Anno: XXV - Numero 214    
Giovedì 21 Novembre 2024 ore 13:20
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No al campo largo.

Marattin lascia Italia Viva e sbatte la porta a Renzi.

No al campo largo.

Dovevano lavorare per l’approdo definitivo nel “campo largo” di Elly Schlein e Giuseppe Conte, e invece Matteo Renzi e i suoi fedelissimi si trovano a fare i conti con un altro fedelissimo, ex a questo punto, che sbatte la porta e se ne va.

Il mal di pancia di Luigi Marattin, deputato, già presidente della commissione Finanze e fino a ieri capogruppo di Italia Viva in commissione Bilancio, andavano avanti da un po’ di tempo, e cioè da quando Renzi aveva annunciato la volontà di avvicinarsi al “campo largo” abbandonando il progetto centrista. A dire la verità, già al momento della rottura del fu Terzo polo Marattin aveva espresso più di un dubbio sul fatto che tutte le colpe fosse da attribuire al leader di Azione, Carlo Calenda, ma il passo in avanti del leader di Iv verso Pd, M5S e Avs è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso.

«Con forte dispiacere personale ma con forte convincimento e determinazione politica annuncio il nostro addio alla comunità politica di Italia viva – ha detto Marattin in conferenza stampa ieri alla Camera assieme a quattro dirigenti territoriali di Iv – Non condividiamo la scelta fatta dalla dirigenza di Iv di aderire al campo largo, nel metodo e nel merito». La scelta da parte di Iv di aderire al campo largo «doveva essere presa in un congresso» e le «posizioni politiche del campo largo sono antitetiche a quella che hanno costruito la cifra del “renzismo” in questi anni».

Al fianco di Marattin anche il friulano Emanuele Cristelli, la veronese Valeria Pernice, la riminese Giorgia Bellucci e il lodigiano Alessandro Pezzini, in rappresentanza, come spiegato dallo stesso ex deputato di Iv, di un centinaio di colleghi locali che si uniscono nell’addio al partito di Matteo Renzi.

«Noi riteniamo che questo non sia l’esito che la comunità politica di Italia viva meriti, quello di dovere chiedere ai Cinque Stelle, a Fratoianni, a Bonelli, al Pd di farli entrare per favore nel campo largo e sentirsi dire “forse è meglio di no” – ha aggiunto Marattin – È una scelta che non condividiamo perché noi siamo ancora convinti che nel campo largo non ci sia niente di interessante per formare una proposta politica coerente per il governo del Paese».

Tanti i temi che dividono renziani e resto della coalizione, secondo Marattin, «dalla giustizia, al fisco, all’ambiente, all’energia, alla politica estera, alla scuola». Puntualizzando poi che non è sua intenzione entrare in Azione, come prima di lui hanno fatto Ettore Rosato ed Elena Bonetti, ex renziani di ferro passati alla corte di Calenda dopo un lungo travaglio. «Azione nel cantiere che faremo è invitata a queste condizioni: non c’è nessuno che comanda – ha puntualizzato Marattin – C’è un cantiere da costruire e poi delle primarie da fare per decidere il leader: occorre partire non dal leader ma dai territori e dall’idea che si vuole dell’Italia. Io non ho mai pensato di entrare in Azione».

Il cantiere di cui parla l’ex deputato di Iv è l’associazione “Orizzonti liberali”. «Se Azione vorrà partecipare a questo cantiere ne sarò contento perché già quando eravamo nel gruppo unico in Parlamento non c’è stata una volta in cui tra Iv e Azione ci fosse una divergenza di visione e di contenuti – ha aggiunto – Però noi stavolta le cose le facciamo diversamente e speriamo che questo tipo di percorso possa essere fruttuoso».

L’addio di Marattin, come quelli di Rosato e Bonetti prima, era ormai dato per scontato dentro Iv, dalla quale fanno notare che si tratta di «un parlamentare su 16, 11 membri dell’assemblea nazionale su 350 e un centinaio di iscritti su 24mila».

E la risposta del partito è affidata alla coordinatrice nazionale Lella Paita. «Un documento firmato da Luigi Marattin e alcuni dirigenti territoriali chiedeva di ratificare la linea politica di Italia Viva dentro un congresso e non solo dentro l’Assemblea Nazionale dove i numeri sono schiaccianti a favore della linea del Presidente Nazionale – scrive Paita – “Vogliamo un congresso perché vogliamo democrazia interna”, questa era la richiesta: appena Renzi ha accettato la richiesta di fare un altro congresso, il secondo in meno di un anno, alcuni degli amici guidati da Marattin hanno preferito lasciare Italia Viva».

Una scelta che la senatrice di Iv definisce «legittima e rispettabile» ma che «poteva essere fatta senza aggrapparsi all’alibi del metodo». Questo perché Marattin e gli altri «sapevano benissimo come sarebbe finita in Assemblea il prossimo 28 settembre e come sarebbe finito il Congresso e purtroppo hanno preferito evitare la democrazia interna».

Con una stoccata a chi se n’era già andato. «Non è la prima volta che alcuni amici rinunciano a contarsi con i voti, era accaduto anche nella formazione delle liste per le Europee dove purtroppo qualcuno ha rinunciato a dare una mano alla squadra – aggiunge Paita – Peccato, sarà per la prossima. In bocca al lupo a chi se ne va e pieno rispetto per le scelte di tutti: anche le dimissioni di oggi confermano che la scelta di costruire un nuovo centrosinistra è faticosa per tanti di noi, ma assolutamente necessaria perchè battere questa destra è possibile».

Il Dubbio

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