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Condannato, ma per il reato di un altro: la Cassazione ci mette una pezza

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Condannato, ma per il reato di un altro: la Cassazione ci mette una pezza

Riconosciuto colpevole di contrabbando, un 59enne ha visto confermata la sentenza in appello ma, nelle motivazioni, generalità e capi di imputazione erano associati a tutt’altro caso giudiziario. La Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza e ha chiesto alla stessa Corte d’appello di riscriverla

Una vicenda giudiziaria paradossale ha coinvolto un uomo di 59 anni, condannato per detenzione di sigarette di contrabbando. La causa ha sofferto una serie di errori procedurali, che hanno richiesto l’intervento della Corte di cassazione e portato all’annullamento della sentenza d’appello.

Inizialmente condannato a un anno e quattro mesi di reclusione, e a una multa di oltre 56mila euro, l’uomo aveva visto confermata la condanna in secondo grado, per poi rendersi conto del clamoroso errore nelle motivazioni della sentenza.

La condanna del Tribunale era stata emessa il 28 aprile 2022, giorno in cui l’imputato era stato dichiarato colpevole di detenzione di sigarette di contrabbando. Successivamente, il 5 giugno 2023, la Corte d’Appello aveva confermato integralmente la pronuncia e la sanzione. Tuttavia, quando il difensore dell’imputato ha ricevuto la notifica della sentenza, depositata fuori termine, è emerso l’incredibile svarione: sebbene la sentenza riportasse correttamente le generalità dell’imputato e l’imputazione a lui ascritta, le motivazioni erano riferite a un’altra persona e a una diversa vicenda processuale. In altre parole, mentre le generalità dell’imputato e l’accusa erano corrette, la parte motivazionale della sentenza era completamente errata, riguardando un caso del tutto diverso.

L’avvocato, avendo riscontrato un evidente errore nelle motivazioni della sentenza d’appello, ha inevitabilmente ricevuto il via libera, dal proprio assistito, a portare il caso davanti alla Corte di Cassazione. La questione centrale era il clamoroso disguido che aveva portato la Corte d’Appello a redigere una motivazione che, sebbene correttamente associata alle generalità dell’imputato e all’imputazione, era completamente errata nella sua sostanza, riguardando un altro caso e una persona diversa.

Nonostante l’evidenza dell’errore, la Procura generale ha ritenuto di opporsi all’impugnazione, chiedendo di dichiararla inammissibile e di confermare la sentenza della Corte d’Appello. Tuttavia, la terza sezione della Corte di Cassazione, presieduta da Andrea Gentili, esaminato attentamente il ricorso, ha riconosciuto la fondatezza delle argomentazioni dell’avvocato della difesa. Gli Ermellini hanno stabilito che l’errore nelle motivazioni della sentenza era talmente grave da invalidare l’intero giudizio. Di conseguenza, hanno ordinato l’annullamento senza rinvio della sentenza della Corte d’Appello di Palermo, sancendo la necessità di correggere l’errore e garantire una revisione equa del caso.

Nella decisione recentemente depositata, la Suprema corte ha stabilito che si deve procedere all’annullamento senza rinvio della sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Palermo, n. 3364 del 5 giugno 2023, e alla conseguente trasmissione alla stessa Corte territoriale per una revisione e una nuova redazione.

I giudici della Cassazione hanno seguito un orientamento giurisprudenziale consolidato, secondo il quale, quando una sentenza è affetta da nullità a causa della totale mancanza di motivazione e del dispositivo — perché questi documenti sono riferiti a un altro imputato e a una diversa imputazione — è possibile sanare il vizio con una nuova redazione dell’atto.

 

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