Il futuro dell’Inps
Il 20 giugno 2024 la Bicamerale di controllo sugli enti previdenziali ha audito il Presidente del CIV dell’INPS il quale ha rilasciato una memoria che vale la pena di riprendere perché traccia, numeri alla mano, il futuro dell’Inps.
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«L’Inps attualmente vede una situazione di sostanziale equilibrio di bilancio (entrate complessive pari a 536 mld di euro di cui 269 mld di entrate contributive – + 5,1% sul 2022 – e 164 mld di trasferimenti correnti dalla fiscalità generale – + 3,3%. Le uscite complessive ammontano a 524 mld, di cui 398 mld per prestazioni istituzionali), nella sua componente finanziaria ed economico-patrimoniale. Per quanto concerne le componenti del bilancio, in entrata e in uscita, il trend di questi anni ha evidenziato una sostanziale stabilità, in termini reali, delle uscite per le prestazioni previdenziali e delle entrate contributive, e una contestuale crescita delle uscite per prestazioni assistenziali o di sostegno alle famiglie e dei conseguenti trasferimenti dalla fiscalità generale. Una tendenza che potrebbe non essere irreversibile, registrandosi già dal preventivo 2024 una parziale inversione di tendenza nei trasferimenti, derivante da alcune misure di contenimento delle spese assistenziali e, probabilmente in prospettiva, del valore degli sgravi contributivi. Questa situazione di sostanziale stabilità tenderà a peggiorare nei prossimi anni ed è importante che gli attori delle policy scelgano una coerente strategia per farvi fronte e garantire una prospettiva di stabilità e sostenibilità del sistema, da un punto di vista economico e sociale. Prioritarie, in questa prospettiva, sono senz’altro le politiche strutturali di sostegno allo sviluppo di qualità del Paese che possano incidere positivamente sui principali fattori di stabilità del sistema, ad iniziare dalla crescita della massa salariale e reddituale e del conseguente gettito contributivo. Politiche di sostegno mirate, selettive e stabili, orientate a sostenere la qualità delle attività economiche e del lavoro. Necessitano pertanto politiche orientate a sostenere l’infrastrutturazione e la trasformazione digitale del Paese, la ricerca, la formazione, i servizi alle imprese, la semplificazione amministrativa, l’accesso al credito. Vanno inoltre rafforzate le politiche del lavoro mirate a mettere in gioco i bacini occupazionali ancora ampiamente inutilizzati: le donne, i giovani, il meridione, oltre ad una attenta politica di gestione dei flussi migratori. Funzionale a questi obiettivi è anche un solido sistema di relazioni sindacali, in tutti i settori, dinamico e coerente con gli obiettivi di crescita, che tengano assieme i principi dell’art. 36 della costituzione (retribuzioni proporzionate alla quantità e alla qualità del lavoro e adeguate ad una vita dignitosa) e l’esigenza di garantire al sistema produttivo competenze adeguate a un più qualificato fabbisogno di manodopera. Sono necessarie politiche previdenziali che salvaguardino la centralità del pilastro pubblico, pur integrato con quello complementare, che va esteso soprattutto alle persone che possono averne più bisogno. Le trasformazioni del mercato del lavoro e dei bisogni sociali, a partire da quelli connesse alla crescente importanza del lavoro di cura, anche nell’ottica di adeguate politiche di conciliazione, gli andamenti previsionali delle spese previdenziali, nella loro diversa articolazione settoriale, il possibile progressivo ulteriore ampliamento delle platee coinvolte dalle misure di tutela sociale e assistenziale, impongono al decisore politico una approfondita e coerente riflessione anche sulla struttura dell’attuale sistema fiscale e contributivo, sulle basi imponibili, sulle fonti di gettito e sul possibile recupero di importanti quote di evasione fiscale e contributiva. A questo proposito è fondamentale il rafforzamento dell’attività di vigilanza, ispettiva e documentale, mettendo a disposizione dell’Inl e degli Istituti previdenziali le risorse necessarie a sviluppare l’attività che in questi anni ha visto preoccupanti segnali di arretramento. In questo ambito sarebbe auspicabile un riequilibrio che riduca il carico fiscale sul lavoro e sulle imprese. Le incertezze sull’adeguatezza delle prestazioni pensionistiche nel regime contributivo, con gli attuali livelli contributivi e anagrafici previsti per il pensionamento, non sono tanto legate al sistema di calcolo, bensì alla diffusa frammentarietà e povertà delle carriere lavorative, in particolare in alcuni settori, che fanno prefigurare una prospettiva pensionistica con trattamenti bassi, corrispondente ad una carriera lavorativa altrettanto incerta. A maggior ragione in assenza di un sistema solidaristico di protezione come era l’integrazione al minimo delle pensioni. Il sistema contributivo, seppur collocato all’interno di un sistema a ripartizione, risponde ad una logica sostanzialmente assicurativa, con meccanismi di autoregolazione, in particolare attraverso i coefficienti di trasformazione, l’adeguamento dei requisiti anagrafici e contributivo alla speranza di vita, il sistema di rivalutazione del montante contributivo collegato alla dinamica del Pil. Un sistema che per sua natura tende pertanto all’equilibrio attuariale che, in quanto tale, renderebbe anche sostenibili ulteriori forme di flessibilità in uscita. Un sistema pensionistico pubblico così caratterizzato dovrà, ancor più in prospettiva, introdurre maggiori elementi solidaristici e di equità a favore delle persone più deboli nel mercato del lavoro, chi ha svolto attività gravose o di cura in ambito familiare. I principali elementi di criticità rispetto alla sostenibilità prospettica del sistema previdenziale, almeno per il prossimo decennio, stanno quindi soprattutto in due fattori: la dinamica demografica, che dovrà anche nel medio periodo garantire un adeguato livello di forze attive impiegate nel mercato del lavoro, e l’adeguatezza dei trattamenti retributivi e delle condizioni reddituali delle persone».
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