Anno: XXV - Numero 214    
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Rosanna Natoli, consigliera laica del CSM, in quota Fdi, risulta indagata.

Sul sito istituzionale del CSM è dato leggere:

Rosanna Natoli, consigliera laica del CSM, in quota Fdi, risulta indagata.

“1. Il Consiglio Superiore della Magistratura adempie la funzione assegnatagli dall’art. 105 della Costituzione: esso si pone quindi come organismo costituzionale che assicura il rispetto del principio di autonomia ed indipendenza dell’Ordine giudiziario. Proprio in ragione di tale funzione è prevista una sua composizione mista di laici e togati ed è stabilita, per la legittimità delle sue deliberazioni, una presenza numerica minima sia di laici sia di togati. I temi dell’efficienza e della trasparenza dell’azione consiliare sono essenziali alla credibilità dell’organo e, in ultima analisi, della magistratura stessa nel suo complesso.

La rilevanza ed estrema delicatezza dei compiti assegnati dalla Costituzione al Consiglio comporta di per sé che il suo corretto e tempestivo funzionamento sia assicurato non solo dall’allestimento di adeguate strutture di supporto all’attività ma anche (e soprattutto) dalla piena consapevolezza, da parte di ogni singolo consigliere, della rilevanza della funzione svolta e quindi dall’adozione, da parte sua, di regole di comportamento coerenti col ruolo affidatogli col mandato dai magistrati o dal Parlamento. È, peraltro, del tutto ovvio che né la legge né il regolamento interno del Consiglio possano contemplare disposizioni relative ai doveri ed agli obblighi di ogni singolo consigliere (essendo previsti dall’art. 33 della legge n. 195 del 1958 solo evidenti aspetti di incompatibilità con l’esercizio di determinate funzioni

o professioni) ed ancor meno prevedere strumenti volti a sanzionare condotte deontologicamente censurabili. L’aspetto precettivo e sanzionatorio, infatti, mal si concilia con lo svolgimento di un simile elevato compito istituzionale essendo lecito ritenere che la consapevolezza dei doveri insiti nella funzione sia connaturata al livello etico dei componenti eletti.

  1. Non si può, peraltro, ignorare che nella percezione comune dell’opinione pubblica, sia interna all’Ordine giudiziario che generale, sia forte la sensazione che l’azione consiliare non sia sempre adeguata alle necessità e che alcune scelte siano in qualche misura condizionate da logiche diverse. Di ciò si è reso autorevole interprete il Capo dello Stato, che nella seduta del 1 agosto 2006 ha ricordato che è necessario procedere al di fuori di logiche strettamente correntizie, rivelatesi di ostacolo ad un corretto esercizio delle funzioni consiliari, e ancora da ultimo nella seduta plenaria del 6 giugno 2007 ha richiamato il Consiglio alla <<necessità che i criteri di valutazione prescindano dalla mera anzianità o da logiche correntizie “che – come ebbi modo di dire – travalichino i limiti della normale dialettica”>>,

invitando a non fermarsi lungo la strada virtuosa intrapresa.

Analoghe considerazioni possono essere espresse in relazione a deviazioni che rispondono ad interessi lobbistici, logiche trasversali, rapporti amicali o simpatie e

collegamenti politici.

Proprio in adesione all’auspicio appena richiamato, occorre, pertanto, in questa sede

ribadire che ciascun consigliere è cosciente che l’adempimento di incarichi di alto rilievo

costituzionale implica necessariamente una particolare accentuazione del principio secondo il

quale il fine considerato nell’operare è unicamente quello istituzionale nella consapevolezza

che il suo perseguimento, allorché si opera in un organismo collegiale, viene assicurato

dall’apporto di ogni singolo liberamente autodeterminatosi. Invero questa è l’essenza della

funzione qual è concepita dalla carta costituzionale che impone di concepire il ruolo consiliare

come servizio “alto” da rendere alla collettività.

  1. La libera autodeterminazione di ciascun componente del Consiglio comporta che la

volontà che viene manifestata sia frutto di un personale studio e valutazione delle questioni

considerando anche le opinioni manifestate dagli altri consiglieri nella sede a ciò deputata.

Non corrisponderebbe quindi a tale modello il rendersi acritico interprete in sede consiliare di

posizioni di gruppi politici o di singoli esponenti politici nonché di gruppi

dell’associazionismo giudiziario o di singoli magistrati anche solo per ragioni di appartenenza

o di “debito” elettorale.

E’ contrario al principio della libera determinazione il far discendere da accordi tra

gruppi o singoli che assumano, al di fuori del lavoro di commissione e della partecipazione di

tutti i suoi componenti, pratiche spartitorie tese a preordinare le scelte da operare con

particolare riferimento ad uffici direttivi, semidirettivi o comunque di rilievo, ivi compresi gli

incarichi attribuiti dal Consiglio per attività di formazione o altro.

L’indipendenza ed il prestigio del componente di nomina parlamentare in relazione al

suo ruolo di provenienza (avvocato o professore universitario) si difende anche evitando di

mantenere in essere, di fatto, situazioni che ingenerino incompatibilità e che si assumano

formalmente dimesse. La sospensione delle attività professionali durante la consiliatura,

quindi deve essere e deve apparire effettiva.

Ogni consigliere, quindi, deve manifestare piena consapevolezza del ruolo e garantire

l’osservanza delle regole etiche e comportamentali ad esso connesse.

E’ perciò contrario a tale concezione del ruolo l’utilizzo improprio di regole (quale

quella del numero legale) poste a garanzia del funzionamento del Consiglio secondo il dettato

costituzionale e quindi è da escludersi la correttezza di condotta volta deliberatamente a creare

ostacolo alle attività istituzionali col far venir meno il numero legale ed attuata per ragioni

personali o politiche.

  1. Il consigliere, il cui incarico è, per volontà della Costituzione, esclusivo, deve

adempiere ai compiti a lui affidati con la diligenza e la laboriosità necessarie in ragione

dell’alta funzione che è chiamato a svolgere.

Il rispetto dei programmi di lavoro prefissati negli ordini del giorno dei lavori di

commissione e di plenum, garantisce non solo un ordinato modus operandi che consente al

singolo consigliere di programmare i propri impegni e lo studio delle pratiche ma, soprattutto,

assicura la regolarità e tempestività dell’azione consiliare secondo una preordinata e razionale

programmazione la cui inosservanza determina perniciosi effetti “a cascata” sulla funzionalità

del sistema.

L’adempimento dei compiti di presidenza di commissione comporta che tale incarico

non sia concepito come dovuto riconoscimento personale od al gruppo d’appartenenza ma

come ulteriore e concreto impegno consiliare che deve essere svolto non con burocratica

impostazione ma con attivo e dinamico impulso per contribuire, nel rispetto dell’attività delle

altre commissioni , al miglior funzionamento del Consiglio.

I presidenti delle commissioni dovranno, di conseguenza, assicurare che i lavori

avvengano nel rispetto del calendario, evitando modifiche (tanto più se improvvise) e

comunque concomitanze o sovrapposizioni con attività di altre commissioni.

Il consigliere deve, a sua volta, favorire il regolare svolgimento dei lavori evitando

comportamenti che collidano con tale esigenza. Deve, ad esempio, assicurare la sua stabile

presenza ai lavori delle commissioni di cui è componente ovvero la sua stabile presenza in

plenum nonché il rispetto dell’orario dei lavori. In particolare vanno poi evitate richieste di

rinvio della trattazione di determinate pratiche allorché l’assenza discenda non da oggettivi

impedimenti bensì da scelte discrezionali di priorità operate dal consigliere.

E’ infine essenziale sottolineare che i magistrati addetti alla Segreteria e all’Ufficio

Studi ed il personale amministrativo devono poter svolgere i compiti loro specificatamente

affidati in linea con le relative competenze, senza essere chiamati a svolgere attività che non

rientrano tra di esse.

  1. Ogni consigliere, inoltre, per l’obbligo di lealtà comportamentale richiesta dall’alta

funzione istituzionale esercitata, è tenuto a rispettare i doveri di segreto e di riserbo, così come

precisati negli articoli 18 e 19 del Regolamento Interno, oltre che a fornire ogni opportuna

collaborazione diretta a garantire la piena attuazione di dette disposizioni da parte di tutte le

componenti organizzative del Consiglio superiore della magistratura.

Il rispetto di tali doveri, fermo restando il regime sanzionatorio previsto

dall’ordinamento per le ipotesi di violazione del segreto di ufficio e della riservatezza da

assicurare a protezione dei dati personali, richiede un qualificato sforzo di autoresponsabilità.

Gli artt. 18 e 19 del Regolamento Interno, infatti, operano un contemperamento tra

l’esigenza di garantire la sfera di riservatezza delle singole persone coinvolte nelle procedure

consiliari e quella di assicurare l’esercizio di una funzione pubblica elettiva di rilievo

costituzionale, specificando in termini elastici le modalità e tipologie di atti in ordine ai quali

è indispensabile il segreto o, comunque, il riserbo.

Ciascun consigliere, pertanto, deve essere estremamente attento nel valutare se le

informazioni di cui disponga possano, o debbano, essere divulgate, o se, invece, sia necessario

privilegiare le esigenze di riservatezza.

  1. Il consigliere, ancora, in considerazione dei compiti di vigilanza e controllo affidati

al Consiglio, deve astenersi da dichiarazioni pubbliche che anche solo in apparenza possano

essere interpretate come interferenze in procedimenti giudiziari in corso.

  1. L’esperienza dell’attività consiliare, in conclusione, impone di adottare sempre più

modelli virtuosi che consentano al Consiglio di superare i momenti di difficoltà e di fornire

una risposta in termini adeguati e tempestivi ai propri compiti. In questa prospettiva, si muove

la previsione di una sessione annuale sullo stato delle attività dell’organo di autogoverno,

finalizzata ad un esame dell’andamento dei lavori del Consiglio e di tutte le sue articolazioni.

La forte condivisione di questi princìpi e l’esigenza di assicurare trasparenza all’attività

consiliare, consiglia di prevedere in via regolamentare un momento pubblico di riflessione

annuale sulla propria attività, sul modo con il quale è stata condotta l’azione istituzionale, sui

risultati conseguiti e sui possibili programmi futuri. E ciò al duplice fine di migliorare la

propria azione in termini di funzionalità e nitidezza attraverso il confronto delle opinioni, e di

rendere conto di quanto realizzato e del rispetto degli impegni assunti, anche al fine di

restituire al Consiglio la credibilità e il prestigio consoni al suo ruolo di organo di rilevanza

costituzionale.”

Alla luce di quanto deliberato dal CSM,presieduto dal Presidente della Repubblica,non capisco perche’ la consigliera non si sia ancora dimessa.

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