Finalmente avremo più taxi?
La Corte costituzionale con la sentenza n. 137/2024 ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 10 bis, comma 6, del d.l. 14.12.2018, n. 135 convertito nella legge 11.02.2019, n. 12.
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“La suddetta disposizione prevede che: «[a] decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla piena operatività dell’archivio informatico pubblico nazionale delle imprese di cui al comma 3, non è consentito il rilascio di nuove autorizzazioni per l’espletamento del servizio di noleggio con conducente con autovettura, motocarrozzetta e natante».”
La Corte Costituzionale scrive che: “È quindi rimasta del tutto inascoltata da parte del legislatore la preoccupazione dell’AGCM volta a evidenziare che «l’ampliamento dell’offerta dei servizi pubblici non di linea risponde all’esigenza di far fronte ad una domanda elevata e ampiamente insoddisfatta, soprattutto nelle aree metropolitane, di regola caratterizzate da maggiore densità di traffico e dall’incapacità del trasporto pubblico di linea e del servizio taxi a coprire interamente i bisogni di mobilità della popolazione» (ancora, Segnalazione n. 1354 del 2017). A breve distanza da tale segnalazione, infatti, è intervenuta la disposizione censurata, che, introducendo il descritto meccanismo normativo, ha consentito all’autorità amministrativa di bloccare sino ad ora la possibilità di rilascio di nuove autorizzazioni per l’espletamento dell’attività di NCC.”
Per la Corte Costituzionale: “I servizi di autotrasporto non di linea, infatti, concorrono a dare «effettività» alla libertà di circolazione, «che è la condizione per l’esercizio di altri diritti» (sentenza n. 36 del 2024), per cui la forte carenza dell’offerta – che colloca l’Italia fra i Paesi europei meno attrezzati al riguardo, come risulta dai dati segnalati nell’opinio presentata dall’ANITRAV tanto nel presente giudizio quanto nel giudizio a quo – generata dal potere conformativo pubblico si è risolta in un grave disagio arrecato a intere fasce della popolazione e alle possibilità di sviluppo economico. Essa ha infatti innanzitutto danneggiato la popolazione anziana e fragile, che, soprattutto nelle metropoli, non è in grado di utilizzare (o anche semplicemente raggiungere) gli altri servizi di trasporto di linea, ma che ha stringenti necessità di mobilità che, in particolare, si manifestano in riferimento alle esigenze di cura. Ha compromesso le esigenze di accesso a una mobilità veloce, spesso indispensabile a chi viaggia per ragioni di lavoro. Ha recato danno al turismo e all’immagine internazionale dell’Italia, dal momento che l’insufficiente offerta di mobilità ha pregiudicato la possibilità di raggiungere agevolmente i luoghi di villeggiatura, come documentato dalla Regione Calabria nel giudizio a quo. Insomma, tali esempi dimostrano che, nella pur circoscritta distorsione della concorrenza che si è verificata per effetto della normativa censurata, sono stati indebitamente compromessi, non solo il benessere del consumatore, ma qualcosa di più ampio, che attiene all’effettività nel godimento di alcuni diritti costituzionali, oltre che all’interesse allo sviluppo economico del Paese.”
Speriamo che ora il Parlamento vi ponga rimedio rapidamente così da non assistere più alle interminabili file di utenti in attesa alle stazioni di treni e aeroporti.
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