. Perdiamo quello che è un “fiore all’occhiello” del nostro sistema costituzionale: il legislatore comunitario, quando ha istituito la Procura Europea, ha preso come modello il pubblico ministero italiano».
Prima cosa da fare per migliorare la macchina della giustizia?
«Il problema maggiore sono, allo stato, i vuoti di organico, soprattutto a livello di personale amministrativo, nonché l’assenza di risorse adeguate a far fronte alla sempre crescente domanda di giustizia. Un esempio su tutti: APP, l’applicativo per il processo penale telematico, fortemente voluto per il rispetto degli obiettivi del Pnrr, che, purtroppo, per settimane, non ha funzionato adeguatamente, nonostante l’impegno di tutti noi magistrati».
Sotto elezioni si parla di «giustizia a orologeria»: è un luogo comune?
«Parlerei piuttosto di “polemiche a orologeria”. Le indagini fanno il loro corso e, in un sistema democratico costantemente scandito da competizioni elettorali (fortunatamente), può accadere che le tempistiche in parte si sovrappongano. Lasciamo lavorare i colleghi con serenità e, personalmente, confido che la politica possa, almeno in qualche occasione, riconoscere il buon operato di magistratura e forze di polizia».
Un magistrato oltre che essere imparziale deve anche apparirlo?
«Certamente, l’apparenza di imparzialità è senza dubbio richiesta nel nostro lavoro quotidiano. Ma il magistrato non è un “cittadino a metà” e, quindi, con buon senso e moderazione, soprattutto con riguardo ai temi della giustizia e della tutela dei diritti, ha il dovere di partecipare al dibattito pubblico».
Perché al duro attacco della Camera penale aveva risposto una nota di Mi e non della giunta Anm?
«Si è trattato, a nostro giudizio, di un comunicato piuttosto povero, per tono, genericità e estensione delle “accuse” rivolte, proveniente da un organismo (la Camera penale) rappresentante solo parte dell’ avvocatura. Di conseguenza, abbiamo discusso in Giunta (ove tutti i gruppi sono rappresentati) e concordemente deciso di non replicare, non ritenendolo opportuno. Credo molto nell’unità dell’azione associativa e nel ruolo istituzionale che ricopro e desidero, pertanto, fermarmi a questo dato».
Com’è la situazione ora, nell’Anm distrettuale dopo l’assemblea dell’altro giorno?
«L’Anm distrettuale (e nazionale) è coesa e determinata nell’esprimere e far comprendere ai cittadini le proprie preoccupazioni per il disegno di legge in cantiere. Vi sono molte proposte sul tavolo e il Piemonte risponderà sicuramente “presente” alle iniziative deliberate a livello nazionale»
Da il Corriere di Torino
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