Vogliono limitare i controlli della Corte dei conti
Non è questa la destra “di governo” nella quale confidavano gli elettori.
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Si terranno a breve, alla Camera dei deputati, le audizioni sulle ipotesi di riforma della Corte dei conti contenute in alcuni progetti di legge, con specifico riferimento ai controlli preventivi, successivi e concomitanti ed alla giurisdizione in materia di danno erariale. C’è da chiedersi perché le attuali regole del controllo, di legittimità e sulla gestione, siano, a giudizio di taluni, segnatamente della maggioranza, da modificare, considerato che la funzione non attiene a valutazioni di merito ma di pura legittimità, cioè alla rispondenza dell’atto soggetto al controllo alle regole stabilite dalle leggi che la stessa politica si è data. Avviene dalla fondazione dello Stato nazionale con modalità sostanzialmente identiche, a tutela della corretta gestione del denaro pubblico. Una garanzia importante nell’interesse dei cittadini-contribuenti che, corrispondendo imposte e tasse, mettono a disposizione dell’autorità politica le risorse necessarie a coprire le spese delle politiche pubbliche, dalla sicurezza e dall’ordine interno, alla difesa, all’istruzione e alla ricerca, alla previdenza ed all’assistenza, solo per fare qualche esempio. Le modifiche che si propongono da alcune parti vorrebbero essenzialmente ridurre i tempi a disposizione dell’organo di controllo. I tempi sono evidentemente importanti ma devono tener conto della quantità e della qualità degli atti da controllare. Alla Corte va dato il tempo di leggerli e valutarli, anche perché l’amministrazione di tempo ne ha avuto, spesso molto, per istruire un procedimento che si vorrebbe controllato ad horas.
Come sempre occorre buon senso, perché “presto e bene” si rapporta alla effettiva realtà dell’azione amministrativa spesso complessa e bisognevole di concerti e pareri che a valle l’organo di controllo deve poter valutare per comprendere se la normativa di riferimento è stata correttamente osservata anche ad evitare successivi incidenti di percorso, come ricorsi amministrativi o indagini giudiziarie.
Delicata, quindi, la funzione di controllo, come ebbe ad osservare Quintino Sella, il rigoroso Ministro delle finanze, famoso per la politica “della lesina” da lui perseguita, rivolgendosi ai magistrati il 1° ottobre 1862, in occasione della inaugurazione della Corte dei conti del Regno d’Italia, appena istituita a seguito della soppressione delle analoghe istituzioni esistenti negli Stati preunitari. Quel Ministro chiedeva ai magistrati della Corte dei conti di “vegliare a che il Potere esecutivo non mai violi la legge; ed ove un fatto avvenga il quale al vostro alto discernimento paia ad essa contrario, è vostro debito il darne contezza al Parlamento”. Sella era uno dei capi della “destra storica”.
Oggi ambienti della maggioranza, asseritamente “di destra”, hanno in uggia i controlli, che non dovrebbero temere perché nulla può disturbare il buon amministratore il quale, se rispettoso delle leggi, otterrà certamente il visto di legittimità che consentirà al provvedimento il via libera. Perché, dunque, oggi i politici di destra, al Governo e in Parlamento, assumono un atteggiamento contrario alle esigenze di garanzia della corretta gestione del denaro pubblico che la Corte dei conti presidia? Forse temono il sabotaggio degli apparati ancora gestiti da funzionari fedeli ai precedenti governi che potrebbero adottare provvedimenti suscettibili di essere censurati in sede di controllo? Che la destra al governo non abbia il pieno dominio degli apparati è cosa nota, come aveva invano segnalato Guido Crosetto all’indomani della formazione del Governo che, quando ha proceduto a nomine fiduciarie ha scelto spesso personaggi modesti, con scarsa o nulla professionalità. O è forse arroganza del potere che non ammette controlli, quelle verifiche di legittimità che neppure il Cavalier Benito Mussolini osava contraddire, anche quando non gradite, dimostrando, lui intollerante delle libertà individuali, rispetto per le magistrature, come testimonia il fatto che, per perseguire gli antifascisti, sia ricorso ad un tribunale speciale e non ai giudici ordinari.
A me, liberale di destra, non piace questo evidente disprezzo per le regole che, gli stessi che oggi non tollerano i controlli della Corte dei conti, invocavano quando erano all’opposizione per fare le pulci ai governi Conte o Draghi.
Sotto tiro è anche la funzione giurisdizionale che attribuisce alla Corte dei conti i giudizi di responsabilità per “danno erariale” a carico degli amministratori e dei funzionari che, con dolo o colpa grave, abbiano causato un pregiudizio finanziario allo Stato.
È iniziata al tempo della pandemia la lotta alla giurisdizione contabile, quando il governo Conte1, con il decreto-legge n. 76 del 2020, ha previsto che non si dovesse procedere nei confronti di quanti avevano provocato danni con “colpa grave”, cioè avevano acquistato mascherine farlocche a prezzi eccessivi o banchi a rotelle rimasti inutilizzati e adesso ceduti, si sente dire ad euro uno, per evitare che degradino negli scantinati e sui terrazzi degli istituti l’istruzione cui erano destinati.
Il cittadino è indignato per questo scandaloso disprezzo per il denaro di tutti che, in fin dei conti, copre sprechi intollerabili, molti sotto gli occhi di tutti. La politica non se ne cura. Anzi, c’è chi sostiene che l’assenza dalle urne attesta soddisfazione per le scelte della politica e fiducia nella democrazia. È demenziale, lo so, ma è stato detto e scritto.
Si è anche sentito ripetere che la limitazione della responsabilità sarebbe funzionale ad evitare la paralisi degli uffici a causa del cosiddetto “timore della firma”, una sindrome che colpirebbe i funzionari preoccupati di non essere chiamati a rispondere dei danni provocati. Il timore lo hanno i disonesti e gli incapaci, lo abbiamo detto più volte. Come abbiamo segnalato che gli incapaci saranno sempre di più, considerati i criteri di reclutamento senza alcuna seria selezione con cui si provvede alla provvista di personale in questa stagione.
Non è questa la destra di governo che molti di noi si attendevano.
Di Salvatore Sfrecola
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